In un’intervista del 1991 il grande drammaturgo e poeta tedesco Heiner Müller disse: “La società borghese si fonda sulla discriminazione, sull’isolamento, ma se non riesce più a identificare il male essa non può più isolarsi, e nemmeno autodefinirsi, perché a questo scopo avrebbe bisogno dell’altro, del regno del male. Quel regno ora si è dissolto con le proprie mani, spianando la strada al declino della società borghese. Il male è il futuro”. La frase rientrava in un contesto ben più ampio in cui Müller dissertava, tra l’altro, della prima guerra del Golfo, di psicanalisi, di DDR, e appunto, di futuro, ed era riferita in particolare all’immigrazione dei popoli del terzo mondo. Il 1991 era quasi vent’anni fa, eppure il futuro a cui accennava Müller era in realtà già presente. Ma è ancora possibile affermare che il male è il futuro? Oppure, osservando l’imbarbarimento attuale delle società capitalistiche, la reclusione del pensiero, il dominio degli istinti non si debba piuttosto affermare che il male è adesso? E se il male è adesso significa che noi popoli benestanti, cristiani e occidentali viviamo in una società divinizzata in cui un nuovo Lucifero muove per ribellarsi alla schiera degli angeli, significa che debellato ogni nemico sulla faccia della terra, che si chiami Comunismo, Iraq, Al Qaeda o che si voglia, il solo nemico possibile che rimane siamo noi stessi. È singolare che nell’epoca contrassegnata dallo scambio delle informazioni una società avverta, come necessità primaria, il bisogno di isolamento. Oppure, considerato che il complesso delle nostre esistenze è un fatto politico, che la nostra stessa morte è politica, l’isolamento è in realtà la maniera per preparare lo scontro con l’unico nemico sopravvissuto a millenni di lotte e di guerre umane. Il futuro forse sarà questo, quando una volta debellati tutti i nemici, una sola minaccia alla cultura dominante resisterà dentro di noi, nel ventre della bestia.
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Heiner Müller, TRISTANO 1993
Ieri mio figlio aveva un’aria strana
Una notizia orribile lunga un intero spot
Negli occhi di mio figlio io
Che ho visto troppo ho letto la domanda
Compensa ancora il mondo la fatica di vivere?
Un istante una notizia orribile
Lungo un intero spot io ero il dubbio
Devo augurargli una lunga vita
O per amore una precoce morte