Ricky Cavallero di Mondadori, che lo scoglio sembra vederlo molto bene, parla di fasi: quella in cui ci si rende conto, quella in cui si capisce cosa non funziona più, anche se non si capisce ancora come si fanno i soldi, quella in cui ci si tranquillizza: “Ma tanto i libri non spariranno mai, non cambia niente”. Dite la verità, è quello che state pensando anche voi?
”E no!” dice Cavallero: “Altrochè se spariranno e nell’immediato futuro. I costi di produzione e distribuzione spariscono. Questo mondo è finito!”
Per essere in pericolo poi, bisogna stare sul Titanic e alcuni a Rimini, nei tre giorni dell’Ebook Lab (dal 3 al 5 marzo), si sono accorti di esserci. Ogni tanto salivano dalla sala le grida dei feriti.
Un signore che lavora in ambito bibliotecario ha dichiarato, dopo l’intervento di Giovanni Solimine (professore di biblioteconomia): “Sono depresso, sono molto depresso. E che si fa delle 16.000 biblioteche che ci sono in Italia? Che sono più degli uffici postali!” Di certo sarà rimasto sgomento quando Antonella De Robbio (esperta bibliotecaria) ci ha chiesto: “Ma cosa presto, cosa rivoglio indietro? Un file? Un ebook reader? Si presta qualcosa che torna indietro: il file lo presto, o lo distribuisco? E finché quel libro è fuori non posso darlo a nessun altro?”
Un altro si è alzato dopo che Max Whitby ci ha stupito con effetti speciali e ha dichiarato: “Lei mi ha fatto sentire tutto il peso dei miei 70 anni!”
E poi c’è la storia di una legatoria del Piemonte che ha assunto due programmatori e come due killer li ha inviati al convegno per vedere se c’è qualcosa da fare, qualcosa da salvare. Una legatoria con 30 dipendenti. I program-matori sono lucidissimi sulla triste sorte che aspetta l’azienda, non- ché la carta (e secondo loro è morta persino la narrativa…), ma chissà che non s’inventino qualcosa per limitare i danni. Certo non è facile. Soprattutto per quelli che nella filiera ci lavoravano prima (ora). E’ un po’ come se una fabbrica di piastrelle dovesse trasformarsi in un’industria pasticcera. Sarebbe meglio ricominciare da zero, altrimenti si rischierebbe di passare tutto il tempo a pensare come trasformare le piastrelle in torte.
Insomma con l’arrivo dell’ebook tutta una serie di mestieri sono a rischio: editori, librai, bibliotecari, tipografi, rilegatori, etc. Al loro posto si delinea una nuova figura professionale ma i suoi contorni sono sfumati. Un misto fra l’editore che seleziona e corregge, il bibliotecario che presta, il libraio che vende e consiglia, ma il tutto avviene sul web con libri senza pagine.
Ecco il numero dei titoli disponibili nei vari paesi:
Usa: 1 milione
Regno Unito: 500 mila
Germania: 100 mila
Francia: 50 mila
Italia: 7 mila
In Italia il prezzo medio di un ebook è di 8 euro. Il mercato è lo 0,0… di quello di carta (rettifico quanto scritto in precedenza su questo giornale). Perciò noi siamo tremendamente indietro. A sentire Marco Ferrario di BookRepubblic, il mercato non crescerà finché resterà sotto la soglia dei 50.000 titoli.
Leonardo Chiariglione (direttore Cedeo) sostiene che siamo un paese troppo piccolo per diventare un campo di battaglia di tecnologie, così come nel XVI secolo lo eravamo di eserciti stranieri. Ci sono oltre 20 formati possibili. E’ necessaria una standardizzazione.
Inoltre, come nota Renato Salvetti di Edigita, per ora i lettori sono ancora troppo cari e i file sono pieni zeppi di errori: nel paragone col libro tradizionale, gli utenti dicono che l’ebook fa schifo. Ma nel giro di tre anni avremo tutti gli schermi con la qualità della carta. Tra poco si potrà anche utilizzare la ricarica solare e quindi la durata della batteria sarà infinita.
Prima ancora delle guerra dei formati c’è quella tra i dispositivi (device) per leggere: da una parte ci sono i retroilluminati, come l’iPad, che sono normali computer e danno fastidio agli occhi; dall’altra ci sono i reader non retroillimanti, creati apposta per leggere.
Ricky Cavallero vuole tirar fuori dal business tradizionale la cassa per finanziare il business nuovo. Dice che non si possono usare le strutture organizzative dell’impresa: è neces- sario un cambio di mentalità e di organizzazione. Visto che non venderà più libri, ma contratti di licenza, alla fine afferma: “Non sono più un editore, divento una biblioteca”.
Ma cos’è un libro digitale? Cosa deve poter fare, in cosa si differenzia da un libro di carta, che cosa ci aspettiamo e pretendiamo che faccia?
Ci si aspetta che abbia le stesse caratteristiche del vecchio libro, perciò bisogna poterlo leggere, annotare, sottolineare, prestare e altro ancora… stranamente una delle caratteristiche che rende la gente più nostalgica è l’odore. Quando parli dell’ebook c’è spesso una reazione di rifiuto: “Io non potrò mai perché i libri mi piace toccarli, mi piace l’odore… ”. Perciò l’ebook, oltre a tutto il resto, dovrà essere gradevole al tatto e avere un buon profumo di carta.
Ma nuove funzioni si aggiungono alle vecchie, come la socializzazione. Il libro diventa qualcosa da condividere, di cui parlare, da leggere insieme, commentare e citare nel social discuss. L’esperienza del libro è sociale e questo aspetto può essere meglio utilizzato e potenziato nell’era dei social network. La componente sociale del condividere una passione è importante.
E poi c’è la caratteristica più evidente e strabiliante: la possibilità di avere un’intera biblioteca su un dispositivo: un lettore che contiene 3.500 libri come niente fosse.
Per avere un’idea della repentinità del cambiamento basti pensare che a New York un anno e mezzo fa di ebook non se ne vedevano (l’iPad neanche esisteva), mentre ora tutti girano con le tavolette.
Altro parametro di repentinità sono i libri di testo. Dal prossimo anno in Italia non si potranno più adottare libri di sola carta: o misti, o solo digitali. Un ultimo raffronto: su Amazon, il più grosso venditore mondiale di ebook che controlla il 76% del mercato americano, nei primi mesi dell’anno c’è stato il sorpasso: vendono 143 ebook per ogni 100 libri di carta.