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Il Mental Training nelle MMA: superare una contraddizione

Da Davide
Nonostante molti atleti pensino che l’esito della gara dipenda per il 90% dal fattore “testa” e per il 10% dal fattore “fisico”, continuano ad allenarsi fisicamente per il 90% del tempo e mentalmente per il restante 10%. Questo, con l’evolvere delle MMA, dovrà cambiare.

Randy Couture – Campione MMA UFC HeavyWeight

Uno degli obiettivi della psicologia applicata allo sport è quello migliorare le prestazioni degli atleti. Tradizionalmente la preparazione degli atleti di qualsiasi disciplina viene schematizzata come composta da quattro componenti interagenti e inscindibili:

atleticatecnicatattica - mentale

Numerosi studi dimostrano come l’evoluzione degli allenamenti abbia portato ad un notevole perfezionamento dei primi tra fattori; ciò che viene puntualmente trascurato, oppure limitato a valutazioni e interventi di “buon senso”, è il fattore mentale. Questo nonostante tutti ritengano la “testa” dell’atleta come il fulcro principale della prestazione agonistica. Ma “la mente” è considerata come qualcosa di privato, di personale, di delicato, un aspetto con cui solo l’atleta pare poter confrontarsi. Sentiamo spesso frasi:

“ Ha talento, se solo non perdesse la testa….”

“Dà il meglio in allenamento, ma poi in gara….”

“Quello ha rabbia dentro, ha fame….”

“Quello è una macchina…..”

Ma spesso ci si ferma lì, a frasi di circostanza ormai diventate slogan. Durante la partecipazione ad un circuito di combattimenti qualche mese fa ricordo la situazione in cui un allenatore gridava, lui sì a pieni polmoni, al proprio atleta “respira!, respira!, respira!“. Il tono dell’invocazione era perentorio, ma tradiva una certa rassegnazione come quella di chi, portato allo sfinimento a forza di ripetere le stesse esortazioni, continua a ricordarle più per inerzia che per reale sicurezza che vengano ascoltate e applicate.

La “respirazione” è cruciale nell’attività agonistica ed è uno dei diversi punti di congiunzione tra il corpo e la mente, tra fisiologia e psicologia, tra preparazione atletica e capacità di gestire la propria attivazione generale. La tendenza di alcuni atleti a entrare in uno stato di apnea involontaria durante la competizione ha a che fare più con variabili psicologiche che di carenza di fiato. La tendenza a nascondere la respirazione, insieme alla respirazione superficiale e bloccata, rende più debole l’azione tecnica, più lungo e incerto il recupero e fa esporre in maniera eccessiva nei confronti di un avversario che sia attento e pronto a cogliere ogni segno di momentaneo “black out”.

Il Mental Training è un insieme di tecniche volte a far diventare l’atleta più consapevole dei cambiamenti che il proprio psicosoma mette in atto durante l’attività fisica con l’obiettivo di utilizzarli per migliorare la prestazione. Un insieme di tecniche di rilassamento (ad es. training autogeno), di visualizzazione e di immaginazione, di focalizzazione dell’attenzione, auto-motivazione e auto-attivazione specificatamente tarati sulla propria disciplina sportiva e sul grado di preparazione globale dell’atleta.

L’uso del prefisso auto- sta ad indicare una importante caratteristica di queste tecniche: quella di essere, una volta apprese, completamente nella mani dell’atleta, che ne deciderà l’uso, la durata, i momenti, l’opportunità, la sequenza. Sono tecniche personalizzabili e flessibili, che rendono l’atleta autonomo nella loro applicazione e che costituiscono un bagaglio agonistico importante.

Superare la contraddizione di cui parla Randy Couture è quindi un imperativo. La conoscenza e la diffusione di queste tecniche può costituire una spinta importante per migliorare il benessere degli atleti e la soddisfazione nella pratica della loro disciplina, particolarmente negli sport da combattimento dove le attivazioni fisiologiche e viscerali sono imponenti e se non adeguatamente integrate possono raprpesentare più una vulnerabilità che un punto di forza per l’atleta.


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