(The big sleep di Howard Hawks, 1946)
L'incontro tra uno scrittore che ha fatto scuola, un solido regista autore di alcuni film da molti ricordati ancora oggi e una coppia d'attori (amanti nella vita) con un'intesa così superba da risultare tra le migliori anche in epoca moderna, questo è Il grande sonno. Certo, è anche un noir, una storia criminosa che a starle dietro c'è da farsi venire il mal di testa, tanto arzigogolata che pare alcuni dettagli fossero oscuri anche al maestro Raymond Chandler, autore del libro da cui il film è tratto (e il libro non era meno complicato, anzi).
E in fondo non è la trama a interessare o colpire in questo caso ma, proprio come accade in altri gialli (pensiamo a La donna della domenica di Fruttero e Lucentini ad esempio), sono il contesto in cui si muovono i personaggi, l'ambiente e gli atteggiamenti dei protagonisti stessi a donar vita al fulcro della vicenda.
Sono proprio l'occhio privato Philip Marlowe e la primogenita del generale Sternwood (Charles Waldron) a dare pepe al film grazie a due interpretazioni magistrali di Humphrey Bogart e Lauren Bacall. L'atteggiamento di lui è quello dell'uomo spiccio e sicuro di sè tanto caro alla scuola dei duri di cui Chandler è stato uno dei massimi esponenti, uomo tutto d'un pezzo dalla battuta sempre pronta e dal fare che rasenta e spesso oltrepassa la noncuranza se non del tutto la strafottenza, trova pane per i suoi denti nella sua controparte femminile, Vivian Sternwood (Lauren Bacall), donna affatto propensa a lasciarsi mettere i piedi in testa e a non avere l'ultima parola. Non da meno la sorella minore Carmen (Martha Vickers), forse più ingenua ma anche più apertamente languida e conturbante, priva di ogni inibizione oltre ogni ragionevolezza, cosa che la porterà ad avere guai e a trovarsi sotto ricatto, motivo per il quale il generale Sternwood assolda il detective Marlowe.
L'investigatore, causa la sua simpatia per il vecchio e l'attrazione che prova per la maggiore delle sorelle (e dagli torto), verrà invischiato nell'intricata vicenda ben oltre quelli che erano i compiti assegnatigli dal nuovo datore di lavoro. Ma il più si gioca sullo scambio di battute, sugli sguardi complici e sensuali, sulle dispute tra due attori in grandissima forma in un film che pur non mostrando niente, allude ed emette una carica di sensualità sfrenata come si riusciva a fare solo quando non si poteva mostrare. Il tutto immerso in uno scenario viziato e criminoso dove gli atti delittuosi si sprecano e i vizi sconfiggono le virtù.
E di tutti questi delitti chi è il colpevole, dopo aver due volte letto il libro e aver visto il film, proprio non ve lo saprei dire (proprio come Chandler forse), ma in fondo non è importante, va bene così. La messa in scena è secca ed essenziale, un po' come il protagonista, Hawks non si concede orpelli superflui e va dritto al punto, caratteristica comportamentale che accomuna regista e attori in un amalgama sempre diretto e coerente.