Vinod lavora al palazzo da quando era ragazzo. Al mattino si alza presto, dorme in un sottoscala dietro la sala grande e subito si mette il costume da servitore. Poi, dopo essersi lisciato con cura la camicia candida, comincia il lavoro più difficile, la fasciatura del turbante. Prende la lunga striscia di stoffa sottile color arancio squillante e comincia ad avvolgerla piano piano attorno alla testa; ad ogni giro fa fare a tutto il malloppo che sta crescendo un piccolo scarto all'indietro che serve a serrare meglio il lavoro. Sono più di dieci metri di tessuto che viene avvolto meticolosamente per creare una vera e propria scultura che gli adornerà il capo per tutta la giornata. Si specchia a lungo davanti allo specchio di un antico mobile nascosto tra le colonne bianche, poi passa alla cosa più importante la cura maniacale per i grandi baffoni neri che gli rendono il viso davvero marziale come si confà alla sua persona. In fondo sarà pure soltanto un guardiano del palazzo, ma lui è di casta rajput, una stirpe di guerrieri il cui sangue è stato sparso su queste mura e le cui donne si gettavano nel rogo pur di non cadere nelle mani del nemico vincitore. E' pur vero che alla fine in quei secoli passati, le guerre le avevano perdute tutte e l'invasore mogul si era appropriato dei regni e di tutta la terra fino a che l'orizzonte non si perdeva nel mare, ma, vivaddio, erano stati sconfitti con onore e tutti avevano scelto la morte piuttosto che piegarsi al nemico.
Con questa profonda convinzione, il suo sguardo rimane così costantemente fiero ed indomabile. Si apre il portone del palazzo e anche oggi comincia la sfilata delle migliaia di persone che vogliono entrare nell'interno. Famiglie intere coi ragazzini urlanti e bambine vestite a festa con gli abitini nuovi del Divali che svolazzano; giovani che fanno gli spiritosi guardando da lontano le ragazze; ragazzine bardate in jeans che si fotografano l'un l'altra per postare subito il selfie su FB, certo queste non si sarebbero buttate nel rogo per seguire il loro uomo. E poi tutti quegli stranieri, sudaticci e carichi di zaini e macchine fotografiche che si muovono intorno da un cortile all'altro, col naso per aria come fulminati da tanta bellezza. Si aggirano nei corridoi, fermandosi nelle sale dove il maharaja riceveva gli ospiti, rimirano le mille foto dei momenti di gloria del regno, le miniature perfette che raccontano di cacce alla tigre, di sala in sala, procedendo per corridoi angusti dove forse le concubine camminavano svelte per arrivare alle stanza del re, rimanendo attoniti a bocca spalancata quando un cortiletto interno si apre d'improvviso in una serie di bovindi chiusi da inferriate di marmo che danno sul lago. In mezzo, il palazzo bianco spicca, rilucendo come un diamante dalle mille sfaccettature. Il marmo si specchia nell'acqua disperdendo la luce in tanti piccoli bagliori che paiono le lanterne lasciate scorrere alla forza lieve della corrente. Qualche barca sciaborda lenta portando qualcuno fino alla scalinata che dà accesso al balcone laterale.
Vicino alla riva puoi scorgere il giardino delle damigelle con i suoi verdi prati, le siepi ed i giochi d'acqua. Lontano l'altro palazzo, sull'isola di Jagmandir, ricoperta di giardini ordinati, circondati dalle statue bianche di elefanti imbizzarriti e dominata dalla torre ardita di pietra grigio azzurra. C'è un ristorante elegante dove puoi mangiare sotto la luna, roba per ricconi, Vinod non c'è neppure mai arrivato su quell'isoletta dai portici di marmo dove anche soltanto una Tumbs up, la Cola indiana, costa 200 R, roba che gli ci vorrebbero anche un paio di giorni di mance. Dall'altra parte del lago, su un'alta collina, il Monsoon Palace corona la cima piatta con un'ampia terrazza da cui puoi dominare la foresta che la ricopre completamente tutta intorno. Forse qui ancora si aggirano animali selvatici, cervicapre ed antilopi e forse chissà ancora qualche leopardo e un paio di tigri, quello che hanno lasciato secoli di caccia spietata. Il palazzo è come abbandonato, l'androne pieno di polvere ed i calcinacci che si staccano dai muri antichi. L'alta torre domina dall'alto un regno senza sovrano che se ne prenda cura. Quando riescono a staccarsi da quella visione unica al mondo, che a Vinod, tutto compreso nella sua posa seria e compita, pare del tutto normale, i turisti vanno verso il gran salone di ricevimento, nel palazzo principale.
Dal portale d'uscita parte una macchinetta elettrica che porta un piccoletto con un gran turbante rosso, passando saluta tutti con degnazione quasi benedicendo la folla che si allarga al passaggio, mentre i servitori si inchinano senza osare guardarlo. Sarà un discendente della famiglia di certo. Ma ormai non si vive di sola nobiltà e anche qui c'è un albergo di lusso ormai e quelli sì che sono ospiti speciali, che rilasciano anche mance adeguate, ma è difficile farsi assegnare a quel servizio. Lì, nel salone grande è esposta la collezione dei cristalli che Saijan Singh aveva comprato a fine '800, nel suo viaggio in Europa. Allora tutti i ricchi ci andavano per vedere quel mondo nuovo e moderno e quando tornavano a casa si portavano le testimonianze di quella modernità superiore, quella che in fondo gli odiati invasori inglesi ostentavano ogni giorno con condiscendenza, mobili, macchine, stoviglie con disegni occidentali che facevano apparire le porcellane cinesi che fino ad allora rappresentavano il massimo dell'eleganza, un vecchiume obsoleto, senza sapere o trascurando il fatto che proprio negli stessi anni in Europa proprio queste cosiddette chinoiseries erano il massimo della moda.
Così il re era tornato dal suo viaggio con casse e bauli pieni di cristallerie, addirittura tavoli e un letto, centinaia di servizi di bicchieri, tazze, piatti, tutto l'occorrente per arredare l'intero palazzo, ma appena arrivato a casa era morto così per più di cento anni tutto era rimasto chiuso nelle casse, nelle profonde cantine, coperte di polvere. Solo una trentina di anni fa le casse sono state riaperte e quel tesoro è tornato alla luce e tutti stanno lì a rimirarselo con tanto d'occhi. Vinod era ancora un ragazzo allora e aveva partecipato a riportare il tesoro alla luce. Ancora sorride pensando alla meraviglia di quel momento, quando uscivano dal buio quegli oggetti meravigliosi, quei centri tavola barocchi, i grandi piatti sfaccettati, i lampadari colossali, i bicchierini dagli steli lunghi che quasi si spezzavano solo a guardarli, i sofà, le sedie ed il letto dai piedi ritorti, tutto di cristallo lucente. Adesso ogni cosa, un po' coperta di polvere, gli sembra normale e non ci fa più caso, deve solo stare attento a mettersi in posa quando qualche turista bionda gli si mette a fianco per farsi fotografare mentre lui si arriccia i favolosi baffi e magari ci scappa qualche mancia un po' più grassa.
SURVIVAL KIT
Udaipur
City Palace - Ingresso piuttosto caro. 1450 R, in pratica più di 20 € a testa, ma comprende il palazzo, il museo, l'esposizione dei cristalli nella parte aperta dell'albergo extra lusso ricavato nel palazzo, il permesso di fotografare (tranne che i cristalli) e una gita in barca all'isola del lago con il ristorante. Calcolate almeno mezza giornata per tutto il percorso. E' uno dei più bei luoghi del Rajastan e dell'India intera, con visioni magnifiche sul lago e sul palazzo del lago, reso famoso nel film Octopussy, dove attualmente è impossibile andare se non siete ospiti dell'Hotel di lusso (600 € a notte). Nel museo bellissima esposizione di miniature che illustrano la vita al tempo dei maharaja. Soldi ben spesi.
Monsoon Palace - A circa 10 km dalla città, necessaria un'auto per arrivarci e risalire la collina. Tutto intorno un parco naturale (ingresso 300 R). Nel bosco migliaia di scimmie e molti ungulati, si dice ci siano anche felini predatori. Il palazzo è abbandonato a se stesso e cadente, ma tuttavia, forse proprio per questo estremamente suggestivo. La vista è eccezionale, essendo il punto più alto della zona e domina tuta la white city e i due laghi attorno ai quali è disposta, Dall'altro lato montagne ricoperte da fitta jungla. Anche qui sono state girate molte scene del film.
Ambrai Restaurant - In una posizione magnifica al bordo del lago, proprio sulla punta della penisola dell'Hanuman Gath, con una vista spettacolare sul Lake palace, il Lal Gath e il city palace, offre un ottima cucina del nord dell'India, con ampia scelta. Piatti sulle 4/500 R serviti nel giardino tra gli alberi con sedie e tavoli in ferro battuto. Bello anche il bar. Il lieve sovrapprezzo vale sicuramente la pena per una cena romantica. Il pollo tandoori tikka è particolarmente curato, chiedete che tutto sia il meno spicy possibile e magari sarete accontentati.
Isola di Jagmandir - Visitabile, al contrario di quella del Lake palace, Circondata da un imbarcadero di marmo con elefanti, ha un ristorante molto caro ma di certo molto esclusivo e romantico,un piccolo hotel di 7 camere. L'escursione in barca (biglietto incluso in quello del City palace, se no 200 R) vi darà la possibilità di passare una o due orette sull'isola, nei suoi giardini, visitando il piccolo museo della torre e fermandosi al bar ad ammirare il lago. C'è poca ombra e col sole può essere piuttosto caldo.
Saheliyon-ki-Bari - Ingresso 10R. Giardino nella zona nord della città. Costruito nel 1700 per le dame di corte della principessa. Una serie di aiuole abbastanza curate,alberi, fontane e laghetti con giochi d'acqua. Magnifico il lago dei loti.
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