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Il Male

Creato il 19 maggio 2012 da Wsf

In un certo tempo della vita si incontra il Male, quello che si compiace di dare dolore come metodologia di potenza, indefinita e sparsa su ogni corpo o sentimento, in lunghezza, larghezza e profondità umana. Se si ha la grazia della fede, il Male si attribuisce allo spirito nero del demonio e si attende una giustizia immensamente superiore, se si è atei in spirito non c’è nessuna sovversiva forza oppiacea che plachi il dolore di esser entrati nel censo del Male. I corpi del mondo, o delle intelligenze o le altre nature che indicava Cartesio hanno smesso da tempo di cercare una natura perfetta, la perfezione di è imbruttita ormai e lesa e implosa sul silenzio tanto caro al “tengo famiglia” nazionale, che arriva puntuale e rinfrescante nel giorno in cui le bandiere del lutto di Brindisi si erezioneranno e ritorneranno falli tricolori eretti e ben tesi nei balconi dei simboli dello Stato,  a memento del tutto scorre e forza maggiore (minore) il tempo riporterà tutto nell’azione di spallucce e qualche anniversario vuoto da consumarsi per decenni, lustri-e-così via  nelle semisferiche sale dei tribunali e successivamente nelle pagine di inchieste giornalistiche che (forse) diverranno buone per una piccola pellicola cinematografica sovvenzionata (forse) dal Ministero dello Spettacolo.

Nel mezzo un silenzio di pagine bianche. La comunità intellettuale non reagisce. Non si feconda di attualità e di lutto. Sta sopra questi dolori:non si può intonare il verso dello sciacallo che si getta sui corpi morti, non si può indagare criticamente sul dolore di cronaca, non è poi il proprio ruolo intellettuale il dolersi, né l’attivismo così frenetico sulla polis dei corpi smembrati. Si potrebbe apparire VIVI E CALCIANTI, come in una canzonetta popolare anglosassone di tanti anni fa. E quest’apparire è così demagogicamente popolare che potrebbe espropriare l’essenziale visione dell’essere Altro che si è così faticosamente conquistato.

Tutto questo silenzio è paura. Espettoriamola come merita, facciamo fracasso, urliamo, sgargiamoci, strusciamo l’uno con l’altro, ma non state\stiamo zitti. Chi è nella paura è già zitto.

Il Male

Lui sta a guardare con abulica codardia
e sembra dire “capita a loro, io che centro?”
Godendo della buona sorte e dell’altrui disgrazia
accanto all’orrore vive senza batter ciglio.
Esattamente come accanto ai lager si visse
la routine del giorno.
“Una vittima? No, è solo l’odore di carne
bruciata ad appesantire l’aria.”
O come alcuni animali che indifferenti
e variamente affaccendati gironzolano attorno
alla bestia mentre divora il proprio simile.
Nè il lampo di terrore che dilata
la pupilla li tocca, né li scuote l’istinto.
Di tanto in tanto allungano il collo verso La scena
dello smembramento, mossi da curiosità o forse
d’esser vivi per compiacimento, non si chiedono
se quella anche per loro, potrebbe essere l’ultima volta.

[Fabia Ghenzovich]

 

Essere qui oggi
nel tempo ferito
dei nostri figli
Tutti i deserti che ho percorso
non mi hanno insegnato la città
e tutte le notti attraversate
non hanno portato aurora alcuna
Nessun phurbu
potrà scacciare le ombre
che si assiepano qui
-oggi-
se non le guardiamo in faccia
mentre la terra trema
e beve il sangue.

[Lucia Guidorizzi]


Filed under: scritture Tagged: Nudità Delle Parole, WSF

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