Lo dico subito, a scanso di equivoci: The Iron Lady non è un film politico. La pellicola che ripercorre in un susseguirsi di ricordi la vita di Margaret Thatcher è piuttosto la ricostruzione delle difficoltà di una donna abituata da sempre a lottare e disposta a sfidare l’establishment (tipicamente al maschile) del partito conservatore, mai restia a prendere – da primo ministro – decisioni impopolari negli anni convulsi delle crisi energetiche, del declino economico del Regno Unito e degli attentati dell’IRA. Scelte drastiche, talvolta (a suo modo di vedere) inevitabili come la Guerra delle Isole Falkland. Ma il film diretto da Phillida Lloyd evita qualsiasi commentismo celato. Al contrario a emergere è il lato umano di una delle più importanti figure politiche dei nostri tempi. La Thatcher – interpretata magistralmente da Meryl Streep – sembra piuttosto una moglie ancora alle prese con l’elaborazione del lutto a seguito della scomparsa del marito Denis, impresa resa ancora più ardua dalle sue precarie condizioni di salute. Non c’è alcuna pretesa di stabilire quanto di buono (o di negativo) sia stato fatto nei suoi undici anni di governo. C’è però l’intenzione, questa sì, di offrire allo spettatore un ritratto il più possibile coerente di una personalità incredibilmente influente, nonché protagonista indiscussa di eventi epocali quali la fine della Guerra fredda.
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Lo dico subito, a scanso di equivoci: The Iron Lady non è un film politico. La pellicola che ripercorre in un susseguirsi di ricordi la vita di Margaret Thatcher è piuttosto la ricostruzione delle difficoltà di una donna abituata da sempre a lottare e disposta a sfidare l’establishment (tipicamente al maschile) del partito conservatore, mai restia a prendere – da primo ministro – decisioni impopolari negli anni convulsi delle crisi energetiche, del declino economico del Regno Unito e degli attentati dell’IRA. Scelte drastiche, talvolta (a suo modo di vedere) inevitabili come la Guerra delle Isole Falkland. Ma il film diretto da Phillida Lloyd evita qualsiasi commentismo celato. Al contrario a emergere è il lato umano di una delle più importanti figure politiche dei nostri tempi. La Thatcher – interpretata magistralmente da Meryl Streep – sembra piuttosto una moglie ancora alle prese con l’elaborazione del lutto a seguito della scomparsa del marito Denis, impresa resa ancora più ardua dalle sue precarie condizioni di salute. Non c’è alcuna pretesa di stabilire quanto di buono (o di negativo) sia stato fatto nei suoi undici anni di governo. C’è però l’intenzione, questa sì, di offrire allo spettatore un ritratto il più possibile coerente di una personalità incredibilmente influente, nonché protagonista indiscussa di eventi epocali quali la fine della Guerra fredda.
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