©2010 Fulvio Bortolozzo.
Ripubblico qui con grande piacere il testo critico che Nello Rossi ha voluto dedicarmi su Facebook.
Il libero arbitrio nel mirino.
(Cartoline a Ponzone)
Quello che colpisce subito, guardando le belle immagini di Fulvio
Bortolozzo, è l'omogeneità dello sguardo di chi le ha prelevate, che è
come dire che si riconosce lo stile: cosa non comune, quando l'immagine è
prelevata da un apparecchio fotografico.
Come ho scritto
commentando "Appunti per gli occhi (2009-2011)", l'album di immagini che
Fulvio Bortolozzo ci ha permesso di sfogliare il 16 dicembre 2013 in
Whe Do the Rest, io lo conoscevo quasi esclusivamente per i suoi suggestivi
"notturni", di cui due nuovi, visti nella raccolta di immagini, mi hanno
attratto particolarmente, richiamando alla memoria, come spesso mi
accade, altre immagini manuali egualmente suggestive. L'immagine
notturna di una via di Torino si è subito legata ai tanti apparentemente
algidi notturni di Paul Delvaux, mentre il gruppo di persone su una
collina con alle spalle Torino, suggerita da quella che avrebbe dovuto
essere la più grande sinagoga italiana ed è invece diventata il simbolo
della città dove Fulvio vive, mi ha subito colpito per la somiglianza
con "Die Erwartung" (L'attesa), il quadro similmente ambiguo dipinto
da Richard Oelze nel 1936.
Anni fa, in "La bacheca del Diavolo
digitale", una scheda allegata al saggio sulla rappresentazione del
sesso femminile, per la quale Ando Gilardi mi aveva regalato una forse
anche troppo entusiasta introduzione, partendo dall'analisi di quelle
che in fondo sono le poche pose, più o meno "oscene", che il fotografo
può chiedere alla sua modella di assumere, mi era venuto da riflettere
su quale sia, di fatto, il "libero arbitrio" a disposizione di chi
prende l'immagine. In breve: la scelta del soggetto, quella
dell'inquadratura, dove la libertà, pur con dei limiti, è piuttosto
grande; la scelta dell'intensità e della qualità della luce, intimamente
legata alla profondità di campo, un "concetto" del tutto estraneo ai
giovani "fotografi" col telefonino ma di sicuro uno degli "strumenti"
più propriamente fotografici, che può anche limitare la libertà
espressiva. Tutte queste risorse, a disposizione del "libero arbitrio"
del fotografo, si ritrovano, usate sapientemente, nelle fotografie di
Fulvio Bortolozzo: sono la cifra della sua abilità nel "fare fotografie"
che ne rendono riconoscibile la paternità, insieme a un'altra qualità
che un fotografo, degno di questo nome, dovrebbe sempre avere: l'onestà
dello sguardo che generosamente e democraticamente si mette a
disposizione di chi guarderà l'immagine. Perché, sempre in tema di
"libero arbitrio", la scelta più importante che si offre a chi ha deciso
di scrivere con la luce, vale a dire l'inchiostro scelto dal Dio
ebraico quale primo oggetto della sua creazione, è di servirsene per
aiutare sé stessi e gli altri a vedere.
Nello Rossi
Nelle immagini:
Fulvio Bortolozzo, Torino. da "Appunti per gli occhi (2009-2011)".
Richard Oelze, "Die Erwartung" (L'attesa), 1936.