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Il libro del giorno: FINO ALLA FINE DEL GIORNO DI OSVALDO PILIEGO (LUPO EDITORE)

Creato il 11 ottobre 2011 da Stefanodonno

Il libro del giorno: FINO ALLA FINE DEL GIORNO DI OSVALDO PILIEGO (LUPO EDITORE)
Il pub di Settimio è l’approdo digenerazioni perdute, il punto d’incontro di storie confinanti, di solitudiniche annaspano nell’illusione di risolversi in cerca di una free way destinata arivelarsi una diàspora. Le radici si sgretolano insieme alla sassosa terrasalentina, incapaci di trattenere valori e tradizioni nell’incalzaredisordinato di tempi nuovi e non certo migliori. Luca, Francesca, Dora, zioFranco, Emanuele… dalle storie della famiglia Peschici e dalla costellazionedei personaggi che incrociano le vicende di Danilo emerge un quadro di gente avolte ignara di tradire se stessa, totalmente partecipe delle inquietudini edelle corruzioni che segnano l’oggi in modo globale, immersa in undisorientamento a mala pena illuminato da barlumi di autocoscienza e dai legamiaffettivi che hanno nutrito l’infanzia. Dal coraggioso e coinvolgente romanzodi Osvaldo Piliego esce il Salento oscuro, nascosto a chi insiste a rifugiarsiin una pizzica mitizzata come emblema di purezza primigenia; è la denuncia diuna penna “giovane” che, pur intrisa di nostalgia, rifiuta le panoramiche dacartolina per guardare ad occhi aperti la realtà e interrogarsi sui rischi cheessa comporta.
“SARANNO ORMAI DIECI ANNI. DOPOCHE IL MURO di Berlino è venuto giù la libertà ha scoperchiato la povertà.L’indipendenza, il crollo del comunismo fanno paura e la gente comincia ascappare. Solo nel 1991 ne sono arrivati 40.000. Albanesi, aggrappati a una speranzae a un barcone. Miracoli galleggianti, rosso ruggine che solca l’Adriatico earriva come il vento fin dentro le nostre case. Lo vediamo in televisione mabasta affacciarsi alla finestra e lo spettacolo è lì. E noi siamo iprotagonisti, forse per una volta siamo migliori, meno disperati. La tramontanaoggi ti spezza in due, niente buone nuove per la cervicale. Arriva la puzzadella discarica a cielo aperto di Cavallino, un monumento al meridione che nonfunziona, la nostra babele dello schifo. Franco Peschici è di volante come nonlo era da anni ormai, quella scrivania alla fine gli piaceva. Prima era tuttoazione e principi, poi la condizione impiegatizia gli ha dato sicurezzacullando la beata pigrizia che dopo i cinquanta monta come la marea. Carenza dipersonale, ferie, turni, cose dei giovani che ai tempi suoi neanche sipensavano. Prima sapevi quando montavi ma non sapevi mai quando finivi. Quandoaveva vent’anni e tornava a casa dopo il turno, quasi si dimenticava ditogliere il berretto dell’uniforme, tanto si era abituato. Mo’ ha pure lepantofole sotto la scrivania, ché la circolazione viaggia intasata. Troppimocassini, ha detto il dottore scherzando, e lui ripensava a quando l’orgogliodell’Arma, la gioventù, gli facevano sopportare tutto. A tutte le notti dapiantone, a sorvegliare il nulla a Otranto, alle simulazioni di guerra. Tuttafatica sprecata, pensava e ripensava tutte le mattine, ed è per questo cheaveva deciso di riposarsi, ormai, prima della pensione..”.massive attack

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