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Il male che si deve raccontare, di Simonetta Agnello Hornby

Creato il 22 agosto 2013 da Postpopuli @PostPopuli
 

di Claudia Boddi

Un programma snello ed efficace, attuato nel Regno Unito, per cancellare la violenza domestica. Ḕ quanto proposto da Simonetta Agnello Hornby e Maria Calloni ne “Il male che si deve raccontare”, edito da Carlo Feltrinelli che ha deciso di sostenerlo, devolvendo i proventi del libro alla creazione della sezione italiana della Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence (Edv).

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avvocatolianadoro.it

Il modello inglese, già attivo anche in Spagna, potrebbe essere molto utile anche in Italia per raggiungere un traguardo possibile: l’eliminazione della violenza perpetrata all’interno delle pareti domestiche. Il libro coniuga sapientemente la parte esperienziale, vissuta sul campo dalla Agnello Hornby – noto avvocato londinese che si è occupato per anni di cause a tutela delle fasce più deboli – e la panoramica sintesi dei dati, fornita dagli studi di ricerca internazionale, realizzata dalla Calloni – docente di Filosofia politica e sociale alla Bicocca di Milano -.

“Il male che si deve raccontare”, oltre a riportare episodi di violenza subita dalle donne, il delirio dei figli abusati, il rumore sordo dello sgretolarsi dell’immagine di sé delle vittime e anche il punto di vista di alcuni aggressori, fa emergere le impressionanti dimensioni del fenomeno, che resta in gran parte sommerso. È prioritaria un’educazione alle relazioni che sia in grado di fornire strumenti indispensabili per gestire sentimenti, sesso ed emozioni. Tutti dovrebbero essere messi nelle condizioni di riconoscere i comportamenti buoni e i comportamenti cattivi all’interno di una relazione. C’è bisogno di un adeguato sviluppo culturale, che parta dalle scuole, su cosa le persone dovrebbero o non dovrebbero accettare nelle dinamiche relazionali. La violenza è un reato transculturale e globale: non fa eccezioni per censo o istruzione. Tutt’altro.

Le vittime hanno bisogno di sapere cosa c’è là fuori per aiutarle. Il piano di interventi capillari proposto da Patricia Scotland, nel Regno Unito, ha come obiettivi, oltre a quello di ridurre il numero degli omicidi legati alla violenza intrafamiliare, far aumentare il numero dei casi denunciati e portati in giudizio, assicurare alle vittime un’adeguata protezione e un sicuro sostegno sull’intero territorio nazionale. Il tutto contribuisce conseguentemente a ridurre i costi della spesa pubblica che ammontano a vari milioni di sterline (e di euro, se si guarda ai paesi parte dell’Unione Europea) nel computo di costi umani ed emotivi, servizi sanitari, sociali, legali e civili, alloggi, rifugi, mancata produzione e quant’altro.

Il valore aggiunto del metodo Scotland vuole sviluppare un approccio olistico ed integrato su scala globale, mettendo costantemente in relazione i soggetti e le istituzioni coinvolte.

“Difendere la dignità umana, rilanciare lo sviluppo economico, educare al rispetto, rinforzare i legami sociali. Combattere la violenza significa stringere nuove alleanze, cambiare la mentalità […]”.

Anche in Italia, si può fare.

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