Il fatto è che è uscito dalla penna di uno degli scrittori che più mi sono cari, Mordecai Richler, l'autore de La versione di Barney, cioè uno di quei libri che se qualcuno mi facesse la domanda "che cosa ti porteresti dietro in un'isola deserta?", ecco, sarebbe proprio uno di quei libri.
Ma La versione di Barney non è solo un libro per adulti, è un libro che va letto con alle spalle il tempo della vita, un libro che ha bisogno delle lenti dell'esperienza. Come una cena da consumare dopo che all'aperitivo ci siamo serviti di tutti gli assaggi delle delusioni, delle infatuazioni, delle separazioni.
E invece ecco Jacob Due Due. Leggo in un bel libro di Christian Rocca, Sulle strade di Barney (più che una biografia un atto di amore nei confronti del grande Mordecai) che Jacob è in realtà il più piccolo dei figli della famiglia Richler, Jacob, appunto, detto Jake.
Era lui che doveva ripetersi sempre, perché la prima volta che apriva bocca nessuno gli dava ascolto. Da grande Jacob lo spiegò in un'intervista, che fu trasmessa nel teatro di Montréal dove si ricordava il padre defunto. Solo che saltò tutto. Gli organizzatori dovettero penare per sistemare le cose e fecero ripartire l'intervista dall'inizio. Jaccob Due Due, appunto.
La cosa sarebbe senz'altro piaciuto a Mordecai. E a me piace che questo scrittore che tutti ricordano come uno dei più politicamente scorretti dei nostri tempi, poi potesse scrivere pagine così tenere per tutti i bambini.