Magazine Musica
Credo che i tempi siano "maturi" per ripubblicare in formato unitario alcuni piccoli articoli apparsi su questo blog ormai più di un anno fa; ho rimaneggiato pochissime cose; molte altre sarebbero da correggere, rivedere e aggiornare ma per ora mi accontento così. Confido anche nel contributo e nella critica dei lettori per strutturare meglio questi appunti! Potete trovare gli originali spulciando tra questi articoli.
In generale, il meccanismo classico di produzione e distribuzione di musica prevedeva, prima della “rivoluzione informatica” tre elementi ben distinti nel tempo e nello spazio, che potevano avvenire anche a molto tempo di distanza sia l’uno dall’altro, sia dall’effettiva incisione della canzone in studio: 1) La codificazione: cioè il momento in cui l’informazione musicale viene catturata nel modo più “oggettivo” possibile alla tecnologia e codificata su un opportuno supporto distribuibile e facilmente fabbricabile. 2) Il medium: cioè il supporto fisico, unitario, non modificabile e distribuibile. Vinile, musicassetta, CD sono media analoghi, indipendentemente dalle specifiche caratteristiche di immagazzinamento dei dati sonori. 3) Il decodificatore: cioè l’hardware necessario alla traduzione delle informazioni contenute nel medium: giradischi, mangianastri... Il rapporto tra medium e decodificatore è biunivoco, cioè ogni supporto fisico ha il proprio hardware “traduttore”.
Se il primo punto, la codificazione, è totalmente a carico dell’artista (da intendere in modo estensivo, dai musicisti, ai tecnici, agli editori…) il decodificatore è invece proprietà del fruitore: il nostro giradischi, il nostro lettore cd… Compito di mediare tra i due estremi è appunto del medium che ha una duplice faccia: da un lato porta su di sé l’immagine e la produzione dell’artista, dall’altro è di proprietà del fruitore che ne fa uso autonomo. Con le musicassette prima, con l’abbinamento “computer – cd” poi, si è assistito ad un cambiamento importante: il medium non era più “non modificabile”. In poco tempo era diventato facile masterizzare copie di un CD originale o produrne uno ex-nuovo “incidendo” canzoni; operazione questa che NON intaccava però l’integrità e l’autonomia del supporto originale: posso fare una compilation dei Rolling Stones tra il 1965 e il 1970, produco un nuovo CD ma non violo l’integrità degli originali. Eppure, nel momento in cui anche la grande distribuzione delle major (per non parlare dei “canali pirata” come il P2P, lo scambio file, i vecchi Napster, Kazaa… che già da anni promuovevano lo mp3…) si affida ai formati digitali al posto dei media tradizionali per la musica il cambiamento è radicale. Cosa succede se manca il medium? O meglio, come si riorganizza il meccanismo in presenza di un medium così particolare come il file informatico (mp3 o altro, poco cambia), cioè un elemento “non fisico” e facilmente manipolabile? Una trasformazione determinante sta nella caduta della barriera tra media e decodificatori: se un “CD” e un “lettore CD” erano elementi ben distinti e non reciprocamente modificabili (il lettore riproduce – il cd memorizza), un telefono cellulare o un lettore mp3 sono allo stesso tempo codificatore (poiché riproducono) e anche media (poiché memorizzano). E’ la fine del medium come supporto fisico e unitario. A sua volta il decodificatore diviene uno strumento nuovo, in cui alla capacità di traduzione (la sua prerogativa…) si aggiunge una nuova importante facoltà di immagazzinamento (memoria). E’ un oggetto diverso, grazie al quale il fruitore acquisisce, oltre al tradizionale ruolo passivo di ascoltatore, anche un nuovo ruolo attivo di “editore” dell’informazione. E’ un medium liquido, che perde l’unitarietà e l’unicità, che perde soprattutto il suo essere contenitore limitato e non modificabile. Questa trasformazione è evidente dalla dualità ALBUM – PLAYLIST
ALBUM: medium tradizionale, con inizio e fine, lato A e lato B, note di copertina, metadati… E’ “immagine dell’artista”. E’ un contenitore a tempo definito: 5-6 minuti per i 45 giri, circa 45 per gli LP, oltre un’ora per i CD. Questo tempo era un fattore fortemente limitante per l’artista. E’ chiuso, cioè non possono venire aggiunte o tolte tracce dopo la sua incisione: l’ascoltatore ha solo la libertà di “saltare” qualche canzone o, grazie al lettore CD, di cambiare la sequenza dei brani. PLAYLIST: “medium” liquido, modificabile all’infinito, senza un inizio e una fine obbligati; è "immagine del fruitore" (sequenza e natura dei brani, durata complessiva, possibilità di aggiungere o rimuovere canzoni…). Non è un contenitore (l’I-pod lo è!). Lo “spazio occupato”, vista l’evoluzione delle memorie SD da una parte e delle compressioni audio dall’altra, non è un fattore poi troppo limitante. E comunque è argomento che interessa il fruitore (che compra un I-pod) ma non più necessariamente l’artista (che può distribuire senza supporto).
La fine dell’album?
“Spoonful” sul lato A di “Wheels of Fire” è esattamente ciò che dice il titolo, cioè ciò che è scritto sull’etichetta del Lp e sulla copertina; la sua posizione è fissa, non “estraibile”, non modificabile nei dati e tanto più nei metadati. E’ sempre Spoonful, sempre dei Cream, come quella incisa su Fresh Cream, eppure è un’altra canzone “Spoonful” inserita nella playlist di una memoria I-Pod è un collegamento ad un file che formalmente è analogo alla traccia incisa sui solchi, ma privata totalmente del suo contesto “autoriale” e di parte della sua identità: cioè l’essere il primo brano, del lato B di un determinato album. E’ una canzone “senza fissa dimora”, affiancabile a qualunque altro brano possiamo immaginare. E’ questa una cosa negativa? Assolutamente no, perche la possibilità di creare percorsi trasversali è un potere “esponenziale” che si da all’ascoltatore: potere di creare tracciati personali, associare fra loro canzoni generate da Luoghi e Spazi differenti, tracciare coordinate nuove ed interessanti per un ascolto veramente personale della musica. D’altra parte la perdita di unitarietà di un album che confluisce, magari assieme a centinaia di altri, nel memorizzatore-decodificatore, può finire per trasformarsi in una perdita di autorialità e riconoscibilità del prodotto artistico originale. Questo, unito alla facile modificabilità (e modificazione) dei metadati tradizionalmente contenuti nelle memorie fisiche, rende il medium digitale più povero e disomogeneo rispetto a quello tradizionale. I suoi vantaggi sono in gran parte paratici, in misura minore culturali, addirittura minimi (per ora) economicamente: un album digitale su I-Tunes costa solo poco meno di un CD tradizionale su Amazon. La playlist ha però una caratteristica accattivante e assolutamente peculiare: è smontabile e rimontabile all’infinito; il consumatore, assume un ruolo attivo che è estremamente allettante, ancorché non sempre “culturalmente rilevante”, nel giocare con le canzoni come con i Lego. E’ rassicurante: posso eliminare o spostare le canzoni che non gradisco, posso riascoltare in loop ciò che mi piace di più e tutto senza masterizzare nuovi CD ma solo aggiungendo un collegamento che nemmeno occupa spazio su disco. Non esiste più un contenitore, ma esiste un magma diffuso in cui sono IO a decidere i criteri di selezione e l’ordine di esecuzione. E’ senz’altro uno strumento dalle notevolissime potenzialità.
In conclusione…
Quanto ha senso parlare ancora di “album”? Soprattutto in internet, nel mondo digitale, sui blog, tra “noi”. Quanto ha ancora senso assumere il CD, o il vecchio LP, come l’unità fondamentale di discussioni, recensioni e confronti? Negli ultimi 10 anni l’album ha enormemente perso importanza pur rimanendo comunque l’ ”oggetto musicale” tipico della distribuzione tradizionale, venduto e reclamizzato nei negozi, recensito sulla stampa specializzata. Quanti sono gli album che veramente si ascoltano? Non in senso da hit parade o classifica vendite (che da sempre lasciano il tempo che trovano…). In che modo si ascolta, si fruisce, la musica? Dalla prima all’ultima traccia, o piuttosto in maniera casuale, selettiva o discrezionale? O magari si riversa subito ogni nuova canzone su Hard Disk, per farla confluire in cartelle contenenti indistintamente migliaia di altri brani? Cosa c’è veramente nei nostri I-Pod?
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