I documenti più preziosi della grandezza e dell’intelligenza umana sono contenuti nella testimonianza implicita nella storia di ogni popolo. La scultura, la pittura, l’artigianato, l’agricoltura, l’edilizia ed il commercio hanno da sempre descritto le caratteristiche e lo spessore di un popolo, la sua capacità di crescere, evolversi e progredire. L’uomo con le sue mani trasforma la materia, crea, modifica, modella e realizza; è proprio attraverso le mani che lo spirito della persona, inteso come “intelligenza, passione e creatività”, si manifesta divenendo opportunità di conferma personale e dono per tutti. Le mani quindi non solo come strumento meccanico di manipolazione della materia, ma come propaggine della mente, organo di senso e veicolatore sensibilissimo di emozioni, sentimenti, abilità ed energia creativa. Ma anche opportunità formativa del pensiero e della mente grazie alle sensazioni molteplici veicolate dal tatto, del contatto e la manipolazione che favoriscono conoscenza e padronanza della materia stessa aumentando nella psiche la capacità di prevedere e di gestire. Il rapporto con la vita passa attraverso di esse, e non a caso, la prima e più spiccata attività motoria del piccolo dell’uomo si realizza nei continui frenetici movimenti delle manine alla ricerca del contatto col mondo. In questa nostra epoca, caratterizzata dal culto dell’apparenza e dell’immagine, i giovani, ma anche i meno giovani, non prendono nemmeno in considerazione l’idea di svolgere una professione o lavoro manuale. I pregiudizi a proposito sono tanti e quasi tutti riconducibili ad una immagine sociale di serie B. Il lavoro manuale è associato alla fatica e la sporcizia, non fa tendenza. Si preferisce un lavoro da scrivania stressante, monotono, ripetitivo e mal pagato piuttosto che un lavoro manuale. Manca una sana educazione al lavoro inteso come prerogativa e privilegio dell’uomo, mancano enti sociali capaci di promuovere il vero bene dell’individuo e dell’intera comunità. I ragazzi, nell’età della formazione e lo sviluppo, non vengono adeguatamente formati e informati sul valore di una professione non intellettuale, i media promuovono ed enfatizzano immagini di giovani felici, ricchi, in cravatta e davanti ad una scrivania. La crisi economica, la disoccupazione, il precariato, sono sì la conseguenza di errori nella politica economica di un paese, ma anche, e forse soprattutto, conseguenza della perdita progressiva della capacità di lavorare. Le mani si sono fermate divenendo sempre più goffe, l’esplorazione e la manipolazione della materia sempre meno praticata, la conoscenza pratica sempre più isterica e scollata dalla concretezza dei processi. L’uomo teorico rischia di incartarsi nelle sue conoscenze astratte, rischia di impoverirsi in termini di padronanza, senso pratico, conoscenza concreta, logica, intuizione, capacità di problem-solving e capacità di autonomia; la psiche imbavagliata dell’uomo dei nostri tempi produrrà ignoranza, estraneità e senso di impotenza rendendo la persona sempre più ansiosa, dipendente dagli altri e bisognosa di danaro quale unico surrogato possibile per lenire il senso di impotenza personale.