Venerdì 19 ottobre è uscito il nuovo libro di Paolo Giordano, incentrato sulle vicende di un gruppo di soldati italiani in Afghanistan. All’unisono, tra venerdì e domenica, tutti i principali quotidiani riportavano recensioni positive del testo. Nulla da eccepire su Paolo Giordano, sulla sua fama, certo, però questo fuoco incrociato di voci non lo vorremmo confinato solo ai pochi nomi noti, provenienti dai soliti gruppi editoriali. Che dire allora di questo testo, in cui le guerre che vi si trovano sullo sfondo sono due? Pubblicato da un editore che da poche settimane ha mandato in libreria Boris Pahor, con Ivo Andric in arrivo, Il nostro uomo sul campo ha ottenuto un ottimo successo di critica e pubblica in Croazia, e ci ha conquistato dalle prime pagine.
Il protagonista è pervenuto quasi per caso nella redazione di un settimanale, e dopo una giovinezza passata all’insegna della leggerezza e dell’anticonformismo (più di facciata, che per convinzione) nonostante abbia vissuto gli anni dello sbriciolamento e di guerra della “ex Yugoslavia” conduce una esistenza tranquilla, anche se a volte qualche tarlo sul senso di tutto si insinua nella sua mente.
Fino a che il meccanismo si inceppa, e tutto torna in discussione: il cugino Boris, che grazie ai suoi favori è stato inviato come corrispondente di guerra in Iraq (ecco il secondo conflitto) non dà più notizie, e la vita di Tin, accusato di aver mandato allo sbaraglio il parente, prende una piega diversa.
Una vicenda che scorre fluida e si può osservare sotto molteplici punti di vista: il passaggio dal socialismo all’economia di mercato, la rottura con il passato, i passaggi dalla giovinezza all’età adulta, il tradimento degli ideali giovanili, il confronto tra i sogni e la realtà, e il paragone di queste quotidiane gioie e tribolazioni con quello che si può sopportare durante un conflitto.
Il tutto condito da folgoranti osservazioni, da una nota lieve di ironia, e dal doppio registro che l’autore sottopone al lettore, la vita in Croazia e le sensazioni che si provano in una zona di guerra.
Viene quasi da fare un paragone con un altro libro fresco di stampa, che invece ci ha deluso: L’equazione africana, di Yasmina Khadra. Un autore bravissimo, che in questa occasione vuole alzare il velo sull’equivoca e incongrua visione che gli occidentali hanno del continente africano: quasi però un testo che procede su binari che paiono scontati, mentre Robert Perisic lascia aperte molte più strade al filo conduttore del romanzo, che pure vuole gettare uno sguardo diverso a realtà che ci circondano, ma che ci sfuggono.
Robert Perisic, Il nostro uomo sul campo, Zandonai
traduzione di Elvira Mujcic
Zagabria, primavera 2003. Alla soglia dei trent’anni, Tin ha barattato il suo anticonformismo con una scrivania nella redazione di uno dei maggiori settimanali del Paese. La sua ragazza, Sanja, fa l’attrice, e la critica è compatta nel predirle una brillante carriera.
Sono già tre giorni, però, che Boris, un cugino a corto di soldi che Tin ha inviato in Iraq come corrispondente di guerra, non si fa vivo. Pur non sentendo la mancanza dei suoi reportage – deliranti cronache dal “cuore di tenebra” del tutto impubblicabili -, Tin inizia a preoccuparsi. E così anche sua zia, che però decide di affidare l’angoscia per il figlio scomparso alla stampa, facendo scoppiare uno scandalo. Esposto alla gogna mediatica, su Tin piovono accuse di ogni tipo, dal nepotismo alla negligenza professionale alla crudeltà, rendendo inevitabile il suo licenziamento. Ma finché il “caso Boris” non sarà risolto, non è solo alla scrivania che Tin si troverà a dover rinunciare…
Tra le pieghe di un romanzo travolgente e ricco di ironia, Robert Perisic è abile a inserire il caustico ritratto di una società paralizzata da difficoltà economiche e incertezze politiche, internamente disgregata ed eticamente confusa. Una società in cui sono tutti “sul campo”, anche se ciascuno a modo suo.
Robert Perisic (1969), nato a Spalato, è giornalista freelance e scrittore. Il nostro uomo sul campo è stato il libro più venduto del 2008 in Croazia, dove si è anche aggiudicato il prestigioso premio Jutarnji List. Perisic è considerato uno degli autori più talentuosi della sua generazione per la sua abilità nel catturare l’essenza di una società in rapida trasformazione attraverso i taglienti ritratti degli antieroi di cui è composta.