Il settore agro-alimentare ha un ruolo fondamentale nell’economia mondiale e gli equilibri su cui si basa dipendono da fattori che sono in grado di influenzare i processi le scelte politiche di intere nazioni.
Da alcuni anni una questione che fa molto discutere è dei prezzi dei prodotti agroalimentari. A partire dal 2007 i prezzi mondiali di carne, cereali, latticini, olii e zucchero hanno subito due forti impennate, con gravi conseguenze, soprattutto sulle popolazioni rurali. Tuttavia non sono tanto le conseguenze che qui vogliamo discutere, quanto le cause dei due forti aumenti. Oltre alle speculazioni finanziarie e all’aumento dei costi di produzione, tra di esse c’è la crescente domanda di biocarburanti. I biocarburanti, infatti, creano un forte nesso tra il settore agro-alimentare e il settore energetico, dato che per la produzione di biodiesel e bioetanolo vengono impiegate produzioni agricole.
Il bioetanolo è prodotto dalla fermentazione di biomasse (prodotti agricoli ricchi di zuccheri), come i cereali. La produzione di questo carburante è legata per lo più a quella del mais statunitense e della canna da zucchero brasiliana. Il biodiesel, invece, è un combustibile ottenuto da grassi animali o olii vegetali e la sua produzione è legata a quella della colza in UE.
In una nostra ricerca, non ancora completata, appare una spiccata somiglianza tra l’andamento del prezzo del mais e quello del prezzo del petrolio. Questi prezzi aumentano o diminuiscono insieme:
Grafico 1:prezzo mais e petrolio-ott . 2006/lug. 2012 – dati FAO
Il fenomeno si spiega facilmente con l’utilizzo, sempre crescente, del mais nel mercato energetico. Il prezzo del mais, tra l’altro, non segue l’andamento dei prezzi di quei cereali che hanno solo una destinazione alimentare, umana o animale.
La produzione del mais per uso energetico, tuttavia, si pone in diretta concorrenza, in termini di acqua, terra e forza lavoro, con la porzione di mais destinata al mercato alimentare. Le conseguenze derivanti dalla duplice destinazione del mais sono numerose. Basti pensare che ad oggi un quarto della produzione statunitense e ben il 10% della produzione mondiale è destinata al mercato energetico;[1] nonostante il mais costituisca la base alimentare di vaste aree del mondo e sia un fondamentale mangime negli allevamenti. Nel 2008 Mitchell[2] ha mostrato che l’incremento della superficie agricola destinata alla produzione di mais ha avuto come diretta conseguenza un ridimensionamento delle superfici destinate alla coltivazione del frumento. Ciò ha determinato importanti pressioni sui prezzi non solo del mais ma anche degli altri cereali.
La convenienza nel trasformare prodotti agricoli in biocarburanti, in realtà, è per lo più legata ai programmi di sviluppo delle bioenergie promossi da USA e UE. Le principali politiche di sostegno riguardano agevolazioni fiscali e finanziamenti diretti per la produzione, la commercializzazione e il consumo. Ciò incentiva fortemente la produzione di bioenergie con gravi ripercussioni sui prezzi delle commodities agricole.
Il mais, in realtà, non è l’unica coltura utilizzata per la produzione di bioetanolo. Questo viene prodotto anche dalla canna da zucchero, con costi di produzione più bassi e con una produttività più elevata. Inoltre, al contrario del mais, la destinazione energetica di una parte della canna da zucchero non compromette l’adeguato espletamento della funzione alimentare.
I biocarburanti costituiscono un’importante alternativa ai tradizionali combustibili fossili e vantano, rispetto a questi ultimi, significativi vantaggi ambientali. Tuttavia non ci si può esimere da una domanda: a che prezzo? Infatti l’utilizzazione come biocarburanti di prodotti che sono fondamentali per l’alimentazione mondiale si presenta come un’arma a doppio taglio: da un lato essa riduce gravi problemi ambientali, ma dall’altro crea problemi sul fronte alimentare, sia per la riduzione delle coltivazioni, sia per la fluttuazione dei prezzi.
Le politiche economiche dovrebbero dunque tener conto delle problematiche innescate da una sfrenata produzione di biocarburanti. Esse dovrebbero indirizzare gli interventi verso piani capaci di limitare i danni derivanti dall’utilizzo di prodotti agricoli a destinazione energetica, incentivando la produzione di biocarburanti basata su colture non fondamentali per l’alimentazione umana e animale, e azioni in grado di non ridurre la superficie coltivata destinata al mercato alimentare.
[1] Jenifer Piesse and Colin Thirtle, “Three bubbles and a panic: An explanatory review of recent food commodity price events”, Food Policy, Vol. 34, 2009, pp. 119-29.
[2] Donald Mitchell, A note on rising food prices, World Bank, 2008.
Il mais: la nuova frontiera dell’energia? di di Anna Caterina Leucci