Fahrenheit ha trasmesso ieri in diretta da ‘Piu’ libri piu’ liberi’, incoronando nel corso della puntata il Libro dell’Anno 2013, votato dai lettori e – da quest’anno – scelto dai librai indipendenti (quelli segnalati dal pubblico qui: http://bookadvisor.blog.rai.it/ ).
è ALBERI ERRANTI E NAUFRAGHI di ALBERTO CAPITTA, Il maestrale.
ECCO la nostra recensione di aprile, proprio su questo blog.
sarà un caso, forse no, ma questa settimana siamo sulle tracce dell’editore Il maestrale, di cui abbiamo ben parlato con il testo di Luigi Bernardi e con il libro del cuore della settimana. L’editore ci porta a conoscere un altro talento letterario sardo, la regione stessa dell’editore: Alberto Capitta. Recensendo il romanzo su Internazionale, Fofi ha così scritto dell’autore «il più originale dei nostri scrittori».«Non è realismo poetico quello di Capitta, ma qualcosa di più ampio e di più profondo, che spinge al paragone con il magistero femminile delle Morante, Ortese, Masino e Ramondino, o con i toscani di ieri da Palazzeschi a Lisi, tra gusto antico del romanzo-fiaba (con echi di Stevenson e Leskov) e l’esigenza di dire il più e l’oltre dell’esperienza attuale del mondo. In una visione che non esclude animali e piante, e che, d’invenzione in invenzione, torna a un umano intriso di natura – mai bamboleggiata e mai dimenticando la sua durezza – e alle prese con le costruzioni nefaste e mortifere delle società e di un’umana miseria antropocentrica».
È una Sardegna mai nominata, ma perfettamente percepita quella narrata. In questo spazio che avvertiamo popolato dalle presenze ancestrali dell’isola, si muovono e si incrociano i destini di tre famiglie, descritti con perfetta originalità e vivacità, “alberi erranti e naufraghi” nel percorso dell’esistenza, alle prese con perdite e assenze, con un personale rapporto con la natura che li circonda e la terra che li ha nutriti.
Alberi erranti e naufraghi,
Alberto Capitta, Il maestrale
In un’innominata ma riconoscibile Sardegna settentrionale i destini di tre famiglie si intrecciano scontrandosi e incontrandosi, perdendosi e ritrovandosi ancora. Tre famiglie molto diverse: gli Arca, i Nonne e i Branca. Piero e Giuliano Arca, padre e figlio, vivono soli oltre i margini della città in un casolare stipato di animali feriti che loro raccolgono e curano. In città risiedono i Nonne: il capofamiglia Sebastiano, una moglie sottomessa e due figli: Michelangelo, di cui poter andare fieri, militare di carriera e compagno di esaltate battute di caccia, ed Emilio, deprecato per le sue mollezze, le letture in solitudine nel chiuso della sua stanza, e per l’amicizia indecorosa con Giuliano Arca. Infine i Branca: Edoardo, notaio di lungo corso, e la figlia Maddalena, venticinquenne delicata e sensibile, che abitano nella villa della tenuta di famiglia – e sarebbe una convivenza di un’armonia perfetta se la ragazza non s’innamorasse di Michelangelo Nonne, passione di cui il padre della giovane non si capacita. Gli accadimenti ricevono una spinta prepotente quando Piero Arca scompare in una giornata di neve insanguinata dalla carneficina di tutte le sue bestie. Da qui inizia per Giuliano un lungo e allucinato viaggio alla ricerca del padre. Un viaggio nei luoghi del passato e in posti nuovi, abitati da una sconosciuta umanità bambina e carichi di esperienze che ricondurranno il ragazzo al punto di partenza, dove gli eventi potranno prendere una piega imprevedibile, rimescolando le sorti di tutti i personaggi che animano questo quarto romanzo di Capitta: la conferma di una sapienza stilistica e affabulatoria.