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Il lavoro (in senso stretto)

Creato il 25 settembre 2011 da Rory

Il lavoro (in senso stretto)

Questo post nasce da due spunti

  • Un simpatico commentatore che mi dice che devo andare via di casa.
  • L’altro giorno ho letto su un blog (che non citerò semplicemente perché non ricordo di chi fosse) “Si può disprezzare il lavoro anche di questi tempi in cui il lavoro non c’è, perché il lavoro non è una cosa bella, non è divertente, è fatica”
Questione numero uno: ma dove vado? Caro commentatore, io me ne andrei veramente volentieri. Ma ti invito ad aprire un qualsivoglia giornale per capire che no, non c’è molto lavoro per noi gggiovani, sia in Italia che all’Estero, a causa di una cosa che si chiama “crisi economica”. Uno dei settori, tra l’altro, più colpiti, è quello del giornalismo. Strano ma vero. Perciò o fai il freelance, tirando a campari per un po’ in attesa di qualche buona occasione, o è meglio che cambi mestiere. Per il momento sono già fortunata ad avere un tetto sulla testa, al resto penseremo dopo.  Ad ogni modo, se hai qualche lavoretto per me, rendimene partecipe! Questione numero due (che è più filosofico): con la disoccupazione che c’è, penso proprio che disprezzare il lavoro sia una specie di peccato mortale. Ora percarità, mi rendo conto che avere un lavoro che si ama veramente spesso è difficile se non impossibile, però resta comunque un lavoro che ci consente di vivere, quindi non mi pare cosa buona e giusta il dileggiarlo pubblicamente. Detto questo, io amo il mio lavoro. E’ faticoso, a volte non da soddifazione ma io lo amo. Per me è divertentissimo, non mi pesa affatto. Forse sono fortunata, forse non mi rendo conto di quello che dico, però è così. E la penso così anche perché recentemente mi è successa una cosa non piacevole. Mi lamentavo con un mio collega di quanto mi sfruttassero (senza retribuirmi) in un giornale con cui collaboravo. Alchè questo mi fa “Almeno sei fortunata. Io per fare il praticantato devo pagare di tasca mia i contributi.” Chiaramente questo è un paradosso dei nostri tempi. Si paga per lavorare, perché c’è chi strumentalizza la nostra passione. E su questo triste episodio, purtroppo, c’è ben poco da commentare. E voi che ne pensate? Vi dedico questa, frattanto che prendo accordi col suo booking per intervistarlo (evviva!).

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