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Il libro #NarcoGuerra recensito su Corriere.It

Creato il 09 luglio 2015 da Vfabris @FabrizioLorusso

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(Link all’originale della recensione ai libri NarcoGuerra e Ni vivos ni muertos su Corriere.It) Se ne parla troppo poco, specie in Italia. I riflettori dei media hanno illuminato le piaghe del Messico dopo la notte maledetta del 26 settembre 2014, quando 43 studenti della scuola rurale di Ayotzinapa sono stati rapiti e, secondo la barcollante versione ufficiale, assassinati. Ma presto ce ne siamo dimenticati. Eppure in quel Paese infestato dai trafficanti di droga, oltre che oppresso da un apparato pubblico violento e corrotto, è in corso un’autentica guerra con oltre 100 mila morti, ai quali vanno aggiunti quasi 30 mila desaparecidos, scomparsi nel nulla, come in Argentina ai tempi della giunta militare. E le atrocità non hanno nulla da invidiare alla ferocia del Califfato: torture, decapitazioni, cadaveri esposti per strada o lasciati a penzolare dai ponti.

Chi volesse approfondire l’argomento ha ora a disposizione due libri scritti da giornalisti italiani che vivono in Messico da parecchi anni. NarcoGuerra di Fabrizio Lorusso (Odoya) è una ricognizione a vasto raggio nell’universo dei trafficanti di droga, zeppa di nomi, mappe, fotografie. Si sofferma sui criminali e sulla subcultura che fiorisce intorno a loro, dalle canzoni celebrative al culto idolatra della Santa Muerte, ma anche sulla corruzione dei politici, sul femminicidio di massa, su una giustizia ridotta a «fabbrica dei colpevoli», sui movimenti sociali che alimentano la speranza in un futuro migliore. Diversa la prospettiva adottata da Federico Mastrogiovanni: il suo Ni vivos ni muertos (DeriveApprodi), come suggerisce il titolo, si concentra sul fenomeno dei desaparecidos, che imputa alla polizia, all’esercito e alla classe dirigente forse ancor più che ai cartelli del narcotraffico.

Ricco di testimonianze toccanti, il libro di Mastrogiovanni nota che la falcidie spesso appare causale. Le autorità e la stampa tendono a «criminalizzare le vittime», collegandole alle attività della malavita, ma di solito queste illazioni «non hanno alcun fondamento». La tesi dell’autore è che sia in atto una «strategia del terrore», volta a fiaccare le potenziali resistenze allo sfruttamento delle risorse minerarie messicane da parte delle imprese multinazionali che godono di un rapporto privilegiato con il governo.

Bisogna tuttavia aggiungere che in quelle pagine si respira un clima di violenza endemica e diffusa, non tutta riconducibile al potere o ai narcotrafficanti. Per esempio Mastrogiovanni mostra che gravissimi abusi contro i migranti in viaggio verso gli Stati Uniti sono spesso perpetrati da «semplici cittadini, o famiglie intere», che derubano, sequestrano e stuprano senza appartenere necessariamente «a un’organizzazione criminale».

Nella storia del Messico purtroppo lo spargimento di sangue non è mai mancato. Anche per questo si è rivelata perdente la linea indirizzata a ripristinare l’ordine con una stretta repressiva, inaugurata dall’allora presidente Felipe Calderón nel dicembre 2006. Forse sarebbe più sensato rivedere, almeno in parte, la legislazione proibizionista in fatto di stupefacenti. Di certo, osserva Lorusso, la maniera forte da sola non paga: senza il rispetto dei diritti umani, necessario per «ricostruire il tessuto sociale e la credibilità delle istituzioni», non se ne esce, «nessuna lotta ai cartelli e alla criminalità organizzata è possibile». Sono parole che ricordano i moniti di Leonardo Sciascia sulla mafia. Così come i mali del Messico ricordano per alcuni versi i guai italiani, sia pure elevati all’ennesima potenza.

Fabrizio Lorusso, NarcoGuerra. Cronache dal Messico dei cartelli della droga, prologo di Pino Cacucci, Odoya, 2015, pagine 414, € 20

Federico Mastrogiovanni, Ni vivos ni muertos. La sparizione forzata in Messico come strategia del terrore, prefazione di Gianni Minà, prologo di Jaime Avilés, DeriveApprodi, 2015, pagine 175, € 17

di Antonio Carioti

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