Operai, contadini, emigranti, sacerdoti, prostitute, turisti sono i personaggi di questa Italia dei poveri. Come già Virgilio e Dante, Giovanni Russo ci parla di un’Italia umile, costretta a muoversi in un orizzonte precario, ma non privo di speranza, e lo fa per dare luce ai volti anonimi di una nazione sommersa. L’io narrante non elegge a protagonisti del suo libro i grandi della Storia, ma le tute blu milanesi della Breda e della Falck, visita seminari e borgate, racconta l’esplosione urbanistica delle città, intervista abitanti dei carrugi di Genova e delle calli di Venezia, si diverte a seguire una colonna di turisti americani che scorrazzano per Roma a bordo di un autobus riservato: immagini che paiono tratte da pellicole cinematografiche, come Vacanze romane o La dolce vita. Leggendo queste pagine, è come se una nazione che fino agli anni Cinquanta era stata prigioniera di un antico e pesante letargo, adesso si fosse destata per entrare in un destino di modernità. Ne vien fuori un quadro che non soltanto contempla la condizione del ''mondo chiuso'' di Carlo Levi, ma annovera anche luoghi e abitudini del sottoproletariato tanto cari all’immaginario di Pier Paolo Pasolini e da un Mezzogiorno, dove il tempo continua a scorrere con la sacralità dei patriarchi biblici, ci si proietta a grandi falcate negli scenari industriali che, volendo riferirci a personaggi letterari, riempiono di tristezza i ricordi di un Albino Saluggia, caricano di speranza le notti di Antonio Donnarumma o di fantasie i gesti di Marcovaldo. Mantenendo fede a un’idea di scrittura testimoniale, Giovanni Russo continua a fornirci un ritratto di un Paese ingenuo e stralunato, candido e smaliziato, incantato e perverso, com’era in quegli anni e come ha continuato a esserlo fino a oggi.
Giovanni Russo è tra i maggiori protagonisti della vita culturale e giornalistica italiana. Nato a Salerno, inviato speciale del «Corriere della Sera», collaboratore de «Il Mondo» di Mario Pannunzio e delle principali riviste culturali a partire da «Nuova Antologia», ha avuto come impegno costante quello di documentare la situazione sociale del Paese: dalle vicende dei partiti, ai problemi del Mezzogiorno, fino alla condizione dei giovani nella scuola e nell’università. Tra i suoi libri Baroni e contadini (Premio Viareggio 1955), Perché la Sinistra ha eletto Berlusconi, È tornato Garibaldi, Le olive verdi – racconti dal Sud (Premio speciale Strega 2002), I cugini di New York, Con Flaiano e Fellini a Via Veneto e Dialogo su Dio: carteggio Croce – Curtopassi 1941-1952. Ha vinto anche il Premio Marzotto per il giornalismo 1965, il Premio Carlo Casalegno 1981, il Premio Pannunzio 1991, il Premio Mezzogiorno 1993 e il Premio Positano 1998 per il giornalismo civile.
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