Milano. La città, una mattina qualunque, viene invasa da una marea di topi che fuoriesce dagli ingressi alle gallerie della metropolitana. La comunità è spaventata. Le autorità non riescono a reprimere l'invasione. L'intervento dell'esercito pare inutile. C'è il terrore ovunque, e soprattutto si temono pandemie e ritorno di antiche malattie, perché i topi paiono privi di paura, attaccano non solo gatti e uccelli, ma anche gli esseri umani. In questo clima di terrore compare un uomo. Egli si rivolge alla giunta comunale e promette la risoluzione del problema, in cambio vuole dieci belle ragazze. La giunta è titubante. Lo credono pazzo. A ogni modo l'invasione è inarrestabile, per cui tanto vale provare. Accettano il patto. E questo uomo misterioso, la sera successiva, attraversa la città e la libera dai topi. Poi... quando torna dai politici per farsi dare quanto pattuito, questi lo deridono e lo cacciano in malomodo, senza poter neppure immaginare quanto terribile potrà essere la sua vendetta. Vendetta che si compie dopo diversi anni, quando dagli accessi alla metropolitana, non escono più dei semplici topi, bensì dei cadaveri ritornati alla vita, e assetati di sangue.
Questa è la trama. Che prosegue con un gruppetto di superstiti che, infilatosi nei tunnel della metropolitana, si troverà a fronteggiare questo uomo enigmatico. Trama per certi versi piuttosto lineare e tradizionale. Ciò che arricchisce il suo contenuto è la citazione di fiabe storiche, come quella del Pifferaio Magico, o testi del maestro della paura, E.A. Poe. E su quest'ultimo vorrei sottolineare l'abilità di Delacroix a richiamare le ambientazioni di un suo racconto particolare, descrivendo la Venezia dei carnevali, e che ho subito individuato, prima ancora che esso venisse citato esplicitamente nel testo. Ci sono ovviamente altre citazioni... che non vi svelo perché scoprirle è parte del piacere di questo romanzo. Piuttosto c'è da interrogarsi su uno dei personaggi, Elettra, che agisce come spinta da una forza superiore, e che il suo comportamento rimane enigmatico, per il lettore, sino alla fine del libro, che ovviamente dà risposte, ma non tutte quante... e allora bisogna mettersi a riflettere... oppure tornare da capo, e rileggerlo con una nuova chiave d'attenzione. La scrittura di Delacroix è attenta. Ha un ritmo controllato, preciso, quasi fosse il battito cardiaco del romanzo a dare il tempo alle vicende. Ha un'ottimo controllo del verbo, aggettivazione interessante, capacità di calamitare il lettore. E' aggressivo quando deve, riflessivo nei momenti più inaspettati, abile nelle descrizioni, senza però mai lasciarsi andare troppo, così da mantenere viva l'immaginazione di chi legge.
Il libro, fisicamente, è sempre di grande qualità. Pregio della Edizioni XII, con una copertina che incute timore, riverenza, obbedienza.
Da leggere? Se vi piace il genere, non dovete farvelo mancare. Se abitate a Milano, o a Venezia, o in una delle città che Il Grande Notturno tocca, potreste cominciare a vedere ciò che vi circonda con una nuova luce, o meglio, con una nuova assenza di luce.