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Il grido dei poeti

Creato il 04 agosto 2011 da Cultura Salentina

da “Poesie disperse del sud est”

Il grido dei poeti

© Pasquale Urso: Gallipoli (Incisione)

I

qui il vento del deserto
non ha canti
e la musica è lamento
ogni porta si chiude
sul tramonto

è l’ora dello sguardo
fissato contro il muro
poi si rientra nella stalla
la speranza è la notte

II

all’alba i mari striati
di verde
gonfi di storia dimenticata
e i castelli diruti
e le torri di vedetta
le campagne bruciate
gli ulivi laminati
d’argento
inerpicati sulle rocce
delle serre
come guerrieri polverosi
e i caseddhri
di pietra grigia chiara
ornati dal basilico
i canti griki
dei carrettieri
e quelli neri
delle raccoglitrici
delle ulive
i canti rossi
delle vendemmiatrici
e i canti gialli
delle raccoglitrici di tabacco
in una teoria di terrazze
e corti
con i mignani
e i vasi di geranio
e la salsa rosso-cupa
delle feste comandate
il gorgoglio dei mosti
e l’odore acre delle vinacce

III
oh, la salacità
dei barbieri
cerusichi – cartapestai
le annose polemiche
ai tavoli di caffè
l’ultima poesia di Sinisgalli
l’ultima stroncatura di Bodini
l’ultimo saluto alla stazione
sul treno che partiva (vuoto)
soltanto per te
ecco i fanciulli
che nascono dicendo “ahi!”
e il sangue
delle lune borboniche
che sgorga melenso
e s’interra negli scantinati
la vecchia dal mento
di creta
che scende i gradini
della cattedrale
e le lame gialle e viola
che feriscono
il cielo a occidente

IV
ecco tutte le nostre macerie
che ci portiamo dentro
nei night di roma
tra memorie di filetti
di cavallo
e vino rosè
di nostra signora dei turchi

noi abbiamo abitato l’anarchia
e tuttora bruciamo
dentro empi e miscredenti
come giordano bruno
e giulio cesare vanini
e con comi bodini pagano
verri toma e carmelo bene
continuamo a bruciare
ora che abbiamo passato l’età
degli enfants prodige
e rimaniamo solo prodige
con la barba brizzolata
e la panza che avanza l’ombra

V
chi di noi ha tradito?

tutti abbiamo tradito ,
certamente

perchè volevamo
una città immutabile
una città morta
e senza più dei
quella stessa
che avevamo lasciato
tanti anni fa
con le quattro colonne intatte
e i venditori di droghe
(quelli che venivano da smirne
lungo la via della seta,
non quelli dei campi di papaveri)
con gli artigiani nelle strade
e le forge in bottega
col circolo culturale
ridicolo e muffito
e l’università
tutta da ridere
una università di carta

VI

ma dobbiamo difenderci pure
in qualche modo
e allora diciamo
che è la città ci ha traditi
la città è femmina mutevole
e così poniamo fine
alle nostre polemiche
senza capo nè coda

VII
noi siamo il risultato raro
di prodigi contaminati
che ci hanno resi
cittadini del mondo
perchè non abbiamo più
baricentro

siamo un moto perpetuo
e passiamo
dal fico al melanzano
dal roseto al baobab
dall’albero delle mosche
all’albero del pane
dal bambù al cactus
con naturalezza assoluta
quasi con pervicace
predisposizione

e la carezza del duce
dove la metti?

VIII
sì, lo sappiamo, il sud è
la terra del rimorso
per noi artisti scrittori
giornalisti scienziati
per noi scriba parassiti
e altro ancora
il sud è la terra dei minori
sempre in attesa di essere
riconosciuti più grandi
post mortem
ma bisognerà
pur riscriverla la storia
prima o poi

bisognerà far capire
che la nostra
è una fatica immane
a rimanere quaggiù e
a gridare nel deserto
in attesa che ti taglino la testa
per le grazie di una salomè
scusate, ma uno
si deve pur incazzare
se pietro micca è sui libri di testo
perchè saltò in aria
facendo il suo dovere di soldato
e ottocento martiri otrantini
che si fecero decapitare
per una fede
resistendo ai turchi e all’islam
stanno a malapena
sui libri di memorie locali
o no?

IX

è che siamo
uno a ottocento tra sud e nord
questa è la giusta proporzione
sia nella storia che nell’economia
sia nella scienza
che nella civica educazione
e anche nel successo
e nel mercato
e nell’espansione del pensiero
e nel valore tout court
della latitudine e pelle
abbiamo perduto tutto
e in tutti i campi

X

ci rimane forse la poesia
che è la lingua dell’allegoria
che copre i misteri
della natura
e le più sublimi
concezioni della morale
con un pudico velo

ci rimane dunque
la lingua dei fanciulli
e degli dèi
il segreto magico
la sua forza e l’incanto

ci rimane la
poiein
poiesis
phohe
(la bocca,
la voce , il linguaggio)
e ish,
(il soffio
del dio sconosciuto)

XI
ci rimane il grido dei poeti
sulla pagina ancora non scritta
sulla pietra e sul metallo
sulla tela ,
tra le formule fisiche e chimiche
fra la gente
nel mondo che s’incontra
in ogni città libera da bandiere
ci rimane quel grido dei poeti
che forse può ancora salvarci.


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