Enrico Negrotti incorre in molte imprecisioni nell'informare i lettori di Avvenire (19.12.2010 - pag. 14) circa le "nuove indicazioni per l'assistenza alla gravidanza fisiologica [...] predisposte da un ampio gruppo di esperti sotto la responsabilità di Alfonso Mele (Istituto superiore di sanità, Iss) e coordinati da Vittorio Basevi (Centro per la valutazione dell'efficacia dell'assistenza sanitaria - Ceveas - della Ausl di Modena) e Cristina Morciano (Iss)". Si tratta delle 208 pagine della Linea Guida 20 che il Sistema nazionale per le linee guida ha pubblicato a novembre, dalle quali il Negrotti pesca a cazzo, commentando a cazzo.
"Gli esperti designati dal ministero della Salute indicano la necessità di ridurre la diagnostica invasiva (amniocentesi e villocentesi), ma allargando il percorso di ricerca di feti con sindrome di Down (Sd) anche alle donne sotto i 35 anni di età". In realtà, gli esperti affermano che le donne entro 13+6 settimane" (pag. 125); e una dozzina di pagine prima che "l'individuazione in una fase precoce della gravidanza di anomalie fetali consente alla donna di prepararsi psicologicamente alla nascita del bambino, di organizzare il parto in una struttura con rapido accesso nel periodo neonatale a prestazioni specialistiche o a cure palliative, di eseguire eventuali terapie intrauterine o di riflettere sulla decisione di interrompere la gravidanza" (pag. 111). "la cariotipizzazione mediante prelievo di villi coriali o amniocentesi è l'indagine che, con certezza, consente di diagnosticare un feto affetto da sindrome di Down. Gli accertamenti ecografici e/o sierologici forniscono invece una stima del rischio. La cariotipizzazione e pertanto considerata l'indagine gold standard" (pag. 121): come se ne dedurrebbe "la necessità di ridurre la diagnostica invasiva" intuita dal Negrotti? Mistero. Tanto più che poche pagine dopo si legge che "il percorso per la diagnosi prenatale della sindrome di Down deve essere offerto a tutte
Interrompere la gravidanza non è esclusa dalle finalità dello screening diagnostico ed è messa fra "le decisioni che devono essere prese dalla donna" (pag. 111), sicché si raccomanda di evitare di "ritardare la diagnosi di anomalie fetali e di conseguenza non concedere alla donna l'opportunità di valutare le diverse opzioni" (pag. 118), "in modo che possa compiere una scelta riproduttiva consapevole (proseguire o meno la gravidanza)" (pag. 120). Dettagli che non sfuggono al Negrotti che infatti dà voce a un genetista dell'Università Cattolica e a un ginecologo del Policlinico "Gemelli" che da copione stigmatizzano la libertà di scelta della gravida. Il fatto è che la Linea Guida 20 avverte in apertura che le linee guida sono solo "raccomandazioni di comportamento" e che "possono [non debbono] essere utilizzate come strumento per..." ( avantesto, I), e dunque non dispongono, ma propongono: i medici cattolici, volendo, potranno sconsigliare ogni diagnostica, anche tutte. Il Negrotti, invece, tende a mostrarsi ansioso come avesse sotto gli occhi vere e proprie vessazioni.
Non è tutto. L'articolo del Negrotti ha per titolo un proditorio "In gravidanza meno esami...", che non corrisponde alla sostanza della Linea Guida 20, "... e più lavoro alle ostetriche", che vi corrisponde ancor meno. In realtà, si raccomanda di razionalizzare gli esami diagnostici per classe di rischio e ci si limita a suggerire, come "raccomandazione alla ricerca", di effettuare "studi clinici controllati per valutare l'efficacia dell'assistenza alla gravidanza fisiologica fornita da figure professionali diverse".
E il lavoro del Negrotti è quello di informare.