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Il lascito emozionale delle maestre d'asilo

Da Paterpuer @paterpuer

Non so a quanti sia capitato ma in questi 3 anni di scuola dell'infanzia (fa sempre un certo effetto questa terminologia, come è del resto strano per me, che sono felicissimamente papà, parlare di scuola materna escludendo con una semplice parola la pertinenza di una figura come la mia, nell'ambito dell'età pre-scolare) a noi è sempre importato molto di essere presenti e partecipi ai colloqui con le insegnanti (eh sì, alla "materna" i maestri pare siano una rarissima rarità).

Niente di particolare da dire - grazie al cielo - una lunga, lunghissima attesa e poi una chiacchierata in libertà, la condivisione dell'aneddotica, uno sguardo sulle relazioni e qualche indicazione sulle attitudini del bambino.

Niente di particolare da dire sino all'ultimo incontro. Lì qualcosa sì. Innanzitutto la scheda di valutazione, un report a metà fra la classificazione numerica che tanto ridurrà i soggetti a somme, formule e inferenze negli anni a seguire, e una mappatura di reale utilità sullo stato dell'arte evolutivo; utilità che ci sarebbe però se lo Stato si dimostrasse in grado, una volta acclarato che ci fossero degli interventi da fare per sostenere la crescita armoniosa dei bambini, di agire. Poi il vero motivo per cui questi colloqui sono necessari e a parer mio imperdibili: il lascito emozionale.

Chi insegna, ed essere maestri d'asilo è insegnare al pari di essere docenti alla Bocconi (tranne la busta paga), lavora con materie, obiettivi ma soprattutto con le persone. Di più: al nido e alla materna si ha a che fare con quella delicatissima fase in cui si imposta la vita, il ciò che si sarà. Qualcosa che prima Gilles Deleuze e poi Pierre Levy ebbero a chiamare " virtuale" (Levy: "Contrariamente al possibile, statico e già costituito, il virtuale è come il complesso problematico, il nodo di tendenze e di forze che accompagna una situazione, un evento, un oggetto o un'entità qualsiasi, e che richiede un processo di trasformazione: l'attualizzazione. [...] Il problema del seme, per esempio, è di far crescere un albero. Il seme "è" questo problema, anche se non si esaurisce in esso. Questo non significa che il seme "conosca" esattamente quale sarà la forma dell'abero che in seguito stenderà il fogliame sopra di lui. A partire dai vincoli che gli sono propri, dovrà inventarlo, coprodurlo insieme alle circostanze in cui si imbatterà").

Chi non ha mai "lavorato" con le persone difficilmente potrà capire cosa significhi operare attraverso la relazione umana, che è anche e soprattutto affetto ma che qui è strumento. Ci si conosce, ci si apre, si diventa amici, ci si ama o ci si odia, si entra gli uni nella quotidianità degli altri, ci si lascia e ogni volta che ci si lascia è una piccola morte.

La famosa sindrome da burnout, cioè l'essere spompati (secondo me in italiano si dovrebbe dire "devastati"), svuotati e incapaci di dare alcun che, conosciuta e in qualche modo gestita per le cosiddette professioni d'aiuto, non è concepita per le maestre d'asilo. A torto.
Difficile se si è scelto un mestiere così non amare i cuccioli di essere umano, impossibile non soffrire a morte per la fine di un ciclo che sarà assenza di figure che si sono amate per 1, 2, 3 anni e che non ci saranno più, esserini per i quali non si sarà mai più rifugio, sicurezza, confidenza e che nella maggior parte dei casi non si ricorderanno di te.

Ecco che questi colloqui diventano un appoggio, una condivisione ricchissima di sentimenti, ansie, speranze, investimenti emotivi. Ecco perché sono imperdibili, lo sono perché chi prende per mano i nostri cuccioli e li accompagna tutti i giorni ha bisogno di essere ascoltato, lo sono anche perché esserci significa non comprendere quanto sia importante far parte di questa dimensione di vita dei propri figli.

Al nostro ultimo incontro le maestre avevano gli occhi sull'orlo del pianto, erano in difficoltà, ho capito quanto necessario fosse, per loro, averci lì, a braccia aperte, disposti - semplicemente - ad ascoltare. Un momento che mi ha fatto ricordare anche quanto sia alienante il mio lavoro, bello ed eccitante quanto si vuole ma così poco importante, così arido, così poco necessario. Un lavoro invece, quello delle maestre d'asilo, così significativo per le "cose" che rendono la vita degna d'esser vissuta come vocazione all'amore.

Grazie Valentina, Elena, Elisa e Simona. Grazie Emiliana, che ci hai lasciati all'improvviso ma che ci hai cambiato la vita in meglio.


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