Magazine Cucina
La Vecchietta
Pensi sempre che ci sarà tempo . Tempo per gli acciacchi,per l'osteoporosi e per le dentiere. Pensi che gli anni passeranno lenti pur nella loro velocità. E non ti preoccupi,vivi incurante. Cosa t'importa di capelli grigi e femori barcollanti? Poi di colpo ti accorgi. Ti accorgi che ci sei arrivata. E lo vedi da uno sguardo alzato al cielo,da un tono di voce più astioso del solito. Signore e signori,la vecchiaia è arrivata. Sono giorni che mi risuona in testa un vecchio motivetto :”Il vecchietto dove lo metto,il vecchietto dove lo metto” Lo cantava la mia mamma mentre faceva il bucato nella fontana del paese. Il vecchietto dove lo metto era mio nonno. Pelle cotta dal sole e perennemente arrabbiato. Viveva in casa con noi,rendendo la vita impossibile a tutti. Mia mamma sbuffava e sopportava dicendo che “La vita l'è 'na rota:tocca a tutti prima o poi”. Lei il poi non lo vide mai. Se ne andò leggiadra una mattina di primavera. Sorriso eterno e ancora giovane. Un'uscita di scena clemente. La vecchiaia non l'aveva toccata e di lei era rimasta solo la scia della gioventù e il profumo di rosa. Il primo segnale era stato dimenticarsi di Stendardo,il mio gatto. Unica compagnia delle mie vuote serate (mio marito se ne era andato ormai anni fa in compagnia di Desdemona,affascinante badante di mia suocera. ),Stendardo era stato la croce e la delizia delle mie figlie .Perché davo da mangiare prima a lui che a loro ,perché mi preoccupavo più di pettinare il suo pelo piuttosto che fare i codini alle mie nipoti. Già,una casa di tutte femmine. Un posto dove manco il Diavolo in persona avrebbe messo piede! Ora Stendardo era solito fare una passeggiatina digestiva notturna nel terrazzo condominiale. Un'ora e poi andavo a chiamarlo. Quella sera non lo feci. Me ne andai tranquillamente a riposare. L'indomani mattina mi suonò il ragionier Giusti “Gilda le riporto il gatto. Sappia che se rifarà di nuovo la pipì sul mio zerbino,avviserò l'amministratore .E le farò scontare tutto:pipì,zuppa di cipolle e briciole post -prandiali sul mio balcone” Dannato ragioniere. Una spina nel fianco da vent'anni circa. Stendardo mi fissava astioso. Una ciotola di croccantini per fare pace e spiegare a me stessa perché. L'inconsueto era planato nella mia vita fatta di abitudini calde e rassicuranti. Poi fu un fornello lasciato acceso,il ferro da stiro su una camicia,un discorso ripetuto più del necessario. Io soprassedevo ,rimandavo l'incontro con la realtà. Mi rendevo conto che stavo mutando pelle come un serpente avariato (o inacidito secondo Stella,la mia terzogenita). Perché dirlo a gran voce era rendere reale il mio ingresso nel terzo stadio. L'ultimo stadio. La vecchiaia. La vecchietta dove la metto,dove la metto non si sa. E allora stavo zitta anche con me stessa.. Mica me l'aveva chiesto la vita cosa volevo. E di certo non volevo diventar vecchia. Pardon,anziana, che fa più chic. E allora stavo zitta. E più stavo zitta più la lingua mi si attaccava ai denti e non si muoveva più. Ecco,il silenzio. E le mie figlie accanto “Sarà la pressione,sarà la glicemia,saranno gli acidi urici” Non era niente,ero sana come un pesce. E ad ogni analisi ritirata cresceva il loro astio. Ma come non ha nulla?E allora? Allora niente,non volevo star più da sola. Mi piaceva vederle preoccupate per me,ansiose. Stavo presentando loro il conto di nottate ansiose,di ciucci,di biberon e pannolini sporchi..Presentavo il conto della solitudine. Tutte mi avevano abbandonato per sposare uomini che io vedevo solo a Natale,quando dietro ad un panettone rancido del discount ,nascondevano una mano tesa a raccoglier soldi “Tanto la vecchia ha preso la tredicesima” Gongolavo ad ogni lite,ad ogni muso lungo. La mia esistenza trasudava di vecchiaia ed egoismo. E di silenzio. Le guardavo e non parlavo. Mamma ma cos'hai? Niente,non ho niente. Ho solo tanta rabbia. Rabbia per quello che non ho vissuto,che non ho avuto,rabbia per quel demente (che possa esalare l'ultimo alito tra le cosce di Desdemona). Rabbia per la giovinezza delle mie figlie e per queste dita tremanti. Sto zitta,sta zitto il mio respiro. La vecchietta dove la metto,dove la metto non si sa. Fanno i turni le mie figlie. L'Assunta a colazione,la Maria a pranzo e l'Elide a cena. Mamma non si può andare avanti cosi. E che diamine,mica l'ho chiesto io di diventare vecchia. E mica mi hanno dato il libretto di istruzioni. Ieri correvo per prendere il tram oggi mi trascino a fatica dalla cucina alla camera da letto. Tutto in un attimo. Mamma vieni a casa nostra. Tre mesi qua,tre mesi là. Un pacco postale. Una raccomandata senza ricevuta di ritorno La vecchietta dove la metto,dove la metto non si sa. In ospizio mi hanno messo. Minestrone e pillole per la pressione. La vecchia che non parla mi chiamano. Ascolto le voci intorno a me. Ascolto quelle facce rugose lamentarsi del tempo,delle ossa e delle dentiere. Guardo le mie figlie arrivare,cupe come se dovessero sbrigare un compito di matematica. E andarsene con la stessa faccia che avevano durante l'ultimo giorno di scuola. Felici e sollevate. La vecchietta dove la metto,dove la metto ...si sa. In un angolo. In punizione. Per non aver vissuto abbastanza quando era il momento,per non aver sputato i noccioli delle ciliegie in testa al ragionier Giusti. Per non aver amato liberamente quando la carne era soda e liscia,per non aver gridato a squarciagola sulla collina delle Fate. In punizione. Per aver capito tardi che la vita non è quella che verrà. E' semplicemente il respiro di quest'attimo. Nulla di più. Nulla di meno.
Hummingbird Bakery ovvero una delle pasticcerie londinesi più famose .I loro cupcakes sono il trionfo della bellezza nonchè della bontà. Oggi vi propongo la più semplice delle loro torte ma anche quella che va a ruba nel loro negozio:il loaf al limone.Ottimo da solo,sublime se accompagnato da una tazza di ottimo Earl Grey.At five o' clock,ovviamente!!! Vi riporto le dosi indicate dai loro pasticceri,tra parentesi le mie modifiche (ho tolto un pò di burro e un pò di zucchero). Mi raccomando:fate anche lo sciroppo al limone.E' il valore aggiunto di questa preparazione!
Loaf al limone
320 gr zucchero superfino (io 200 gr ) 3 uova scorza grattugiata di due limoni 350 gr farina 1 cucchiaino e mezzo di lievito per dolci 1 cucchiaino di sale 250 ml latte (possibilmente intero) 1\2 cucchiaino di estratto di vaniglia 200 gr burro fuso (io 150)
per lo sciroppo al limone: 100 ml acqua 50 gr zucchero succo e scorza grattugiata di un limone
Preriscaldate il forno a 180 gradi. Lavorate lo zucchero,la scorza grattugiata dei limoni e le uova (aggiungendole una alla volta) con la frusta a foglia della planetaria.In alternativa utilizzate lo sbattitore elettrico. In un altro recipiente mescolate farina lievito e sale.Mescolate a parte latte ed estratto di vaniglia. Aggiungete al composto di uova e zucchero una parte della miscela di farina e mescolate.Versate anche una parte del latte alla vaniglia e lavorate ancora.Ripetete il processo in questa maniera fino ad esaurire tutti gli ingredienti,avendo cura di mescolare molto bene. Portate la planetaria o lo sbattitore elettrico alla massima velocità fino ad ottenere un composto omogeneo,leggero e soffice. Unire il burro fuso e amalgamarlo a bassa velocità. versare in uno stampo per plumcake imburrato e infarinato.fate cuocere a 180 gradi per 45 minuti circa(fate sempre la prova stecchino prima di tirar fuori la torta dal forno).
Per lo sciroppo allo zucchero: mentre cuoce la torta in un pentolino mescolate l'acqua,lo zucchero e il succo e la scorza del limone.Portare a bollore a fuoco basso.Alzare poi la fiamma e fate bollire il composto fino a che si sarà ridotto a metà (occorrerà ottenere uno sciroppo fluido). Sfornate la torta,appoggiate una griglia (va bene anche quella del forno stesso) sul lavandino,appoggiateci la torta tiepida e tolta dallo stampo. Versatevi sopra lo sciroppo (l'eccesso cadrà nel lavandino) e aspettate una decina di minuti
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