Il Laboratorio del libro: Tommaso Marotta ci svela i segreti degli editor

Creato il 18 febbraio 2014 da Ramonagranato

Amiamo i libri.Svuotiamo il portafogli, per loro.Li cerchiamo dappertutto e dappertutto vorremmo trovarne di nuovi ed interessanti.Che ci dicano qualcosa di noi che non sappiamo. Che ci cambino la vita.
Ma... come è fatto un libro?
Non intendo, ovviamente, il prodotto materiale di carta, inchiostro, colla (che pure quello avrebbe bisogno di un'indagine, volendo).Mi riferisco al lavoro che viene fatto su un testo da quando abbandona la scrivania del suo autore fino a quando arriva nelle mani di noi lettori. Ed è un processo infinitamente più complesso rispetto a stampa, rilegatura, etc [non me ne vogliamo gli stampatori, i rilegatori e i manovali tutti!].
"Il Laboratorio del libro" è un sito che si propone di diffondere la cultura del libro, ma, più ancora, offre lezioni sul lavoro in casa editrice e svela cosa significa fare davvero l'editor. Tra le sezioni più interessanti, c'è quella sulla Storia del libro, un vero e proprio excursus storico, suddiviso in capitoli, che, secondo me, chiunque dica di amare "il libro" deve conoscere.A parlare è Tommaso Marotta, che l'editoria ce l'ha nel sangue e di lavoro in casa editrice se ne intende.
Tommaso Marotta è l'editore napoletano che alla fine degli anni '70 diede vita alla "Tommaso Marotta Editore" seguendo l'esempio di suo padre, Alberto Marotta che, con la "Alberto Marotta editore" per primo in Italia pubblicò Andrè Gide ed ebbe Salvatore Quasimodo come curatore della collana suoi nuovi poeti italiani. Nel 2000, poi, insieme ad Anna Cafiero, crea la "Marotta & Cafiero", ora passata a Rosario Esposito La Rossa e a Maddalena Stornaiuolo che hanno trasferito la sede da Posillipo a Scampia.
Tommaso ha gentilmente acconsentito a rispondere ad alcune mie domande di lettrice appassionata e che, sulla vita del libro, non ne sa mai abbastanza.
Iniziamo con una domanda che va alle origini. Come ti venne l’idea di aprire una casa editrice tua?

Aprire una casa editrice fu per me un evento del tutto naturale. Gli Arabi direbbero che era scritto. Mio padre faceva l’editore e mia madre lavorava con lui. Sin dall'infanzia, in casa mia si respirava aria di libri. Dopo la laurea, dinanzi avevo due scelte: lavorare all'università o in casa editrice. Non ebbi dubbi in proposito. Oggi, probabilmente, opterei per l’insegnamento, ma questa è un'altra storia.
Il mio apprendistato fu lungo e faticoso. Mio padre e mia madre erano due persone dal carattere di ferro con un forte carisma. Non che fossero severi, ma di spazio me ne lasciavano poco (intendo spazio professionale). Al contrario, ero liberissimo nel privato.
Inoltre, mio padre era democristiano e io iscritto al partito comunista. Inevitabili le scintille.
Ma oltre a questo, la mia casa era frequentata da intellettuali e scrittori. Quelli napoletani li conoscevo tutti (Rea, Compagnone, Prisco, Pomilio, e altri). Quando mio padre morì, mia madre decise di chiudere quella casa editrice e io ne aprii un’altra con il mio nome. Come ho detto all'inizio, il mio è stato un percorso del tutto naturale.
Dopo anni come editore, ora che non sei più "praticante" – dal momento che ti definisci sempre editore pur senza una casa editrice -  hai deciso di aprire il laboratorio del libro, passando dalla carta ai bit. Io immagino il laboratorio come un luogo di attività frenetica. Quali sono le attività – frenetiche o anche più tranquille – del tuo laboratorio?

Sì, penso che di me non potrei dire altro. Sono editore perché è un mestiere che per una quarantina d'anni mi ha collegato ai libri e a tutto ciò che girava intorno ai libri. L'ultima nostra esperienza (di Anna e mia), la Marotta & Cafiero, l’abbiamo regalata a Rosario e Lena e ora è una realtà di Scampia, e di ciò sono contento perché i nuovi editori sono ricchi di energie positive.
Tra le righe dico che non mi è piaciuto molto ciò che scrisse una giornalista napoletana e cioè che mi ero pensionato e non mi piace tuttora una sorta di demagogia che immagina lo spostamento a Scampia come una trasformazione della casa editrice in senso popolare e democratico. A questo proposito è bene ribadire che le case editrici hanno le impronte delle persone che ci lavorano indipendentemente dal luogo in cui sono ubicate.
Il laboratorio del libro. Dico subito che di frenetico non ha proprio niente per la semplice ragione che ci lavoro solo io. È nato sull'onda dell’esperienze che ho maturato negli ultimi anni del mio lavoro di editore quando tenevo corsi di redazione editoriale. Il progetto che lo sorregge è di farne un vero e proprio portale del libro. Ma il messaggio che, attraverso il sito, vorrei che passasse è che il lavoro editoriale entra nel corpo del testo, trasformandolo. E mi spiego. Il redattore, l’editor, l’impaginatore e altri possono lavorare bene o male. Se lavorano bene, offrono al lettore non solo un libro ben leggibile, ma aumentano anche il tasso comunicativo del contenuto del testo. Insomma, una casa editrice dovrebbe aver ben chiara quest’idea in mente.
Ma non so quando alla fine quest’idea complessiva possa finalmente venire alla luce attraverso il sito.
I miei tempi sono biblici, e non sempre per colpa mia. Ad esempio, in questo momento sto lavorando a una sorta di storia del libro. Sono arrivato all’ottavo capitolo. Bene, ogni capitolo mi richiede mediamente dai dieci ai quindici giorni di ricerche, e allora mi fermo, pubblico un articolo meno impegnativo, e così via. Qualcuno mi consiglia di lasciar perdere questa storia del libro, ma a me intriga terribilmente.
E intanto mi vengono in mente altre idee per altre sezioni. Ho già fatto esperienza di editing online sul libro di un’amica. Bé, mi piacerebbe aprire una sezione di editing online o di valutazione di manoscritti. Per il primo anno, ho anche pensato di fornire un servizio gratuito, trattandosi di un esperimento, ma non so...

Ho trovato particolarmente interessante la tua opinione sugli ebook. Io ero tra quelli che mai avrebbe pensato di abituarsi a leggere su pixel, e invece… Per tutti i motivi che già sappiamo: gli ebook costano meno, sono più facilmente reperibili, non cambiano il contenuto del libro, etc. Tu ti ci ritrovi?
Sui libri digitali le opinioni sono contrastanti. Ma c’è un fatto di cui sono convinto. Ancora due o tre generazioni e il libro cartaceo lascerà il posto all'eBook. Possiamo dirne tutto il bene e tutto il male possibile, ma la realtà mi pare sia questa. Tra le altre cose, un’altra sezione del laboratorio del libro sarà dedicata al libro digitale.
Il libro digitale comporta indubbiamente dei vantaggi per il lettore e per l’editore. Per il lettore perché ha un prezzo basso, si scarica facilmente, non occupa spazio. Per l’editore perché costa di meno, perché non ha necessità di un deposito, perché salta la distribuzione.
Ciò detto, esistono alcuni problemi che è bene sottolineare. Ho l’impressione che ci sia ancora in giro (soprattutto da parte degli addetti ai lavori) l’idea del libro digitale come di un libro di serie B. E allora sono mal curati. I refusi si sprecano. La cosa mi meraviglia soprattutto quando di quell’eBook esiste anche la versione cartacea, perché le due versioni dovrebbero camminare in parallelo sino ad un certo punto.
Ma queste sono cose che con il tempo si possono anche risolvere.
La vera incognita riguarda il futuro del libro nel momento in cui l’eBook diventa la forma dominante di lettura e allora la domanda è: quali libri gli editori decideranno di trasformare in digitale? Quelli che si vendono di più? O anche quelli che sono destinati a un pubblico particolare?
Sappiamo, ad esempio che quando ci fu il passaggio dal papiro alla pergamena e più avanti alla stampa a caratteri mobili, molti libri furono abbandonati e oramai introvabili.
E ancora. Si troverà il modo di rendere il libro digitale più sociale? Un libro di carta lo si può prestare. L’eBook, invece, è connesso allo spazio virtuale.
Insomma staremo a vedere cosa il futuro ci riserverà, ma queste, io credo, non sono domande da poco. Oggi la nostra società è sempre più chiusa in una sorta di solipsismo individuale. Non vorrei che la tecnologia accentuasse la frammentazione in cui siamo immersi, chi più, chi meno.
Avendo avuto ancora una casa editrice, avresti pubblicato ebook? Di ogni libro (ci sono quasi sempre due versioni di alcuni libri pubblicati recentemente) oppure solo di alcune categorie?

Avendo ancora una casa editrice, certo che avrei pubblicato in eBook, o meglio avrei pubblicato anche in eBook. Il libro digitale, pur con tutte le perplessità esposte, è il nostro orizzonte prossimo.
Per quanto mi concerne so che non tutte le case editrici pubblicano nella doppia versione. Nei cataloghi trovo che, ad essere distribuiti in digitale, sono soprattutto libri ad ampio spettro di pubblico.
Che consiglio dai agli editori, sia di libri cartacei che di ebook?

Ad un editore di piccole dimensioni direi cosa farei io se dovessi ricominciare.
Stamperei pochi libri all'anno, caratterizzati da un'idea portante, e molto ben curati.
In Italia si continua a stampare molto e male. Ritengo che la qualità creativa, a lungo andare, premi. Un altro consiglio che darei sarebbe quello di trovare strade alternative per la distribuzione e la promozione. La distribuzione tradizionale non funziona più, anzi può addirittura determinare il fallimento per una piccola realtà. Ma se tu ti inventi un piccolo ambito di lavoro, pubblicando solo testi ad alto tasso d’interesse per una pubblico di nicchia, bé alla fine potresti anche essere vincente. Non so, il piccolo editore può anche rischiare di farsi un sito interattivo, supportato da un forum di discussione, sull'argomento scelto e può anche fare una campagna pubblicitaria su Google. Il costo probabilmente sarebbe di 30.000 euro. Ma se ha successo e se inizia a vendere anche per corrispondenza o attraverso i canali online, in un paio d’anni rientrerebbe delle spese e inizierebbe anche a guadagnare, tenendo conto del fatto che la distribuzione classica gli costa mediamente il 60-65% del prezzo di copertina con un utile che a fatica sfiora il 10% a tiratura esaurita. Con gli eBook il problema della distribuzione si salta a piè pari.
Nel sito ci sono tante lezioni, tutorial, discussioni sul libro e su tutto quello che vi ruota attorno. Per concludere, che consiglio ti senti di dare a chi vorrebbe intraprendere il mestiere di editor?

Quello dell’editor è uno dei mestieri più affascinanti in campo editoriale, ma anche uno dei meno controllati. Basta farsi un biglietto da vista e sotto il nome e cognome scriverci "editor". Poi, se chiedi alla persona cosa fa di preciso l’editor, non sa darti una risposta o farfuglia frasi senza senso.
Ma ora parlo dell’editor che fa editing su un testo di narrativa.
Deve certamente essere uno che pratica la lettura e conosca la struttura della lingua. A chi voleva addentrarsi in questo campo suggerivo soprattutto la lettura di autori italiani. Ma quella dell’editor non deve essere un mestiere che cresce sulla base delle conoscenze. Anzi, alla fine, sono proprio queste a dover essere messe da parte. L'editor deve possedere soprattutto alcune doti caratteriali. Lavora su un testo non suo, l'autore ha all'inizio una certa diffidenza, bene, l'editor deve fargli comprendere che non è un suo nemico, ma un alleato, così come che le sue sono solo proposte perché alla fine sarà comunque l’autore che accetterà o rifiuterà i suoi suggerimenti.
Questo significa, anche, che deve possedere notevoli doti di spersonalizzazione. Insomma, non può lavorare sulla scrittura di un altro pensando di imporgli uno stile che non è quello dell’autore. In altre parole, io suggerisco all'editor di cambiare mestiere in assenza di questi minimi aspetti caratteriali.
Grazie Tommaso!  
 
Ci sarebbero tantissime altre domande da fare a Tommaso -  e non è detto che non andrò di nuovo a bussare alla sua porta! - ma, intanto, entriamo nel laboratorio del libro e... non mettiamoci mai comodi!
Perché in un laboratorio non si sta mai con le mani in mano e, nel Laboratorio del Libro di Tommaso Marotta, le idee fervono e sono tutte da afferrare al volo.

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