Il lettering come mestiere. Intervista a Luca Barcellona

Creato il 22 febbraio 2011 da Nuamood

Alcuni giovedì fa sono stata all’inaugurazione della personale di Luca Barcellona un calligrafo e grafico milanese. I suoi lavori, che vi consiglio vivamente di andare a vedere, rimarranno esposti fino al 28 febbraio a Milano in una location non convenzionale: lo spazio di Mauro Bolognesi, circondati da oggetti di arredamento d'interni anni '50/'70 dal design unico, prevalentemente svedese e nordico, recuperati e restaurati. 

Luca Barcellona è un appassionato e un raffinato esperto dell’arte della calligrafia che insegna da alcuni anni con l'Associazione Calligrafica Italiana. Nel suo studio di Milano in via Pestalozzi, ricerca lo stile calligrafico adatto a veicolare un messaggio sia per committenze commerciali, che per propria esigenza artistica.

Ha lavorato a logotipi ed artwork per grandi brand (D&G, Carhartt, Zoo York, Nike, Eni) le sue collaborazioni spaziano dal cinema (sua è la calligrafia del film “Io sono l'amore” di Luca Guadagnino), alle case discografiche (Nina Zilli, Casinò Royale), alle committenze museali, per citarne solo alcune.

Le città sono sature di segni alfabetici che, oltre alla funzione ornamentale, sono portatori di significati, un’insegna luminosa, un cartellone pubblicitario o una tag ci parlano dello stile e della personalità del progettista. Le opere di Luca Barcellona si contraddistinguono per la ricercatezza e l’attenzione dei particolari, cerchiamo di capire cosa vuol dire occuparsi di questa disciplina nell’epoca del digitale.

Dal titolo della tua mostra “Take Your pleasure seriously” (una frase degli Eames) possiamo dedurre che il tuo lavoro è la tua passione, come nasce e qual é il tuo percorso? 

La passione che hai per una disciplina può diventare un lavoro, questo si. Immagino che il motivo possa essere ricercato nel termine stesso "passione", quindi qualcosa che ami incondizionatamente, che sei spinto a fare senza un motivo razionale. Se ti approcci ad un'attività senza i vincoli e la routine che un lavoro comporta, i risultati saranno frutto della tua voglia di esprimerti al meglio, senza filtri e imposizioni.

La mia storia con il lettering nasce così. Le lettere sono un elemento che c'è sempre stato nella mia vita, e credo sia difficile potermene separare completamente. Ad un certo punto tutto quello che facevo per me stesso, è diventato un lavoro; non mi è mai piaciuta la definizione "artista", piuttosto direi che sono un'artigiano. Ma non è un mestiere che si impara, dipende un po' da quello che ti interessa, c'è il calligrafo che fa solo gli inviti per i matrimoni, quello che fa type design, quello che produce solo opere artistiche. È una professione che ti devi un po' inventare, nessuno me l'ha insegnata, ne tantomeno mi avrebbero consigliato il lettering come mestiere alla scuola di grafica; "non c'è mercato", mi avrebbero detto, ma il mercato lo creiamo anche noi, con quello che proponiamo.

I riferimenti che ho nel mio settore, i maestri che da sempre ammiro, hanno creato caratteri tipografici che tutt'oggi chiunque usa nel suo computer, senza magari neanche saperlo. Hanno creato marchi e logotipi che fanno parte della nostra quotidianità, e questo mi affascina ed è il percorso che voglio proseguire. Quando vedo il logo Kleenex al supermercato penso a Saul Bass, ad un grande artista che sopravvive anche grazie a queste piccoli segnali. Ho sempre lavorato, anche se in altri settori, e continuo a farlo anche con la calligrafia, mettendo quello che so fare a disposizione di chi le richiede, stabilendo dei parametri. Questo può avere però delle controindicazioni. Perché subentrano la ripetitività, il rapporto con i clienti "difficili" o che non hanno cultura nel campo della grafica o del lettering (e parlo di addetti ai lavori…) ma in me vedono soltanto uno che può creare la confezione per ciò che devono vendere; questo può comportare lo snaturamento di quello che fai per fini commerciali. Allora diventa importante difendersi, ed equilibrare piacere e lavoro: per questo ho usato quella frase come titolo della mostra, racchiude tutto questo concetto in poche parole. Il lavoro commerciale deve necessariamente convivere con quello artistico, uno serve a riempirti il frigo, l'altro lo spirito: sono due necessità ambivalenti, non si può prescindere l'una dall'altra.

Cos’è per te la scrittura?

La scrittura rappresenta il mio tempo, i miei giorni, dove è rivolto il mio sguardo quando leggo il giornale o giro per strada. Non è per me una fissazione, so di doverla spesso tenere a distanza perché gli interessi da coltivare sono potenzialmente tantissimi. Ma per fare bene una cosa, devi dedicartici completamente; il lettering sono solo una parte della grafica e della comunicazione visiva, ma gli si può dedicare tutta una vita scoprendone aspetti sempre nuovi. Attraverso la scrittura ho potuto conoscere una rete di persone di cui ho molta stima e che ora fanno parte della mia vita, e ho potuto visitare luoghi che non conoscevo, quindi per me è anche sinonimo di incontro, di scoperta, di novità.

Quali sono i tuoi principali strumenti di lavoro e che rapporto hai con il computer?

Il computer è un buon amico, ma devi avere il controllo su di lui, non viceversa. Può velocizzarti molto il lavoro, specialmente in fase di layout. Ma da un po' di tempo vedo che passo davanti allo schermo sempre più tempo. Mi sono confrontato con molte persone su questo argomento, e vedo che è un problema comune. Si ricevono sempre più mail, link, distrazioni, che implicano tempo da dedicargli, e ti accorgi che hai passato più di mezza giornata senza prendere una penna in mano. Qui si perde il controllo sul proprio tempo, e si finisce per andare a casa chiedendosi "ma cos'ho fatto oggi??" Di base credo che manchi una educazione digitale condivisa da tutti. Una volta non ricevevi cento lettere al giorno, e rispondevi quando potevi. Ora sembra tutto urgente e in crescita, gli input si moltiplicano ma abbiamo la stessa capacità di accoglierli, quindi guardiamo tutto con superficialità, senza un contesto preciso, leggiamo notizie frutto di copia incolla senza avere un vero controllo sulle fonti. Non è come tenere in mano un libro, dove conosci chi l'ha fatto, quando è stato scritto, chi lo ha editato, cosa cè nella pagina precedente e successiva e quella che hai davanti, e sai com è fatta la copertina. Se cerchi qualcosa su google dovresti comprendere anche il contesto, altrimenti può essere un'informazione fuorviante, incompleta, e spesso inutile per fare dei collegamenti.

Tornando a me, vorrei passare più ore al tavolo da disegno, anche se è difficile in quest'epoca tenere il telefono spento e staccare la spina per concentrarsi. Il piacere della scrittura e il mio lavoro sono sulla carta, con l'inchiostro. Conosco le simulazioni delle tavolette grafiche, ne vedo le limitazioni e gli automatismi, e per ora voglio starne lontano. Spesso la mia mano ragiona meglio e più veloce di un computer. Guardando la scrittura, spesso ti dicono "caspita, sembra stampato!" È l'esatto opposto: i caratteri tipografici che vediamo sugli stampati si basano sulla calligrafia e il disegno manuale. La tipografia non è altro che la scrittura senza errori.

Il carattere tipografico esprime una sintesi dell’estetica visuale di un determinato periodo storico e di un gusto, come si impara a interpretare i significati di cui è portatore? 

La tipografia, come il design e l'architettura, deve riflettere e rappresentare il proprio tempo. Quando si sceglie un carattere, ci dev'essere un motivo filologico oltre che estetico. Alcuni caratteri da testo hanno 500 anni e la loro funzionalità è indubbia.

Hai qualche consiglio per chi si vuole avvicinare a questa disciplina?

Consiglierei di farlo seriamente, non da autodidatta, e sopratutto di capire se si è veramente motivati. E poi di prepararsi al mal di schiena e di trovarsi un buon oculista.

“Take Your Pleasure Seriously” in mostra fino al 28 febbraio 2011 da Mauro Bolognesi, Ripa di Porta Ticinese, 47 – Milano

Prime due foto di Matteo Ferrari


 

 

Manoscritto Regina Rania di Giordania - particolare


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