Il documento non è affatto piaciuto a Belgrado: il presidente serbo Boris Tadic, in un secco commento, ha dichiarato che la risoluzione "aumenta le tensioni senza alcuna ragione". E intervenendo al summit del Processo di cooperazione del Sud Est Europa che ha riunito lo stesso giorno ad Istanbul i capi di stato di 13 paesi dell'area, ha invitato l'UE ha dire "chiaramente e senza scuse se è pronta ad accogliere nella sua ala l'intera regione [dei Balcani occidentali] e a contribuire concretamente al raggiungimento di questo obiettivo". Dopo il vertice UE-Balcani occidentali svoltosi il 2 giugno a Sarajevo, in cui Bruxelles ha ribadito che il futuro della regione è nell'UE "la Serbia si aspetta ora [...] che quel messaggio venga tradotto in azione", ha dichiarato Tadic nel suo intervento.
"L'indipendenza dichiarata unilateralmente è solo un altro tentativo di imporre una soluzione unilaterale e un simile risultato è insostenibile" ha dichiarato il presidente serbo ribadendo che Belgrado "non riconoscerà mai e in nessun caso, né esplicitamente, né implicitamente l'indipendenza autoproclamata del Kosovo". La Serbia ha ottenuto di recente l'avvio del processo di ratifica da parte dei 27 Paesi UE dell'Accordo di Stabilizzazione e Associazione, il primo passo formale per l'adesione, siglata mell'aprile 2008 ma da allora rimasta congelata a causa delle resistenze dell'Olanda che lamenta la insufficiente collaborazione delle autorità serbe con il Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia. La questione è l'avvio, da parte della Commissione Europea, della procedura per l'attribuzione alla Serbia dello status di Paese candidato all'adesione all'UE. E' in tale quadro che si discute se imporre o no alla Serbia il riconoscimento del Kosovo come condizione per l'adesione.
Lo stesso giorno della risoluzione approvata dalla Commissione Esteri del PE, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (organismo diverso e indipendente dall'UE che comprende 47 stati europei, 33 dei quali hanno riconosciuto l'indipendenza di Pristina) ha approvato una risoluzione in cui si afferma la necessità "di stabilire contatti operativi con le autorità del Kosovo al fine di rafforzare il suo ruolo nella provincia, pur mantenendo il suo status neutrale" circa l'indipendenza. "Nonostante le divisione sulla questione Kosovo" il documento raccomanda che gli Stati membri del Consiglio d'Europa "dovrebbero essere uniti nel sostenere un maggiore coinvolgimento dell'Organizzazione in Kosovo, nel bene di tutti i cittadini che vi vivono". Inoltre invita Belgrado e Pristina di adottare un "approccio flessibile per facilitare la partecipazione dei loro rappresentanti ai meetings internazionali, indipendentemente dalla questione dello status".
Intanto, mentre si torna a parlare di possibile partizione del Kosovo, un'ipotesi che nessuno sostiene ufficialmente ma che periodicamente compare all'orizzonte, si apprende che i negoziati sullo status del Kosovo tra Belgrado e Pristina potrebbero iniziare in settembre immediatamente dopo la decisione della Corte internazionale di giustizia dell'ONU, attesa per il 22 luglio, chiamata a decidere sulla legittimità della proclamazione di indipendenza alla luce del diritto internazionale. Questo almeno è quanto ha scritto il quotidiano serbo Blic sulla base di non meglio indicate "fonti ben informate". Il pronunciamento della Corte, chiesto e ottenuto dalla Serbia dopo una battaglia diplomatica all'ONU, ha solo valore consultivo, ma avrà un grande peso politico e diplomatico. Non a caso Ramush Haradinaj, leader dell'Alleanza democratica del Kosovo (ex premier ed ex imputato al Tribunale internazionale) ha invitato le forze politiche kosovare a elaborare una piattaforma comune in vista di possibili nuovi colloqui con Belgrado.