Foto tratta da monterosa4000.it
Al contrario di quello che qualcuno potrebbe pensare, il monte Rosa non deve il nome al suo colore bensì al toponimo valdostano roise che significa ghiacciaio o ghiacciato. In effetti da lontano, il monte Rosa appare proprio come un gigante bianco che sovrasta la Pianura Padana: lo testimonia la cinquantina di chilometri quadrati di ghiacci che ricopre le quattro valli italiane del massiccio. Tra questi una piccola porzione riguarda la Val Sesia che offre la possibilità di percorrere l’omonimo sentiero glaciologico della durata di un paio d’ore allestito dal Parco Naturale Alta Valsesia.
Il massiccio del monte Rosa conta ben diciannove cime superiori ai quattromila metri, tra cui la più alta è la Punta Dufour, situata in Svizzera, che raggiunge i 4.634 metri, mentre in territorio italiano il primato spetta a Punta Gnifetti a quota 4.554 metri. Qui si trova un piccolo rifugio alpino chiamato Regina Margherita che fu costruito grazie a una pubblica sottoscrizione tra i soci del Club Alpino Italiano dopo quattro estati di lavoro ed un costo complessivo di diciottomila lire. Era il 17 agosto del 1893 quando la capanna osservatorio più alta d’Europa venne visitata in anteprima dalla Regina Margherita alla quale il rifugio deve il nome. Insieme a lei salirono sulla cima del Rosa un gruppo di austeri nobiluomini, ufficiali degli alpini, montanari, dame di compagnia, guide alpine e persino, raccontano le cronache di allora, un cagnolino da salotto. Ricostruita nel 1979 la struttura oggi conserva più nulla dell’edificio originario che aveva consentito alla Regina d’Italia, grande appassionata di montagna, di dimostrare di quanto coraggio e audacia fosse capace, innalzando con le sue gesta il prestigio di Casa Savoia e spingendo l’èlite borghese ad emularla.
Foto tratta da macugnaga-monterosa.it
Il massiccio del monte Rosa, che già ai tempi dei romani era noto per l’elevata estrazione d’oro dalle sue pendici cessata definitivamente solo nel 1961, si dice sia visibile da almeno quindici milioni di cittadini in un tratto che dal centro del capoluogo torinese si propaga, nelle giornate più serene, sino al capoluogo lombardo. Fulcro dell’immigrazione walser del XIII secolo, riunisce sette valli, tre regioni e due nazioni e trova uno dei suoi punti più spettacolari nella parete est, conosciuta come l’Himalaya delle Alpi: uno scenario ineguagliabile che conquista ancora oggi la vista di appassionati ed esperti, come in passato ha fatto con viaggiatori mitteleuropei e d’oltre Manica.
E se tra i più illustri visitatori del monte Rosa ci fu Lev Tolstoj che nel giugno del 1857 soggiornò per alcuni giorni a Gressoney, in Valle d’Aosta, non bisogna dimenticare che a questo massiccio è legato un primato tutto italiano. Il monte Rosa fu infatti il luogo dove nacque l’alpinismo moderno otto anni prima della conquista del monte Bianco.
Tra le stranezze legate a questo monte e alle sue leggende va ricordata la credenza di alcuni studiosi riguardo al fatto che il Monboso descritto e scalato da Leonardo da Vinci sia stato proprio il Rosa, in seguito ritratto, secondo alcuni, sullo sfondo della Gioconda e della Vergine delle rocce.