Da qualche settimana assistiamo alle esecrazioni per una eventuale salita in campo di Ingroia, perché un magistrato non dovrebbe… eccetera eccetera. Ma invece si ritiene che Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia decisamente debba al punto che Bersani, un vero talent scout al contrario, se lo è accaparrato per cercare di fermare emorragie di voti e soprattutto perché come eventuale ministro della giustizia sarebbe in grado di far calare un silenzio tombale sulla trattativa stato-mafia, almeno per ciò che concerne le telefonate tra Mancino e Napolitano. Non a caso la candidatura ha subito riempito di entusiasmo un personaggio alieno da qualsiasi contatto con la criminalità organizzata: Marcello dell’ Utri. “È sempre stato un magistrato equilibrato. Se volesse sarebbe anche un ottimo politico. Invece Ingroia è un fanatico” dichiareggia lo spacciatore di falsi diari di Mussolini, nonché plenipotenziario per gli affari mafiosi di Berlusconi.
Certo è strano un endorsement del genere da parte di un opaco personaggio della parte avversaria, fossi un “democratico” tra virgolette sentirei puzza di bruciato, ma così non è perché le virgolette servono a molte cose, compresa l’anestesia politica. Si è strano, ma non del tutto inesplicabile. Ricordate la famosa lettera sequestrata in casa Ciancimino nel febbraio del 2005, ma saltata fuori solo 4 anni e mezzo dopo nonostante le serrate indagini e intere settimane di interrogatori massacranti di Massimo Cancimino? Dico la lettera che Riina aveva dato a Provenzano perché la desse a Ciancimino padre, perché la desse a Dell’Utri, perché la desse a Berlusconi con la richiesta di una televisione. Mica pizza e fichi. Ora per uno scherzo del destino la missiva fu trovata quando a dirigere le indagini c’era nella veste di procuratore capo di Palermo, proprio Piero Grasso.
Il fatto che il documento si sia immediatamente inabissato è forse dovuto alla circostanza che dopo pochi mesi, l’illustre magistrato fu chiamato dal governo Berlusconi al vertice dell’antimafia, soffiando così il posto a Caselli grazie a un emendamento dell’aennino Luigi Bobbio che fissava a 66 anni l’età massima per salire alla carica e almeno 4 anni prima dell’età pensionabile. Una tipica norma contra personam. Certo si sa che durante i traslochi molte cose si disperdono e così quella lettera che era il clou dell’indagine rimase chissà in quale ascosa carpetta.
Ma non dobbiamo fare pensieri temerari: lo stesso Grasso, appena lo scorso maggio, ha fatto sapere che avrebbe dato una medaglia a Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia. Una dichiarazione per qualche verso sconcertante e non per la chiara rivelazione politica del magistrato, quanto per il fatto che Grasso ha sempre sottolineato il ruolo vitale che ha, per la criminalità organizzata, un vasto ambiente di professionisti, politici, imprenditori e intere fasce sociali, insomma l’acqua dove il pesce mafioso riesce a sguazzare. Ora difficilmente si potrebbe immaginare qualcosa di più favorevole a tutto questo del progetto berlusconiano, delle prassi che ha inaugurato, della noncuranza etica che ha indotto. E dunque o ci troviamo di fronte a un procuratore nazionale antimafia che già da mesi andava cercando uno sbocco politico purchessia, offrendosi per l’asta su ebay, oppure ci troviamo di fronte a qualcuno che non sa fare 2 più 2.
Ma purchessia evidentemente a Bersani va benissimo, “purché” l’elettorato creda che si brandisce la bandiera dell’antimafia sulla scheda elettorale. Però come accade sempre più spesso sventolano solo banderuole dall’incerto colore. Nel migliore dei casi.