Bohémien e aristocratica, decadente e smagliante, raffinata e degradata, il suo fascino non l’ha mai perso! E dire che di drammi e offese ne ha subite nei suoi tre secoli di vita! Sorta in una posizione strategica per i commerci, alla foce del Mississipi, in una terra dedicata a un Re, con il nome altisonante di Nouvelle Orleans in onore della famiglia più nobile di Francia, sembrava che avesse davanti a sé un luminoso e rispettabile avvenire. Passarono invece poco più di 40 anni e cominciarono a passarsela di mano, peggio di uno di quegli schiavi neri che i francesi avevano presto portato in città dal Senegal. Gli Spagnoli arrivarono nel 1763, dopo la guerra dei sette anni, in quel convulso gioco degli scacchi che ridisegnò la proprietà Europea delle colonie americane. E fu la terza etnia che andò a comporre lo straordinario mosaico demografico di New Orleans. Gli altri arrivarono verso la fine del secolo e furono Anglo – Americani, fuggiti dalla Rivoluzione Americana, Francesi, fuggiti dalla … Rivoluzione Francese e Haitiani, bianchi e neri, fuggiti dalle rivolte di Haiti. La strana unione in Europa avrebbe dato sicuramente luogo a chissà quali tensioni e conflitti razziali, qui invece dette vita a una nuova e originale cultura quella Creola, ricca di tradizioni e stili di vita propria con una lingua e una cucina ricca di influssi africani, europei e coloniali. Tutto questo mentre la Spagna la cedeva nuovamente alla vittoriosa Francia di Napoleone che soli tre anni dopo la vendette ai nuovi Stati Uniti d’America. Ma la città, che aveva accolto le più disparate etnie nel French Quartier (che fra l’altro è più spagnolo che francese), tutti gli avventurieri nel grande porto e le prostitute a Storyville, gli americani del Nord, protestanti, operosi e integerrimi, li ha sempre sopportati poco, tanto è vero che li ha relegati in un bellissimo quartiere, Garden District, che ha solo un piccolo difetto, quello di essere praticamente fuori città. Gli States da parte loro hanno sempre guardato con notevole diffidenza questo spicchio di Sud così irriverente eterogeneo border line, sfruttandolo per quello che poteva dare, commerci e petrolio e abbandonandolo quando era più disperato… Dopo Katrina la Big Easy dove tutto è stato sempre difficile ha fatto fatica a tirarsi in piedi, ma forse ce l’ha quasi fatta grazie a quella gioia di vivere che nonostante tutto riesce a diffondere nelle sue più grandi istituzioni, la cucina e il Carnevale. Neppure una volta dopo Katrina ha voluto rinunciare ai carri, alle feste dell’arrivo di primavera e ai suoi dolcissimi gamberetti che protetti dagli argini hanno respinto le torbide acque dell’alluvione più terribile del secolo. Anzi, dopo, tutto è stato più importante, diventando non solo un’occasione di aggregazione, ma anche un momento liberatorio, un’ancora di salvezza per una popolazione ridotta allo stremo non solo dalla forza della natura ma ancor più dalla pruricentenaria indifferenza dello Stato centrale.
Il Carnevale… tutto era cominciato con i francesi che avevano portato a New Orleans i canti e i balli con cui celebravano la “grande bouffe” prima di cominciare a battersi il petto nella penitenza della quaresima. Il
Carnevale francese ben presto però si fuse con le tradizioni degli schiavi africani e delle popolazioni caraibiche che continuavano a celebrare le loro feste con musiche, maschere ed elaborati costumi sviluppati già nei posti di origine. Poi dopo la guerra di secessione ci fu un altra e significativa svolta nei contenuti e nel significato delle sfilate perché i cittadini di New Orleans cominciarono ad adoperare il concetto di “Crewe” – che all’inizio indicava soltanto i gruppi che organizzavano segretamente il Carnevale, – per fare la fronda agli invasori Nordisti che avevano vinto la guerra. E così cominciarono a costruire carri allegorici in cui evidentissimo era l’intento polemico di deridere e mettere alla berlina i personaggi politici e i prepotenti imprenditori del Nord che stavano mandando a rotoli l’economia degli Stati del Sud.Un’ulteriore, determinante svolta ci fu nel 1872. A quel tempo un giovane, titolatissimo principe, Alexei Romanoff Alexandrovich, figlio addirittura dello Zar di tutte le Russie, tutto impegnato nel suo “Gran tour”
americano, fra una battuta e l’altra di caccia al bisonte, si impegnò ad arrivare a New Orleans per il Carnevale. In occasione di questo inconsueto arrivo ( era da parecchio tempo ormai che a New Orleans si erano perse le tracce delle teste coronate), i notabili della città organizzarono una specialissima Crewe, con il compito di allestire, in onore dell’illustre ospite, quella che è passata alla storia come “Parata Reale”. Fu in questa occasione che venne anche eletto il primo re, il Re di Carnevale che in seguito sarebbe diventata una delle figure più ricorrenti di tutti i carnevali a venire.Il principe arrivò davvero a New Orleans attratto, dissero i maligni, oltre che dal Carnevale da una bella attrice ,Lydia Thompson, che in quegli stessi giorni ballava e cantava in un’opera di burlesque che si teneva all’Academy of Music. Un altro gruppo di maligni mise in giro la chiacchiera secondo cui le attenzioni del principe erano invece rivolte a un’ altra graziosa attrice Lotta Crabtree, alla quale prima di ripartire regalò, si disse,un bellissimo braccialetto di diamanti.
Le storie delle avventure femminili del principe, nonostante il gran parlare di quei giorni, sono rimaste avvolte nel mistero. Quello che è certo invece è che Sua Altezza poté gustare quello che, con il suo nome altisonante era il dolce più adatto per essere servito alla sua tavola principesca, il King Cake, che proprio allora, da torta della famiglia, si stava trasformando in pubblica attrazione di Carnevale.
Si tratta di un dolce nato in Spagna come Roscon de Reyes e poi trasferito in Francia e nelle Colonie, per festeggiare i Re Magi che portavano doni al bambino Gesù. Infatti, chi ha avuto occasione di mangiare questo dolce ha potuto notare che al centro si trova sempre, come infilato nella culla, un bambinello, oggi più modestamente di plastica dorata, ma una volta anche di avorio o oro. Poichè si tratta di un dolce dedicato al giorno dell’Epfania, ci si si può lecitamente chiedere che c’ entra con la festa di Carnevale che si svolge fra i mesi di febbraio e marzo. Ma se uno si pone questa domanda significa che non conosce fino in fondo lo spirito allegro e festoso dei cittadini di New Orleans che hanno retrodatato l’inizio del Carnevale al 6 di gennaio senza alcuna soluzione di continuità fra una festa e l’altra.
Il dolce, rivisitato “in fieri” e “in loco” è bellissimo, di varie forme rotondeggianti e avvolto nei favolosi colori viola verde e oro che simboleggiano la giustizia, la fede e il potere e diventano i colori cult della città nei giorni di Carnevale
KING CAKEINGREDIENTI per la ciambella (per 6 persone): 1Kg di farina, 1 e 1/2 cubetti di lievito di birra, 1/2 bicchiere di acqua tiepida, 125 gr. di latte tiepido, 5 tuorli di uovo, 160 gr, di burro ammorbidito, 150 gr. di zucchero, 1 cucchiaino di sale, un uovo sbattuto, la buccia grattugiata di 1/2 limone, 1 cucchiaino di cannella, 1 pizzico di noce moscata
INGREDIENTI per la glassa: 400 grammi di zucchero a velo, 2 albumi, due cucchiaini di succo di limone. tre bustine di colori alimentari verde viola e giallo e 3 cucchiai di zucchero semolato.
PREPARAZIONE: mettete la farina nell’impastatrice unitamente al lievito sciolto nell’acqua tiepida, le uova, lo zucchero, il burro, il sale, la noce moscata e la buccia di limone grattugiata. Attivate l’impastatrice e aggiungete poco alla volta il latte tiepido, lasciandone due cucchiaiate da parte.
Quando l’impasto è diventato omogeneo, morbido e si stacca senza difficoltà dalle pareti dell’impastatrice, dategli una forma sferica,mettetela in una ciotola unta di burro, sigillatelo con pellicola trasparente,mettetelo in un ambiente asciutto e privo di corrente d’aria e fatelo lievitare fin quando non ha raddoppiato il suo volume.
Mettete la pasta su una superficie levigata,spolverizzatela con la cannella e lavoratela per qualche minuto. Dividete l’impasto in due parti dando ad ognuna di esse una forma cilindrica.Intrecciatele fra di loro, unite le due estremità e deponete questa corona su una placca unta di olio e ricoperta con placca da forno.
Fatela nuovamente lievitare e quando avrà raddoppiato il suo volume spennellate la superficie con l’uovo sbattuto e le due cucchiaiate di latte messe da parte.
Fate cuocere nel forno preriscaldato a 180° C per 30 – 40 minuti fin quando non abbia assunto un bel colore dorato. Fate raffreddare su una grata.
Preparate la glassa sbattendo con una frusta lo zucchero,gli albumi e il succo di limone.Dividete i tre cucchiai di zucchero semolato cospargendoli ognuno con una bustina di colorante diverso Rivestite la torta con la glassa e cospargetela ancora umida col lo zucchero semolato colorato,senza mischiare fra di loro vari colori.