Il limoncello di Sorrento nasce da una ricetta sobria e genuina, arricchita da acqua, alcool e zucchero.

Da Marisa

La buccia gialla e rugosa del limone è l’ingrediente essenziale della sua fortunata produzione. Il limoncello nasce così, da una ricetta sobria e genuina, arricchita da acqua, alcool e cucchiaiate di zucchero.

La preparazione è semplice ma meticolosa: se osservata alla lettera, in poco meno di tre mesi, il tradizionale liquore giallo sarà pronto ad essere gustato come aperitivo o digestivo, prima o dopo i pasti.

La storia del limoncello si snoda attraverso una serie di aneddoti e leggende. La sua paternità se la contendono i sorrentini, gli amalfitani e i capresi. In un fazzoletto di chilometri, tre popolazioni si vantano di una produzione di limoncello tramandata da svariate generazioni. A Capri, qualcuno sostiene che le sue origini siano legate alle vicissitudini della famiglia dell’imprenditore Massimo Canale che, nel 1988, registrò per primo il marchio «Limoncello».

Il liquore nacque proprio agli inizi del 1900, in una piccola pensione dell’Isola Azzurra, dove la signora Maria Antonia Farace curava un rigoglioso giardino di limoni e arance. Il nipote, nel dopoguerra, aprì un’attività di ristorazione proprio nelle vicinanze della villa di Axel Munte. La specialità di quel bar era proprio il liquore di limoni realizzato con l’antica ricetta della nonna. Nel 1988, il figlio Massimo Canale avviò a sua volta una piccola produzione artigianale di limoncello, registrandone il marchio. Ma in realtà, anche a Sorrento ed a Amalfi, fioccano leggende e racconti sulla produzione del tradizionale liquore giallo. In costiera, ad esempio, la storia narra che le grandi famiglie sorrentine, agli inizi del 1900, non facevano mai mancare agli ospiti illustri un assaggio di limoncello, realizzato secondo la tradizionale ricetta.

Ad Amalfi, c’è chi sostiene addirittura che il liquore abbia origini molto antiche, quasi legate alla coltivazione del limone. Tuttavia, come spesso accade in queste circostanze, la verità è nebulosa e le ipotesi sono tante e suggestive. Qualcuno sostiene che il limoncello veniva utilizzato dai pescatori e dai contadini al mattino per combattere il freddo, già ai tempi dell’invasione dei saraceni. Altri, invece, ritengono che la ricetta sia nata all’interno di un convento monastico per deliziare i frati tra una preghiera e un’altra. La verità, forse, non la sapremo mai. Ma al di là di questioni squisitamente campanilistiche, il tradizionale liquore giallo varca da decenni le frontiere, conquistando i mercati di mezzo mondo. Bottiglie di limoncello sono presenti negli scaffali dei market d’oltreoceano, e nuovi importanti scenari commerciali si stanno sviluppando sui mercati asiatici.

Il limoncello, dunque, rischia davvero di diventare un prodotto di caratura mondiale alla pari del Bitter o dell’Amaretto. E per difendersi dalle imitazioni, si è corso anche ai ripari, riservando alla produzione del caratteristico «ovale» sorrentino la denominazione di Indicazione geografica protetta (Igp). L’originale limone di Sorrento deve essere prodotto in uno dei comuni del territorio che va da Vico Equense a Massa Lubrense e nell’isola di Capri.

Il sistema di coltivazione è quello tipico e tradizionalmente adottato nella zona. La tecnica più utilizzata consiste nel coltivare le piante sotto impalcature di pali di castagno di altezza superiore ai tre metri. Per garantire la maturazione dei frutti, il fusto va tenuto al riparo dagli agenti atmosferici. La raccolta è effettuata solitamente nel periodo da febbraio ad ottobre: è fatta a mano, perché deve essere impedito il contatto diretto dei limoni col terreno.

Le caratteristiche principali del prodotto vanno ricercate nella forma ellittica e simmetrica, nelle dimensioni medio-grosse, nel colore della buccia giallo citrino. Ed è proprio la buccia l’ingrediente principale della produzione di limoncello: la scorza è infatti ricca di oli essenziali ed ha un’aroma molto deciso. Una volta accertata l’origine sorrentina del limone, si può finalmente procedere alla preparazione del liquore. Con pochi sani ingredienti, il limoncello può essere preparato anche comodamente da casa. I tempi tecnici si aggirano sugli ottanta giorni. Il limoncello, infatti, secondo la ricetta tradizionale, deve macerare per più di due mesi.

Nella scelta dei limoni, vanno preferiti quelli con buccia molto spessa. Proprio il clima mediterraneo della costa sorrentino-amalfitana garantisce la crescita di un limone con buccia grossa e profumata. Il primo step prevede il lavaggio del frutto in acqua calda e la spazzolata per ripulirlo da eventuali residui di insetticidi. In una brocca va versato dell’alcool, e aggiunti poi i pezzi di scorza aromatica ricavati dalla buccia.

Gli esperti consigliano l’utilizzo di alcool di buona qualità, anche per evitare che il liquore poi si trasformi in ghiaccio in freezer. Con la sistemazione della brocca coperta in una stanza buia o in una credenza, si conclude la prima fase di produzione. A temperatura ambiente, infatti, continuerà la macerazione della buccia e l’infuso assumerà lentamente l’aroma e il colore del giallo del limone. Dopo circa un mese di riposo, la preparazione prosegue con l’aggiunta di un pentolino di acqua e zucchero (prima portato in ebollizione e poi lasciato raffreddare) e dell’altro alcool. La brocca va poi nuovamente coperta e riposta nell’armadietto per un altro mese abbondante.

Dopo quaranta giorni circa, l’infuso va filtrato nelle bottiglie, scartando le bucce. Le bottiglie vanno immesse poi in freezer. Dal gusto unico e dall’aroma forma, il liquore va servito così, senza l’aggiunta di additivi e agenti coloranti. Il limoncello è un ottimo digestivo se servito freddo. Qualcuno lo preferisce a temperatura ambiente, magari mescolato in acqua tonica o champagne. Ultimamente, è in voga il suo utilizzo su gelati e macedonia. In Campania, nella terra principe della sua produzione, il limoncello chiude soprattutto il pranzo o la cena: è oramai diventato un rito sociale quasi al pari del caffè.

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