Era stato Viale Mazzini a presentare un ricorso urgente (ex articolo 700 del codice di procedura civile). Nel ricorso, il servizio pubblico contestava il nome stesso del sito, che usa la parola “Rai”. Il magistrato riconosce che “Rai” è un marchio meritevole di protezione totale (visto che è stato creato addirittura nel 1954). Peraltro, la tv di Stato — negli anni — ha generato altri marchi combinati (come RaiWorld, RaiLab, Rai-Digit). Per questo, chi oggi lancia Raiwatch ingenera nel navigatore web la sensazione che anche questo sito sia una creatura di Viale Mazzini, mentre è uno strumento di critica politica.
Il Tribunale è chiaro. L’ordinanza non mette il naso nel diritto di Brunetta di fare la pulci alle reti pubbliche. Valuta solo il sito e la sua capacità di ledere le prerogative industriali di Viale Mazzini. Sempre il Tribunale osserva che Brunetta non è proprietario del sito, che fa capo a un fornitore di connessioni Internet di Ravenna. Fatto sta che il deputato ha indicato il sito come una sua arma politica e lo stesso fornitore ravennate giura di aver agito «su mandato» del parlamentare.
L’ordinanza — oltre ad oscurare il sito e ogni diramazione sui social network — trasferisce alla tv di Stato la proprietà provvisoria del dominio Raiwatch.it.
Aldo Fontanarosaper "La Repubblica"