In una padella cinese si facevano andare a fuoco basso bue affettato sottile, cipolle, peperoni e germogli di soia, si cospargeva di sale e pepe, e si aggiungeva un po' di olio di sesamo. All'ultimo minuto si condiva il tutto con uno spruzzo di birra, era un piatto che mi ero preparato spesso quando vivevo da solo. Il riso era cotto, il brodo di miso era caldo, la verdura era lavata e disposta in un vassoio, pronta per essere buttata in padella in qualsiasi momento.
Ma Kumiko non tornava. Avevo fame, quasi quasi ero tentato di prepararmi la mia parte e cominciare a mangiare da solo. Ma per qualche motivo quella soluzione non mi soddisfaceva, avevo la sensazione che non fosse una cosa corretta, anche se non sapevo spiegarmi il perché.
Seduto al tavolo della cucina bevvi una birra, e rosicchiai parecchi cracker stantii che trovai in fondo alla credenza. La lancetta corta della sveglia si andava avvicinando alle sette e mezza, e io me ne stavo con le mani in mano a guardarla avanzare.
In conclusione, Kumiko tornò alle nove e mezza passate. Aveva l'aria spossata. Gli occhi rossi, come iniettati di sangue. Brutto segno. Quando aveva gli occhi rossi, succedeva sempre qualcosa di brutto. «Stai calmo, - mi dissi, - cerca di non parlare a sproposito. Tranquillo, naturale, cerca di non provocarla».
-Scusami, - fece lei. - Non ce l'ho proprio fatta a finire prima. Volevo telefonarti, ma per varie ragioni non sono riuscita a trovare neanche un momento.
-Ma no, non fa niente. Non ti preoccupare, - risposi come se non ci facessi caso. E in realtà non è che fossi particolarmente seccato, era successa la stessa cosa anche a me non so quante volte. Andare a lavorare fuori casa comporta tanti problemi, non è una vita limpida e serena... non si tratta di raccogliere la rosa più bella che fiorisce in giardino, portarla alla vecchietta a letto per un'influenza due strade più in là, et voilà,
la giornata è bell'e che passata. No, succede a volte di ritrovarsi con dei buoni a nulla a fare cose assurde. Succede di non riuscire neanche a trovare un momento per telefonare a casa. Bastano trenta secondi, per comporre il numero di casa e dire «questa sera sono in ritardo». Di telefoni ce ne sono da tutte le parti. Eppure non sempre si riesce a farlo.
Mi misi a cucinare. Accesi il gas e cosparsi d'olio la padella. Kumiko tirò fuori la birra dal frigo e i bicchieri dalla credenza. Esaminò cosa io mi accingessi a preparare per cena. Poi senza dire una parola si sedette al tavolo, e si mise a bere la sua birra. (...)
Tratto da: Murakami Haruki - L'uccello che girava le viti del mondoEinaudi Editore - 2007
Un libro che mi ha lasciato moltissimo. Non solo questa ricetta.Ecco la mia trasposizione della ricetta. Come essere entrata anche io un po' nel libro. Non c'è bisogno di agigungere altro. La ricetta è semplice, e Murakami scrive sicuramente meglio di me ;)
lalexa
Con questa ricetta partecipo al contest "Sapori tra le righe. Un libro una ricetta" del blog Rosso Lampone