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Il guest del giovedì: La Gravidanza.

Da Wising
Come anticipato, questo giovedì K. ci guida attraverso il primo grande mistero della mammità:
La Gravidanza, senso di paura e forza, metto al mondo una vita. Se ci sono aspetti che desiderate approfondire, lo spazio commenti è a disposizione :) Buona lettura!
Quando aspettavo il mio primo figlio ricordo che ero innamorata della mia panciona che cresceva, dei calcetti che sentivo e della quantità enorme di ormoni che mi faceva vedere il mondo tutto colorato di rosa. Oggi aspetto il secondo, devo dire che la poesia, soprattutto in relazione al mondo, è minore, ma lo stupore e l’innamoramento per il pancione che cresce è lo stesso! La paura del diventare genitore è la stessa: riuscirò a farcela? Mi innamorerò come del mio principino? Gli piacerò? Sarò in grado di dividermi senza togliere niente a nessuno? Mah, non lo so, non credo neppure ci siano risposte o ricettari. Credo invece che sia bellissimo il grande onore che abbiamo di sentire per 40 settimane una vita che cresce in noi, per essere, come dico sempre dei “tupperware” che portano a passeggio dei pulcini che avranno bisogno di noi per tanto, tanto tempo. Le paure sono tante: sarò una brava mamma? Come farò tutto il resto? Riuscirò a tornare alla mia vita? E se si ammala lo capirò? E se piange che faccio?E il mio compagno: avrò ancora una relazione normale? Potremmo andare avanti per anni scoprendo alla fine che per ogni domanda ciascuna di noi trova in sé stessa una forza titanica che la aiuta (anche quando abbiamo 2 o 3 mesi di sonno arretrato) ad affrontare ogni sfida. Per prima cosa dobbiamo imparare ad accettare che la maternità, pur nella sua meraviglia, è il più grande e difficile cambiamento che una donna deve affrontare: il nostro corpo cambia, una vita cresce dentro di noi e non abbiamo alcun controllo né fisico, né emotivo. Primo momento di panico: non decidiamo più nulla! Banalmente dobbiamo adattarci ai nuovi ritmi che la gravidanza impone. Vomitiamo senza volerlo nei momenti più impensati, soffriamo d’insonnia, gambe e caviglie come palloncini, partoriamo se e quando il pupetto si decide, insomma altro che tupperware (ormai è pubblicità dichiarata!)C’è stupore, meraviglia, gioia, curiosità ma anche rabbia, sì rabbia perché non sono IO a decidere. Impariamo a camminare nel “campo minato” delle emozioni, in tutta la loro scala di intensità. Andiamo per step. CAMBIAMENTO. Quelli che si affrontano sono molti e su piani differenti, fisico, emotivo, sociale. Per la prima volta, in maniera irreversibile il nostro ruolo di figlia muta, ora siamo mamme. Attenzione, non sottovalutiamo quest’aspetto, influenzerà la percezione che famiglia ed ambiente avranno rispetto a noi!  IMMAGINAZIONE.  È un elemento chiave, è quello che ci permette di vederci con un bimbo che gioca con noi ed il nostro compagno, quella che ci spinge a vedere i pupetti ormai grandi e felici, che ci fa parlare con il nostro pancione dicendo assurdità (io le dico!) del tipo: “se ti fidanzi con quella io ti sbatto fuori di casa, capito?!!”. È un passaggio evolutivo fondamentale e bello che ci consente di costruire la nostra nuova identità in tutta la sua completezza. Purtroppo a quest’aspetto si lega quello dolorosissimo del SOGNO INFRANTO e dei FANTASMI.  Di questa terribile sfera fanno parte i vissuti legati alla perdita di un piccolo o alla scoperta della malattia. All’immaginazione del futuro si sovrappone il dolore e l’impotenza del presente. Sentimenti di rabbia e frustrazione s’impossessano di noi, sensi di colpa del tutto ingiustificati entrano a far parte indelebilmente delle nostre vite. Come vincerli? Ahimè non c’è soluzione, si deve, anche in questo caso imparare a conviverci, elaborando il lutto nel primo caso, condividendo il dolore, la rabbia e la preoccupazione nel secondo.  Queste credo siano le due paure più grandi che ci fanno capire che stiamo diventando mamme. L’importante è non chiudersi nel proprio dolore, condividetelo, gridatelo al mondo e soprattutto non provate vergogna. È difficile, ma è la natura che guida, non abbiamo potere in questo ancor più che in altri casi, accettiamolo e cerchiamo aiuto e supporto in chi ci circonda, altre mamme e persone che abbiano vissuto la nostra stessa esperienza, nel caso di malattia di esperti e centri dedicati. ACCETTAZIONE.  Attenzione non ho detto rassegnazione!! Intendo parlare di una condizione mentale per cui impariamo a comprendere situazioni e sentimenti del tutto nuovi senza necessariamente combatterli perché lontani dalla vita “pre – materna”. Molte donne ribadiscono con forza e determinazione che lavoreranno fino all’ultimo giorno, che non rallenteranno, loro non sono ammalate. Non è sano! La gravidanza non è una malattia, anzi se si sta bene si hanno energie incredibili! Però dobbiamo imparare a prenderci del tempo per vivere il cambiamento di cui siamo portatrici. Fermarsi è una dimostrazione della nostra forza, correndo lasciamo solo che la paura prenda il sopravvento, non rallentare significa fuggire da quanto ci sta accadendo. Godiamoci questi ultimi momenti da sole per guardarci dentroed immaginarci nel nuovo ruolo. Non pianifichiamo ma osserviamo, ascoltiamo, respiriamo quello che avviene, è un’opportunità unica. Così come accettiamo il senso di fame o il bisogno di riposare di più, accettiamo anche gioia, felicità, rabbia, paura che ci colpiscono ad ondate ogni secondo. La società ci porta a pensare di poter condividere solo la gioia della maternità, vi assicuro che qualunque mamma, neo o futura, è pronta anche a condividere il “lato oscuro”: sfruttate le occasioni di incontro virtuali o reali che avete. Consideriamo che pur nel cambiamento noi siamo e rimaniamo delle persone, con tanti sentimenti ed emozioni positivi ed altrettanti negativi e che solo vivendo appieno quello che proviamo senza falsi buonismi riusciremo ad affrontare il ruolo ed i compiti che ci aspettano con la giusta tranquillità ed energia. COMPRENSIONE, per chi ci sta vicino. Il nostro compagno è escluso da tutto questo: sorride perché è felice ma non prova nulla di quello che proviamo noi, cerchiamo un dialogo. Capiamo che è terrorizzato perché teme di essere sostituito da un nuovo amore, prova un po’ d’invidia perché lui può assistere ma non è attore protagonista, perché ci ama e teme per noi e si sente impotente ogni volta che stiamo male, quando abbiamo le contrazioni e partoriamo. Se vi dice che non vuole assistere, con rammarico ma rivolgetevi ad altri, chiedetelo ad un’amica, alla mamma. So bene che è bello aver vicino il compagno di una vita in certi momenti ma dobbiamo accettare che il suo amore sia così grande da non riuscire a tollerare lo strazio di noi che urliamo dal dolore.  Non colpevolizziamoli, è solo amore.

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