PS. Le manine della foto qui sopra sono quelle di Cigolino e del suo papà. Per la cronaca :)
LA NASCITA: E ORA COSA SI FA?
L’evento della nascita è spettacolare e traumatico al tempo stesso, da ogni punto di vista lo si voglia affrontare. C’è il lato fisico fatto di contrazioni e spinte, c’è il lato emotivo fatto dalla transizione tra l’immagine che ci siamo create nel corso dei 9 mesi di gravidanza e la realtà dei fatti. È un passaggio importantissimo: finalmente realizziamo che una nuova persona entra a far parte del nostro nucleo famigliare, vediamo il volto che tante volte abbiamo immaginato aggiustando di volta in volta i dettagli che lo componevano, tocchiamo le manine ed i piedini che spesso abbiamo sentito all’interno della nostra pancia….ho detto interno? Eh sì, care mamme, altro elemento fondamentale in questa transizione è che il bambino/a non è più “solo nostro”, ora appartiene al mondo, è altro da noi. A questa fase di separazione segue immediatamente un nuovo atto di simbiosi: è un processo diverso fatto di sguardi, tocco tra le nostre mani e quelle del piccolo, calore del suo corpicino su di noi. Così come noi dobbiamo adattarci alla separazione, altrettanto i piccolini dovranno pian piano capire che ora sono all’esterno con fattori di disturbo quali la luce, i rumori non più ovattati dalla nostra pancia, il clima. Noi saremo il loro rifugio caldo, il cuscino morbido su cui rigenerarsi ed grazie al quale nutrirsi. Importante in questa fase è non seguire i manuali (buttate subito via i miei consigli!!!) ma il proprio istinto, fidatevi di voi stesse, “il bimbo sta bene se la mamma sta bene”, non è solo un detto popolare è la realtà. Agite secondo il vostro stato d’animo, se volete star sole fatelo, se volete tenere abbracciato a voi il fagottino per 24 ore al giorno fatelo, agite secondo il vostro stato emotivo, troverete da sole la vostra strada. In questo spazio s’inserisce l’immagine che la società ci attribuisce: guardate i blog sulla maternità, compreso questo: la manina del bimbo su quella della mamma, pupetti angelici che dormono su mamme bellissime ed in forma (possibilmente truccate) e sorridenti. È vero, c’è quest’aspetto di gioia e senso di benessere che il profumo ed il calore di un neonato ci donano. Le neomamme sono però anche quelle che non dormono per intere notti, che ogni 10 minuti hanno la maglia sporca di tracce di rigurgito, che imparano a farsi la doccia in 4 secondi netti, che piangono perché sono sfinite e non riconoscono il loro corpo che con tempi più o meno lunghi sta tornando alle forme originali. Insomma è bellissimo avere un bimbo, ma che fatica! La società ci chiude in questo ruolo di mamme. Utilizzo il termine “chiude” proprio perché è così che ci sentiamo: da un lato la chiusura è nostra, ricerchiamo la giusta e necessaria intimità con il nuovo/a arrivato, dall’altro lato il mondo sembra sfuggirci. Dopo un primo momento in cui tutti sono passati a trovarci, sembra che perdano interesse nei nostri confronti. Il nostro compagno, per quanto presente e “mammo” torna al lavoro (mio marito diceva “mi godo 8 ore di ferie…”), le amiche si divertono senza di noi in cene e aperitivi. Sembra che la nostra vita si componga solo di pannolini, odore di latte rancido, colichette, nonne invadenti (povere nonne, per fortuna esistono!...ma a volte….), e chi vorrebbe stare con una così?? E qui, complice anche il calo di ormoni, arriva la frustrazione, il desiderio di tornare indietro, di svegliarci da un sogno. Essere mamma è faticoso, la mia ostetrica (50enne con tre figli) mi ha detto, “cara mia superati i 40 giorni del puerperio hai vinto!”. È un periodo durissimo in cui vorremmo sentirci felici, così come ci eravamo immaginate nel corso della gravidanza, ma non sempre riusciamo ad esserlo. Siamo stanche, sfinite dal parto, spesso con suture da cesareo, ragadi da allattamento, piccoletti che urlano incessantemente per le coliche…a tutto questo non siamo preparate. Abbiamo talmente tanta paura di far male al nostro piccolo che la pressione e la responsabilità portano lo stress a picchi d’intensità altissima. Siamo come Atlante, tutto il globo è sulle nostre spalle, anche se lasciamo i piccoli al papà migliore del mondo per fare la doccia non siamo serene. Non ci fidiamo neppure delle stesse mamme che ci hanno messe al mondo e fatto arrivare fino a qui…solo noi sappiamo cosa fare, solo nostro è il compito! E quindi? Quindi, così come dicevamo nello scorso incontro, non temiamo di raccontare ciò che proviamo a chi ci sta vicino, non c’è niente di male a dire “scusatemi, sono stanchissima, vorrei una pausa”, vedrete che l’aiuto arriverà e qualora non troviate supporto spontaneo pretendetelo, fate valere il vostro diritto di essere persone. Ricordo che ho imparato a divertirmi un po’ di più nel ruolo quando il mio piccolo aveva circa 20 giorni: sabato mattina, l’ho mollato al papà ed ho detto, io vado dal parrucchiere, ne ho bisogno. Un passo importante che dobbiamo imparare a fare senza sensi di colpa proprio perché la frustrazione non sedimenti e diventi rabbia distruttiva e desideri inconfessabili. Ci saranno momenti in cui vorrete scappare, LaWising mi ha detto che una volta è uscita sul pianerottolo ed ha pensato di andar via, tempo di chiudere la porta ed è rientrata. Non è follia, è solo desiderio di sentirci di nuovo libere nelle nostre scelte, piccoli gesti che ci dicono, “sei ancora tu”. Esternare questi bisogni ci serve a trovare l’energia per affrontare tutto il resto.