La storia dell’affermazione dei diritti dell’uomo è lunga,oscura e frastagliata, però volendo, in uno sforzo di estrema sintesi e tralasciando l’analisi delle società antiche, si potrebbe porne l’embrione nell’avvento della Magna Carta del 1215, valutarne il possente ed irreversibile sviluppo nella Carta dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, uno dei più bei frutti della Rivoluzione Francese,ed infine considerarne la maturità nella consacrazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948.
Il risultato finale di questa lunga marcia, fra un’infinita serie di guerre continentali, rivolte sociali sanguinosamente represse e addirittura due guerre mondiali, fu la democrazia rappresentativa, rappresentativa cioè della volontà popolare,almeno in origine, che da tempo costituisce, a torto o a ragione, uno dei pilastri su cui poggia la civiltà occidentale e su cui si fondano anche molte pretese, mai del tutto verificate nella pratica, di superiorità dell’occidente medesimo sul resto del mondo.
Il pericolo fondamentale nell’accostarsi alle istituzioni di queste democrazie rappresentative,cioè ad istituzioni che dovrebbero essere, per loro intima natura, democratiche, è quello di un estremismo ideale ,sconfinante nella colpevole ingenuità, che vede tali istituzioni garanti di ogni diritto, come se le conquiste ottenute e consacrate sulla carta siano realmente realizzate e, qualora lo fossero, questo lo sia per sempre.
E’ una visione miope che non tiene conto delle dinamiche interne ed esterne alla società e dei rapporti di forza sia sociali che economici.
La dimostrazione di ciò sta nel triste tramonto che i sistemi democratici, europei e non, stanno vivendo sotto i colpi inesorabili di un’economia globale che pone le multinazionali al di sopra delle nazioni e degli stati imponendo il culto universale del Totem del profitto ad oltranza, e di Poteri, più o meno occulti, o mascherati che a tali potentati economici sono complementari e sinergici.
La fisionomia e l’identità di questi Poteri sono certamente occulti,ma la provenienza,al netto della colpevole ingenuità sopra citata, è chiara, considerando che qualunque classe dominante, in qualunque società, utilizza ogni sistema, legale e non, atto a garantire se stessa e a cercare di perpetuarne nel tempo la sopravvivenza.
In tale contesto lo strumento fondamentale è quello della creazione di un”sottogoverno” operante a tutti i livelli, nei Servizi, nelle Forze Armate, nelle forze di Polizia e negli organi di informazione, finalizzato ad aggirare i vincoli parlamentari democratici quando questi diventando stringenti mettono in pericolo la tutela di orientamenti politici ed interessi , non solo economici, fondamentali.
In ciò è la recente storia, non solo nazionale ma mondiale, che ci viene in soccorso ricordandoci le varie stragi, gli assassinii politici, i depistaggi le guerre scatenate sulla base di menzogne , il tutto finalizzato al condizionamento di una volontà popolare che contrastava prima con la granitica suddivisione del mondo in blocchi di influenza politica e militare e successivamente con interessi legati a “cartelli” economici nazionali e multinazionali.
La nefasta azione oggi prosegue incontrastata con la distruzione o il contrasto della produzione intellettuale libera,cioè non prostrata ad alcun interesse, con l’occultamento di dati fondamentali e con il condizionamento degli organi di informazione per impedire lo svelamènto di tali trame,la abnorme proliferazione legislativa e normativa che impone alti livelli di specializzazione, l’oscillazione subdola fra il relegare ogni forma di dissenso nel perenne oblio impedendone l’accesso ai media e ai mezzi di comunicazione e la criminalizzazione o la delegittimazione di tale dissenso quando questi riesce ad imporsi all’opinione pubblica.
In tale contesto, nell’attesa di un “pensiero forte” che fornisca uno strumento teorico per lo sviluppo di un nuovo modello sociale, è importante evitare o contrastare il più possibile il prevalere di un comportamento antropologico antico, appunto, quanto l’uomo, secondo il quale le “vittime” vengono ad assumere il punto di vista dei loro dominatori assecondandone e legittimandone le idee e i comportamenti.
E’ quindi necessario tornare a dire NO!
No ad ogni pensiero standardizzato, No ad ogni passiva e rassegnata accettazione dell’esistente, No ad ogni vile silenzio, No ad ogni opportunistico conformismo.
Il No e il SI sono indissolubilmente legati nella fisiologica ambiguità del reale, ma mentre il NO è visto ed accettato con l’avversione che sempre accompagna il sospetto e la diffidenza verso chi si contrappone, il SI è invece sempre accolto con la benevolenza che, subdolamente, è indotta dall’inchino.
Il SI, se non è frutto di un proprio profondo convincimento,di una scelta passionale, è adesione servile, viscido conformismo che perpetua, imputridendole, le spoglie di un passato ormai perduto che sopravvive a se stesso.
Il NO invece non subisce il sospetto infamante di questa doppia natura, non solo perché intimamente legato a scelte nette, ma perché si alimenta della credibilità connessa al prezzo che sempre si paga per tali scelte.
E’ il NO che “feconda l’ovulo” della libertà,ne qualifica la democrazia venendone a costituire la parte fondante del suo “sistema immunitario”.
L’urlo del NO è quindi un urlo liberatorio ,un vento che spazza le brume di soprusi e vessazioni, che spezza l’uniformità di un conformismo avvolgente ed asfissiante che annienta e soffoca ogni forma nuova che sia espressione di libero pensiero e di creatività.
E’ l’urlo del NO che si oppone alla criminalizzazione del dissenso ,anticamera del totalitarismo, e che combatte la dittatura della ricchezza.





