Tre donne, tutte credenti nel Corano, di tre generazioni differenti e di tre Paesi islamici, dove la democrazia è inesistente al pari del rispetto dei diritti umani e le donne, in particolare, non hanno alcun diritto di parola di fronte al maschio che da padre è un padre-padrone, da marito anch'egli un nuovo padrone, all'eventuale fratello sempre padrone.
Marisa Paolucci, studiosa di problemi dello Sviluppo e del rispetto dei diritti umani, responsabile nel nostro Paese di "Telefono rosa", le ha incontrate e di esse ci racconta con il garbo, che le è consueto, le rispettive storie personali .
Storie, che vanno dal privato al pubblico, nei rispettivi diversi contesti storico-geografici, perché sono racconti di lotta serrata e di ostinazione ferma, nonchè di faticose strategie nei confronti del potere maschile, per ottenere una qualche possibilità di realizzazione umana ma sopratutto d'emancipazione professionale per il proprio futuro avvenire di persona.
Malalai Joya, afghana, la più giovane delle tre, è un ex-deputata.
Shirin Ebadi, iraniana, è premio Nobel per laPace.
Fatima Ahmed Ibrahim, sudanese, è invece la prima donna parlamentare d'Africa.
Di quest'ultima, tra l'altro, finora non c'era ancora alcuna pubblicazione in italiano, che potesse metterci in condizione di leggerne le vicessitudini di percorso.
La prefazione al libro è di Silvia Costa.
La lettura è gradevole proprio in quanto consente di mettere sotto la lente d'ingrandimento realtà lontane da noi e diverse. Senza sbavature di maniera.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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