Il Lato Positivo

Creato il 15 marzo 2013 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
Uscita quasi a bocca asciutta dall'ultima edizione degli Oscar in cui ha stravinto Argo affiancato da Vita di Pi, questa nuova pellicola diretta dal cineasta David O. Russell è riuscita a portarsi a casa l'unico premio come Miglior Attrice Protagonista, mentre ha lasciato che le altre opere si accaparrassero tutto il resto. La scelta dell'academy è condivisibile o meno? Finora ogni parere che ho trovato girando sul web e sfogliando le riviste di cinema definisce Il Lato Positivo come uno dei migliori film dell'anno, e per certi versi lo è, ma non ho trovato in questo lavoro il capolavoro che si è elogiato per mesi e mesi. In primo luogo è interessante notare il lavoro emotivo e complesso che il quartetto di attori protagonisti e di spalle ha fatto per rendere il tutto più originale e coinvolgente per uno spettatore che vuole lasciarsi trascinare all'interno di questa storia grazie a personaggi riconoscibili e complessati, che hanno qualcosa da raccontare e un passato a cui rimediare.I rapporti che si creano tra loro sono geniali, in particolare tra Robert De Niro (finalmente pronto a vestire nuovamente i panni dell'attore che abbiamo imparato ad amare) e suo figlio Bradley Cooper (sorprendente come non è mai stato finora), o tra quest'ultimo e la vincitrice al premio Oscar Jennifer Lawrence, come funzionano anche i messaggi finali che vengono dati al pubblico: è sempre bello riuscire a trovare un lato positivo in un mare di cattiveria che ci inabissa sempre di più verso una pericolosa apatia e bisogna sempre sforzarsi per dare il massimo sperando che prima o poi possa arrivare qualcosa di buono. Ciò che però non torna è la direzione verso la quale si proietta il film: inizia come se fosse Qualcuno volò sul nido del cuculo per concludersi però come una qualsiasi commedia romantica e i personaggi si dimenticano dei loro problemi giocando a fare Footloose e sorvolando bipolarità, traumi di mariti morti e quant'altro con una scrollata di spalle fastidiosamente superficiale. Il risultato è una analisi bellissima e spiazzante nella prima metà del film di tutti questi protagonisti e dei loro problemi sia nella loro interiorità che tra di loro, ma una chiusa finale che abbandona tutto questo per fare in modo che l'happy ending prevalga sul resto. Scelta certamente coerente per questa determinata storia, che però si presta molto meglio alla sua controparte narrativa piuttosto che al grande schermo, lasciando quindi lo spettatore non sempre soddisfatto dal lavoro tecnico di Russell, impeccabile nella prima parte ma altalenante all'interno del secondo atto, conseguenza di un similare calo reperibile anche nella sceneggiatura, la quale porta anch'essa la firma dell'autore. Rimangono sempre al top però tutti gli altri comparti tecnici, inclusa la fotografia Masanobu Takayanagi, le sempre belle musiche di Danny Elfman e l'ottimo montaggio ad opera di Jay Cassidy e Crispin Struthers, senza contare i caratterizzanti costumi firmati da Mark Bridges, che rendono ancora più intriganti i personaggi vestendoli nel modo più congeniale alla loro psicologia e alla loro patologia. Insomma un film che alla fin fine non si può odiare, ma dal quale ci si poteva aspettare molto, ma molto di più di un finale buonista e frettoloso, raccontato nel modo più semplice che potesse esserci ed elogiato troppo presto da una critica cinematografica che sta disperatamente cercando un capolavoro completo in questo 2012/13 che, almeno fino a questo momento, ha sfornato tante buone idee mai sfruttate appieno fino alla fine.


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