In ogni caso, la ringrazio fin d'ora per questo suo contributo prezioso e piacevole. Vedrete in questa e nelle successive puntate che la nostra Alice ne ha di cose interessanti da raccontare, sia come editor di scolastica che come editor di narrativa. Buona lettura.
Innanzitutto ringrazio Maria Teresa che mi dà l’opportunità di parlare di una figura per molti versi sconosciuta, cioè quella dell’editor. Per far questo, ho pensato di raccontarvi alcuni aspetti della mia esperienza professionale in un campo molto specifico, che è quello dell’editoria scolastica nelle lingue straniere. Lo farò con un taglio un po’ ironico, in modo da non annoiare. So che la parola “scuola” fa partire subito una serie di sbadigli irrefrenabili oppure una serie di memorie terrificanti di dickensiana memoria. Invece lavorare in editoria scolastica è impegnativo, ma spesso anche molto divertente.
Chi è l’editor
A chiunque mi chieda che lavoro faccio, rispondo con “Sono redattrice” perché, se posso, evito di usare termini inglesi, anche se non sono patriottica come i francesi che usano il termine ‘ordinateur’ per riferirsi al computer. Al che segue un siparietto, di solito in questi termini: “Ah, sei arredatrice! Interessante.” Pensiero recondito che accende le pupille: “Potrei farmi dare dei consigli per un restyling del mio salotto.” Io: “No, sono REdattrice. Redattrice per le case editrici di scolastica.” Pupille più opache. “Allora scrivi i libri per la scuola.” “No, quello lo fa l’autore. Sono corsi per l’insegnamento delle lingue straniere. Di solito lavoro sull’inglese, o sul francese.” La vitalità nelle pupille si abbassa di molto, ma non è ancora spenta. “Quindi traduci.” “No. Di solito gli autori sono madrelingua, quindi non c’è nessun bisogno di un traduttore.” Nell’ultimo, disperato tentativo di capire: “Sei correttrice di bozze, dunque.” “Beh, anche, ma qualcosa di più.” Ormai il fumetto di pensiero porta la seguente scritta: “Ma che caspita fa questa qui?” Al che arrivo in soccorso e dico: “Sono editor.” La luce della vita nelle pupille si riaccende di colpo, e la persona esclama: “Ah, ora ho capito! Potevi dirlo subito!”
Però la nebbia non è per niente diradata, perché molte persone hanno un’idea davvero vaga di che cosa faccia un editor, specie nelle redazioni di scolastica, e lo confondono con il correttore di bozze. E quindi proverò a spiegarvelo, e proverò a spiegarvi come la professione implichi un lavoro cosiddetto di squadra davvero molto serrato, in cui tutte le parti in causa contribuiscono alla buona riuscita dell’opera. Se una sola di loro non svolge il suo ruolo, o lo svolge in ritardo oppure in parte, si creano parecchi problemi. E con tutte queste figure l’editor deve interagire.
L’editor di scolastica
Poniamo che l’editor debba occuparsi della lavorazione di un classico corso per insegnare l’inglese nelle scuole superiori, che di solito si suddivide in Student’s Book (libro da usare in classe tutti insieme, sotto la lieta supervisione dell’insegnante), Workbook (eserciziario che lo studente usa nella solitudine della propria cameretta, possibilmente non in modo troppo creativo) e Teacher’s Book (libro SOLO per l’insegnante, che contiene materiale di supporto e molte altre utili informazioni per agevolare il suo lavoro). Possono esserci anche altri materiali, come i libriccini dei compiti per le vacanze, ma mi fermerei qui.
Dopo aver visto i componenti di base, vediamo che cosa succede nel lavoro dell’editor.
Il materiale grezzo
Dopo innumerevoli letture da parte di consulenti e insegnanti, e spesso di vere e proprie operazioni di riscrittura e sviluppo, il manoscritto dell’autore è approvato dalla casa editrice per la pubblicazione. Mentre si esamina il materiale, è già entrato in campo l’editor? Sì, se è di un certo livello. Anche se non è un esperto di metodologia, l’editor deve possedere comunque un’infarinatura in materia, acquisita con la sua preparazione universitaria oppure con la sua esperienza sul campo. Se devi insegnare la lingua inglese, parti da un sillabo. Questo sillabo non viene generato da una mente superiore, come Atena, dea della sapienza, dal capo del padre Giove, ma dalle linee guida ministeriali ed è conforme anche agli esami a livello europeo della Cambridge per certificare il livello di preparazione.
Dunque il sillabo è la sequenza degli argomenti grammaticali, lessicali, di pronuncia, di funzione comunicativa, di civiltà (intesa non in senso civico, ma che comprende ad esempio la conoscenza di altre culture, anglofone in questo caso) e altro. In un corso difficilmente si troverà nella prima lezione estratti da un dramma di Shakespeare, perché il bagaglio grammaticale e lessicale dello studente è molto scarno. Di solito persino alle superiori si riparte da zero, o quasi. Certamente i corsi sono cambiati moltissimo da quando studiavo inglese da ragazza, e non ci sarà più il classico: The pen is on the table, ma qualcosa di un po’ più stimolante fin da subito per i ragazzi, o almeno si spera.
Quindi l’editor può cominciare a operare come consulente nella valutazione del materiale.
Il progetto grafico
Quando il materiale iniziale, insieme al piano dell’opera, è stato approvato tra tappi di champagne che saltano e brindisi beneauguranti di proficue vendite, la casa editrice commissiona il progetto grafico, cioè il vestito che il contenuto dovrà indossare. Il corso dovrà avere un aspetto adeguato al livello di età degli studenti, essere ordinato, gradevole e accattivante sia nei colori che nelle icone, cioè quei segnali che indicano quando siamo di fronte a un esercizio con ascolto audio, per esempio, oppure un esercizio che comporta lavoro a coppie o di gruppo (non pensate male…) e, ultimamente, anche esercizi di tipo digitale. Il grafico, cioè l’architetto e l’artista della pagina, propone un progetto che prenda in considerazione delle lezioni-campione particolarmente rappresentative, e si prepara un timone dell’opera con tutte le pagine, cioè la segnatura su doppia pagina: uno schema in piccolo della sequenza fisica delle pagine.
C’entra l’editor? Sì, sempre che abbia acquisito esperienza tale da poter commentare un progetto grafico nei suoi vari aspetti. Gli si chiede dunque un parere circostanziato, e qui si entra nel campo dell’imponderabile, perché qualsiasi cosa abbia a che fare con l’estetica scatena liti furibonde tra i vari attori in campo, che litigano per portare alla ribalta il proprio colore preferito, o dare più rilievo alla fotografia del primogenito finita chissà come nel progetto grafico. Insomma, spesse volte si entra nel campo del soggettivo con conseguenze che vanno dalla pace armata all’inizio della Terza Guerra Mondiale.
Il calendario di lavorazione
Dopo i suddetti massacri e aver fatto il giro dell’orbe terracqueo, il progetto grafico ha finalmente ricevuto un solenne imprimatur da tutti, dal custode dello stabile per arrivare al Papa in carica. In corso d’opera potrà subire dei lievi ritocchi e miglioramenti, ma la sostanza dovrà rimanere quella. Ed è qui che l’editor entra in campo nel vero e proprio senso della parola, stabilendo in concordia con autori, grafico o impaginatore, illustratore e ricercatore iconografico un calendario di lavorazione del corso. Questo calendario è stabilito con date precise, tenendo conto del lavoro di tutta la squadra. Anche qui, molte volte ci sono ritardi fisiologici, perché non si può prevedere se il grafico cade e rompe un braccio o se il ricercatore iconografico consegna le foto sbagliate o se allo stesso editor muore il gatto. Un calendario è necessario, perché l’opera di scolastica, dopo almeno tre giri di bozze, deve uscire in tempo per la propaganda presso gli insegnanti – quindi di solito nei primi giorni del primo mese dell’anno successivo dev’essere chiuso e mandato in stampa. E il calendario riceve un secondo suggello, con il sangue dei componenti della squadra come in un patto di fratellanza. L’editor comincia innanzitutto a lavorare in stretto contatto con il grafico.
Chi è il grafico
Il grafico è il braccio destro dell’editor, o l’editor è il braccio destro del grafico a seconda dei punti di vista! In ogni caso grafico ed editor in scolastica devono lavorare il più possibile in armonia, come un tandem in cui pedali e ruote girano allo stesso ritmo, e verso la stessa direzione. Il grafico potrebbe ricadere in tre categorie:
- Il grafico che “tu mi dai il progetto, e io eseguo”: della serie, se gli chiedi spostare il filetto di una tabella o fare qualcosa di più creativo, entra in crisi esistenziale e dice: “Ma questo non c’è nel progetto grafico.” In questo caso si tratta di un puro esecutore, che magari sforna pagine a tonnellate rispettando il calendario in maniera teutonica (ci vogliono e sono delle certezze), ma che polemizza su ogni minima cosa si sposti dal progetto e che fa venire un gran mal di testa all’editor.
- Il grafico “tutto genio e sregolatezza”: questi sono i Caravaggio della grafica. Producono progetti grafici e impaginazioni lavorando di fioretto come i moschettieri di Sua Maestà, utilizzando fotografie e illustrazioni e colori in maniera veramente superba. Il rovescio della medaglia è che, spesso, il calendario è solamente un oggetto da appendere al muro della cucina, e da cui strappare le pagine quando si ricordano. Questa è la categoria che stimola il lato violento nel più pacifico degli editor, e gli fa venire voglia di menare le mani.
- Il grafico “che è una via di mezzo”: come sempre, queste sono le persone migliori con cui lavorare, perché seguono il progetto con cura anche se non l’hanno realizzato loro, e sono disponibili ai cambiamenti purché ragionevoli. Spesso succede che il grafico noti cose che non vanno dal punto di vista dei contenuti, e che l’editor faccia lo stesso per il grafico. Questo è esattamente il clima di collaborazione che si dovrebbe venire a creare, senza che uno invada il campo dell’altro. Come editor, non mi permetto di dare ordini in campo grafico, anche se naturalmente con l’esperienza qualcosa ho imparato; ma suggerimenti, che si valutano insieme nella loro fattibilità. Poi ognuno ha le sue fisime, com’è giusto che sia.
La messa in produzione
L’editor è dunque all’opera sui materiali veri e propri, cercando di:
- Prevedere il quantitativo di materiale che ci starà sulla tal pagina, in modo che non ci siano troppi esuberi o pagine bis, cioè tutto quel materiale che non ci potrà mai stare in un luogo che, in fin dei conti, è soggetto alle leggi della fisica (non hanno ancora inventato le pagine allungabili). Il “fuori gabbia” segnalato dal grafico può comportare un surplus di due o tre righe, ed è facilmente risolvibile. La situazione si fa drammatica quando ci sono pagine “bis” o addirittura “ter” in caso di autori particolarmente abbondanti nella stesura. A differenza della narrativa in cui il testo scorre, in scolastica il testo è bloccato sulla pagina proprio per la natura del materiale. Se l’editor prevede che davvero ci sia troppo materiale, contatta prima l’autore o gli autori e concorda i tagli da fare seguendo il sillabo, altrimenti li esegue in autonomia sul file.
- Ripulire il testo da tutto il surplus che di solito introducono gli autori volenterosi che, nel tentativo di agevolare il lavoro, inseriscono filetti, foto prese dal web, misteriosi segni in lingua sumera, evidenziazioni in colore, fumetti con commenti ansiosi e ansiogeni. La ripulitura prevede l’eliminazione dei doppi spazi, l’uniformazione dei termini, la correzione degli errori se l’editor ne vede, e chi più ne ha più ne metta.
- Indicare lo spazio destinato alle illustrazioni e alle fotografie, per il quale il grafico/impaginatore lascerà un inquietante box grigio con le misure corrette e una piccola descrizione al suo interno.
- Altro…
Dopo aver messo a posto i materiali per la produzione, ed essersi bevuto un gin tonic per rincuorarsi, l’editor invia i file al grafico/impaginatore che impagina seguendo il famoso progetto grafico e producendo la prima bozza... Argomento che vedremo nella prossima puntata.
Alice
(Fine prima puntata)