Magazine Cinema
Un film che ha cambiato - e continua a cambiare - la mia vita.
Ed ecco a voi il suo volto: Jeffrey Lebowski.
O, più precisamente, il Drugo.
O Drughetto, Drugantibus, Drughino, se siete di quelli che mettono il diminutivo a tutti i costi.
Godetevelo, perchè fa bene sapere che lui è in giro, per noi peccatori.
Ed eccomi qui.
Di nuovo.
Due anni fa, quando il blog, appena nato, contava si e no quattro o cinque followers, festeggiai come di consueto l'estate con una recensione vera e propria di questo film impossibile da definire in altro modo se non clamoroso.
Dodici mesi or sono, invece, tocco alla trama, seguita da un post che era più una serie di citazioni.
Oggi è arrivato il voto che assegnerei se dovessi fare una recensione seria di quello che è e resta il vertice creativo dei Fratelli Coen, una vera lezione di filosofia urbana impreziosita da una galleria di personaggi come raramente se ne sono visti nel Cinema - americano e non solo -.
Ma in realtà questo pezzo potrebbe anche non esistere: basterebbero le immagini, un paio di citazioni, e sì, anche il fast food In&Out. La fine di tutti i nostri guai. Parola di Walter.
Se ripenso alla mia vita da spettatore, non ricordo di un film che, come questo, riesca a conquistarmi ad ogni visione, e che potrei vedere e rivedere almeno un paio di volte a settimana senza mai stancarmi, come una medicina contro qualsiasi bruttura della vita, una sorta di innocua, meravigliosa, malinconica sbronza che non lascerà mai strascichi, perchè - parola dello Straniero - si tratta di una storia pulita.
Ed è proprio l'enigmatico cowboy appoggiato al bancone del bar del bowling - l'unico al mondo, credo, in cui si serve un white russian - a sussurrare una delle mie citazioni preferite di tutti i tempi, quel "a volte sei tu che mangi l'orso, e a volte è l'orso che mangia te" che pare cucito addosso non solo al Drugo, ma alla stessa grande commedia che interpretiamo ogni giorno, fino a quando qualcuno o qualcosa ci ricorderà che siamo qui solo di passaggio.
Un film che è un simbolo, l'emblema di una partita persa in partenza, la resistenza degli outsiders, il pigro manifesto del campione mondiale dei pigri, dell'investigatore più improbabile mai comparso sullo schermo, di un compagno irresistibile e scombinato, di tutti quelli che viaggiano, fosse anche solo nella vasca da bagno, con uno spinello in bocca ed i suoni delle balene a cullare un qualche trip che si spera non vada male.
Ed il confronto tra il Lebowski miliardario ed il Lebowski pezzente ha tutte le caratteristiche di un'allucinata, naif, meravigliosa lotta di classe che noi alfieri del pane e salame sapremo sempre da che parte combattere.
Giusto se non vi fosse bastato, c'è anche un momento magico di cultura e di "pluralis maiestatis", sempre parlando della suddetta lotta.
E più ci penso, e più sequenze memorabili tornano alla memoria, da Jackie Treehorn allo sceriffo di Malibu, dagli Eagles al supercult Jesus, da Larry Sellers alla denuncia e ritrovamento della macchina.
Dal primo all'ultimo minuto, non esiste nulla che cambierei di questa coperta di Linus cinematografica cui non potrei rinunciare neanche se lo volessi con tutte le mie forze.
Non riesco neppure, ripensandoci, ad essere lucido abbastanza da apparire coerente, composto, guidato da un filo conduttore logico.
Fanculo a tutto. Qui si parla del Drugo.
E di white russians. Tanti.
E di vita. Che è un pò come quel vecchio detto sulla grande ruota che gira.
O era una palla da bowling?
Buona estate, ragazzi.
E non dimenticate mai che il Drugo è lì fuori, da qualche parte, in giro. Probabilmente ubriaco.
O troppo pigro per prepararsene un altro.
E per fortuna che c'è.
MrFord
"Doo, doo, doo, Looking out my back door.
There's a giant doing cartwheels,
a statue wearing high heels.
Look at all the happy creatures dancing on the lawn.
A dinosaur Victrola listening to Buck Owens.
Doo, doo, doo, Looking out my back door."
Creedence Clearwater Revival - "Looking out my back door" -
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