Per essere un buon coach è importante avere talento e inclinazioni naturali che verranno messe a frutto con l’apprendimento rigoroso della tecnica del coaching grazie a corsi specializzati che prevedono il conseguimento del certified mental coach.
Indispensabile è possedere un genuino interesse verso l’essere umano, la capacità di provare una forte empatia, di comunicare onestamente, di trasmettere calore e partecipazione.
Importante è identificare in partenza qual è la nicchia nella quale ci si vuol specializzare cioè quali sono le persone e i problemi che si vorrebbero aiutare a risolvere una volta diventato un professionista (life, business, sport coach). Questo aspetto è fondamentale perché aiuterà a restringere il campo di azione e a trovare più facilmente i clienti a cui offrire le proprie competenze. Definire la specializzazione aiuterà anche a diventare un mental coach migliore: mettere nel lavoro di mental coach l’esperienza acquisita nel corso della vita, non solo quella professionale, favorirà lo sviluppo di una particolare empatia nei confronti del cliente.
Una buona formazione prevede inoltre una grande quantità di ore di pratica (sia come coach che come coachee), oltre a un percorso personale che va condotto fino in fondo per poter provare sulla propria pelle quelli che sono i benefici del coaching.
Se si vuol diventare coach professionista e si hanno delle buone conoscenze linguistiche, la cosa migliore è seguire dei corsi in lingua inglese.
Prima di tutto perché la stragrande maggioranza di libri per la formazione è in inglese e perché formarsi in questo idioma permette di acquisire una certa terminologia che tornerà sicuramente utile se ci si troverà a fare coaching per clienti anglofoni. Il coaching infatti non è ancora molto praticato in Italia mentre è perfettamente usato come metodo di sviluppo e avanzamento personale in diversi Paesi europei (ad esempio l’Inghilterra), negli Stati Uniti e in alcuni Paesi asiatici.
Negli ultimi tempi i mental coach ricevono sempre più spesso la richiesta di instaurare il rapporto professionale online. Nel rapporto one to one, quando cioè il programma si svolge tra un coach e un coachee, le uniche cose di cui c’è necessità sono un computer e una buona connessione a Internet. Anche in Italia il coaching online sta prendendo piede, certamente più in alcuni ambiti e meno in altri. Per quanto riguarda le aziende la situazione più diffusa è quella del coach che si reca fisicamente a svolgere il programma in presenza del team, mentre altre figure (come life coach e sport coach) scelgono di condurre la sessione solo basandosi sull’audio, perché ritengono importante poter cogliere le sfumature e i toni della voce. Una tecnica recente davanti alla quale molti clienti reagiscono con una certa resistenza per l’impossibilità di potersi sedere davanti al proprio coach e vederne (e mostrare) le espressioni, i gesti, etc.
E’ anche vero che per questione di tempo, per la distanza o semplicemente per comodità fare delle sessioni a distanza diventa non solo accettabile, ma decisamente gradito.