Mentre il Nobel nigeriano Wole Soyinka è ospite di DEDICA, il festival artistico-letterario di Pordenone,quest'anno dedicato a lui, che si è inaugurato quest'oggi, non è male andare a cercare in libreria una copia della traduzione italiana de "Le Baccanti di Euripide", rivisitate appunto dal "nostro".
Come il martinicano e francofono Aimé Césaire ha riscritto, a suo tempo, con poche ma significative intrusioni "La Tempesta" di Shakespeare, così il nigeriano e anglofono Soyinka, discostandosi appena dall'originale, moltiplica le letture possibili dell'opera teatrale.
Dietro il suo Dioniso, infatti, s'insinua il profilo del potente dio nigeriano Ogun, e non manca l'aggiunta allusiva di un coro di schiavi, appena usciti da una rivolta sanguinosa.
Raffinato conoscitore della cosmogonia yoruba, uomo di lettere e di teatro, che non ha bisogno di presentazioni, Soyinka manipola con disinvoltura e sottile sarcasmo il dispositivo tragico greco.
Per lo scrittore il mito incarna un archetipo universale, patrimonio di tutti gli umani, e al tempo stesso la storia peculiare della comunità.
Un'opera insieme classica e trasgressiva, che vale comunque la pena di leggere.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)