Magazine Spiritualità
Compito di ogni cristiano è essere annunciatori del Regno di Dio. Purtroppo anche se si appartiene a qualche gruppo religioso, talvolta non si portano le anime a Dio. Il cristiano è un “mandato” da Gesù per annunciare l'amore del Padre. Non deve aver alcuna preoccupazione in cuore se non l'annuncio, l'essere abbandonato nelle Sue mani. Dobbiamo essere segno di una realtà escatologica, di una vita oltre la morte e per fare ciò, è d'uopo essere innestati nella concretezza del messaggio cristiano. La santa Messa comincia con la formula con cui ogni preghiera od ogni lavoro dovrebbe iniziare: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Questo sottolinea che qualsiasi cosa compiamo dobbiamo farla in nome di Dio e non in nome nostro. Ma qual è la portata di quest'affermazione? A tutta prima sembrerebbe semplice, ma se si scandaglia il fondo di questa verità, possiamo constatare come ciò sia tutt'altro che semplice e come implichi sfere differenti del vissuto umano, sfere che s'intersecano fra loro, formando un mosaico che proietta l'anima a realtà eterne e puramente trascendenti. Quando si va in nome di una persona, la si rappresenta nella sua effettività più intrinseca, offrendo e incarnando i principi fondamentali che questa abbraccia, il nucleo, il cuore di essa. Non si va in nome proprio: il cuore si fonde nel cuore dell'altro e raggiunge in tal modo la comunione piena. Perciò, la Santa Messa, la Liturgia che si celebra, la preghiera ed ogni lavoro ha il suo compimento e realizzazione nella rappresentazione del nucleo fondamentale della Persona di cui facciamo le veci. Allora ogni vita trae la linfa necessaria per nutrirsi, per crescere e fortificarsi, in una comunione con il Padre sempre più intensa, verace ed attendibile. Colui che si professa cristiano e non va in nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, fallisce il suo mandato, la sua missione, semplicemente perché va in nome di se stesso seppur gli sembra di no. Per fallimento, non intendiamo quello puramente umano, cioè il non riuscire a compiere un'attività nel più perfetto dei modi: lo scopo da raggiungere è quello della perfezione dell'amore di Dio. Il non centrare questo bersaglio genera il fallimento più totale. Quindi, colui che si presenta agli altri “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, centra pienamente l'obiettivo che ci ha prefissato il sigillo che abbiamo ricevuto nel Sacramento del Battesimo.
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