DESCRIZIONE, UTILIZZI, CURIOSITA’ DI UNA SPECIE ASSAI APPREZZATA DELLA GASTRONOMIA MEDITERRANEA
Non tutti sanno che si tratta di una specie comune anche in Abruzzo e Molise dove è raccolto e consumato, però, da pochi intenditori.
Esemplare intero di Lampascione. Lentella (CH)
Denominazione. In riferimento alla vecchia denominazione scientifica, “Muscari” deriva dall’arabo muscàrimi = avente odore di muschio, per l’odore emanato dai fiori di alcune specie di questo genere. In riferimento alla nuova denominazione scientifica di Leopoldia comosa, il genere Leopoldia è dedicata al Granduca di Toscana Lepoldo II (1797-1870), protettore delle Scienze e fondatore dell’Herbarium Centrale Italicum. In Abruzzo, nelle diverse località, la specie è chiamata cipolle salvagge, cipulline, lampascione, lampasciule o rampasciule. Nel vastese interno è chiamato genericamente cipulline, come molte altre specie a bulbo globoso, mentre a Casalbordino è noto come “lampasciule“. Secondo Aurelio Manzi (Flora Popolare d’Abruzzo, p. 105), alcune denominazioni fanno riferimento alla somiglianza della pianta con la cipolla coltivata (Allium caepa). Il termine di lampascione, invece, potrebbe derivare dal latino lampathium con cui, nel periodo classico, venivano indicate diverse erbe, in particolare alcune specie del genere Rumex“.
Distribuzione in Abruzzo e Molise: comune nei prati aridi e negli incolti fino a 1300 m. Nel vastese la specie è presente un pò ovunque. E’ particolarmente diffusa nei campi e nelle aree ruderali della valle del fiume Treste, tra Lentella e Cupello, e nelle aree costiere (Casalbordino, Villalfonsina, Scerni ecc).
Raccolta. Sebbene la specie sia comune in gran parte d’Italia, la raccolta ed il consumo del bulbo sotterraneo di questa pianta viene praticato quasi esclusivamente nell’Italia meridionale. I bulbi si raccolgono, prevalentemente, verso la fine dell’inverno-inizio primavera, quando dal sottosuolo iniziarà ad emergere la parete aerea che culminerà, fino a tarda Primavera, con la caratteristica infiorescenza a pennacchio, facilmente individuabile nei campi. I bulbi si trovano ad una profondità di 10-30 cm ed hanno un diametro di 1-4 cm ed un peso medio di 35-40 grammi.
Nella fase in cui la pianta non è completamente sviluppata (priva dunque dell’inconfondibile fiore a pennacchio) occorre prestare particolare attenzione alla possibile confusione con i bulbi del Colchico (Colchicum autumnale) che sono fortemente tossici. Il Colchico, comunque, ha il bulbo allungato e bianco, mentre il bulbo del Lampascione somiglia ad una piccola cipolla e possiede colore mattone e via via più rosato nelle tuniche interne.
Infiorescenza di Lampascione. Esemplare trovato nel vastese
Uso alimentare e proprietà curative. viene consumato, in modo simile alle cipolle, crudo in insalata, lessato e cucinato in diversi modi. Spesso viene conservato sott’aceto o in agrodolce e servito come antipasto o contorno.
Il Lampascione era già conosciuto da egizi, greci e romani. Nel I secolo d. C., le sue virtù furono sperimentate sin dal medico greco Galeno che lo prescriveva come diuretico, lassativo e depurativo e successivamente da molti altri scienziati dell’antichità fra cui Plinio e Teofrasto. Le sue qualità curative sono state confermate anche dalla medicina contemporanea. Infatti al Lampascione sono riconosciute qualità diuretiche, emollienti ed antinfiammatorie, ed è particolarmente utile nelle infiammazioni intestinali e della vescica.
Il lampascione è assai ricco di Potassio, Fosforo, Calcio, Ferro e di altri molti altri elementi quali Manganese, Rame e Magnesio. Contiene grandi percentuali di amido, oltre a saccarosio, fruttosio, glucosio e arabinosio. I bulbi contengono, infine, mucillagini e gomme, dalle quali sono state isolate sostanze che sembrano possedere proprietà antinfiammatorie ed antimutagene. Il lampascione, viene usato, infatti, oltre che nell’alimentazione, anche nella medicina popolare per le proprietà diuretiche ed emollienti e nella cosmesi per lenire pelli arrossate, secche e screpolate.
Un consumo eccessivo può essere causa di un certo meteorismo.
Coltivazione. E’ possibile anche coltivare i Lampascioni che, come molte colture simili, ad esempio dello Zafferano, necessitano di terreno sciolto e ben drenato. I bulbi rifuggono i terreni troppo compatti, umidi e pesanti che, favorendo i ristagni d’acqua, li farebbero marcire.
Descrizione. Pianta perenne, alta 15-60 cm; scapo eretto, cilindrico; Foglie solo basali, lanceolato-lineari, piane, erettopatenti, tendenti ad afflosciarsi, semicilindriche, larghe alla base 10-15 mm; bulbo globoso o ovatopiriforme con tuniche esterne rosso vinose, somigliante ad una cipolla, scapo eretto, cilindrico, glabro; fiori fertili lungo lo scapo, in racemo cilindrico allungato, rado con peduncoli lunghi, violacei, arcuato-eretti; perigonio cilindrico, giallastro (nei fiori fertili) o carminio (nei fiori sterili), con brevi dentelli alla fauce. Fiorisce da aprile a maggio.
Curiosità: nella tradizione popolare pugliese il lampascione viene utilizzato anche per riparare gli oggetti di terracotta. Infatti, quando sulle pignata di terra cotta, a causa del fuoco, si generano della crepe che gli fanno perdere la tenuta stagna, viene strofinata a lungo nella parte incrinata con un lampascione tagliato a metà; una volta essiccate le mucillaggini secrete dal bulbo, cicatrizzano perfettamente l’argilla.
Il termine lampascione, bambascione e simile è usato nel linguaggio popolare di alcune regioni del sud per indicare persona sciocca.
SPECIE SIMILI. In Italia sono presenti altre 2 specie appartenenti allo stesso Genere:
Giacinto a foglie sottili. Specie rarissima nota in poche località dell’Italia centrale
Giacinto dal pennacchio a foglie sottili (Leopoldia tenuiflora), simile a L. comosa, ma più piccolo, altezza 20-40 cm, con bulbo ovato-piriforme a tuniche giallicce, biancastre o grigie; perigonio tubuloso-cilindrico 7-9 mm, giallastro in basso, violetto in alto, lilla-verdognolo alla fauce; dentelli bruni.
E’ segnalata da Pignatti come specie rarissima sui pendii sassosi rupestri (150-1250 m) dell’Appennino marchigiano sui monto del Furlo, M. Catria, M. Nerone e Madonna del Sasso. Segnalata anche in poche località dell’Umbria e del Friuli Venezia Giulia.
Giacinto dal pennacchio di Gussone. Specie rara ed endemica della Sicilia Sud-Occidentale
Giacinto dal pennacchio di Gussone (Leopoldia gussonei – Muscari maritimum), avente bulbo ovato-piriforme 3-3,5 cm, a tuniche giallicce o brune; scapo eretto, carnoso, debole. Foglie lineari-scanalate, flaccide, denticolate sul bordo e glauchescenti di sopra, larghe 2-3,5 mm. Racemo denso 15-30 trifloro senza ciuffo apicale; fiori fertili gialli 2,5-3,5 x 5-7 mm i superiori subsessili; fiori sterili violetti o bluastre; antere fosche. Questa specie, rara, è presente sulle spiagge e le arene litoranee della Sicilia Sud-Occidentale presso Gela e Soglietti. La specie è dedicata all’importante botanico campano Giovanni Gussone (1787-1866), autore di notevoli opere sulla flora della Sicilia e del Meridione.
Per saperne di più sul Lampascione: