Secondo appuntamento in compagnia di Alice, editor che in questa serie di post ci racconta della sua esperienza nel campo dell'editoria scolastica (qui la prima puntata). Come dicevo la volta scorsa, l'autrice di questi articoli ha deciso di usare uno pseudonimo, per motivi che potrete forse comprendere, ma chi frequenta abitualmente il mio e il suo blog non avrà problemi a identificarla.
Eravamo arrivati al momento fatidico dell'arrivo della prima bozza nelle mani dell'editor...
La prima bozza
Dopo aver ricevuto la prima bozza, di solito l’editor ha un mancamento, e pensa: “Perché faccio questo lavoro? Perché sono nato sotto una cattiva stella.” La prima bozza, in genere, ha problemi tali che non DEVE essere fatta vedere agli autori, ma celata agli sguardi come la moglie pazza di Rochester rinchiusa nella soffitta. Infatti, nel migliore dei mondi possibile, la prima bozza dovrebbe contenere lo spazio giusto per i disegni e le foto. Ora, in scolastica molto spesso disegni e foto sono funzionali per lo svolgimento dell’esercizio o dell’attività. Non sono delle bellurie che possono essere appallottolate e buttate nel cestino della carta, e chi s’è visto s’è visto. Se in un esercizio si insegnano gli oggetti scolastici (il famoso The pen is on the table), e ci vuole un disegno con penna e tavolo, come fare per farcelo stare se ci sono tre esercizi fuori dalla pagina, tra cui proprio l’esercizio sugli oggetti? Ai posteri l’ardua sentenza? No, si incomincia a tagliare, spesso insieme all’autore, ma con criterio. E qui vengono fuori le varie tipologie di autori.
L’autore o gli autori
Gli autori sono esseri umani, esattamente come l’editor e il grafico, e come tutti gli esseri umani hanno pregi e difetti. Però ci deve essere un rapporto di fiducia e di stima reciproca con l’editor, altrimenti il meccanismo s’ingrippa in partenza. Assodato questo, dividerei anche gli autori in alcune macro-categorie:
- Gli autori che “qualsiasi cosa fai, mi va bene”: sono autori che si lasciano guidare dall’editor come bimbi fiduciosi, e qualsiasi taglio o cambiamento viene accettato con entusiasmo. Però l’editor ha la sgradevole sensazione che qualcosa di viscido e pericoloso stia per introdursi nei testi. L’editor non è la bocca della verità, e può sbagliare. Di solito questi sono autori giovani dal punto di vista delle scritture dei testi, e oppongono poca o nulla resistenza ai tagli.
- Gli autori che “guai se mi tocchi una virgola, o ti sfido a duello all’alba”: appartengono a quella categoria che non s’arrende nemmeno di fronte all’evidenza di un’intera pagina bis. Secondo loro può essere tutto compresso e schiacciato nella pagina, riducendolo a livello lillipuziano o anche nell’infinitamente piccolo e dotando il corso di un apposito microscopio. I più permalosi la prendono sul lato personale, lamentandosi che la loro creazione è stata stravolta e che precluderemo loro la strada all’immortalità. Qui entra in gioco il lato diplomatico dell’editor, che deve cercare di far ragionare l’autore con dimostrazioni pratiche e tanta, tanta pazienza. Infatti molti editor girano con una curiosa luminescenza dietro la testa.
- Gli autori che “sono una via di mezzo”: sono gli autori con cui preferisco lavorare, perché non accettano tutto supinamente, ma non hanno né difficoltà a tagliare né a dire la loro con franchezza se qualcosa non li convince. Ci possono essere dei piccoli screzi tra autore ed editor, ma alla fine tutto rientra in un clima di ragionevolezza generale perché l’autore capisce che si tratta di una necessità o di un miglioramento, e che la loro opera sarà più bella che pria.
La seconda bozza
Ci sono varie scuole di pensiero su quando commissionare disegni e foto, io di solito preferisco farlo sul secondo giro di bozze che dovrebbe essere il più a posto possibile, a meno che non succeda l’imponderabile. E qui entra in campo la categoria degli illustratori e quella dei ricercatori iconografici.
Gli illustratori
Gli illustratori sono davvero persone speciali. A meno che non siano “arrivati” e si diano un sacco di arie, di solito sono persone umili che amano profondamente il loro lavoro e non riuscirebbero a fare niente altro. Non è una professione che arricchisce e a volte loro stessi non sono delle volpi con i conti. Agli illustratori si dà un elenco con una descrizione dei disegni, al che loro forniscono quello che in gergo si chiama “le matite” cioè gli schizzi suscettibili di cambiamenti. L’editor esamina i bozzetti e li rimanda con i commenti sui cambiamenti da apportare; se l’opera è una prima edizione ed è importante, anche l’autore dice la sua. La cosa straordinaria è che gli illustratori riescono ad adattare lo stile a seconda del livello del corso, esattamente come un attore che riesce a interpretare varie parti. Evviva!
I ricercatori iconografici
Anche il ricercatore iconografico è una figura molto importante in scolastica. Deve stare particolarmente attento ad evitare di introdurre nel corso elementi pericolosi, come persone con i mano alcolici, o armi di qualsiasi genere. Non devono essere nemmeno vestite in maniera troppo succinta o allacciate in pose da boa constrictor in amore. Non siamo nati ieri, però inserire alcune cose in testi didattici è da evitare, anche per non prestare il fianco a critiche. Le foto devono essere significative e ben contrastate per una resa ottimale, e le persone devono mostrare un mix di etnie in una società sempre più culturalmente composita, con buona pace di alcuni signori dal fazzoletto verde. Mi capita di lavorare spesso anche come ricercatrice iconografica, ed è un lavoro che mi piace moltissimo.
La preparazione del copione per le registrazioni
Questo è un passaggio dei più delicati, perché il copione deve aderire in maniera millimetrica a quello che comparirà sulla pagina stampata. Bisogna inserire il testo e indicazioni sulle “voci” da utilizzare, come ragazzi, adulti, persone con accenti differenti se occorre (americani, britannici, australiani, di Alfa Centauri ecc.) per lo studio che provvederà al casting. Negli studi ci sono anche lì persone che riescono ad adattare leggermente le voci in caso di bisogno. Avevo conosciuto uno speaker che riusciva a riprodurre l’abbaiare di un pastore maremmano!
Altra cosa, i numeri di track segnati sugli esercizi di ascolto devono corrispondere a quelli che i ragazzi ascolteranno, e quindi devono avere una sequenza matematicamente corretta. Voi mi direte che non è niente, ma bisogna tener conto che: a) negli esercizi di “Ascolta e ripeti” il numero è lo stesso dell’esercizio precedente (e qui il diavolo comincia a sogghignare). b) All’ultimo momento occorre trasformare un esercizio di lettura in un esercizio di ascolto (perché? Perché lo ha detto Giove Tonante, che ha appena litigato con Giunone, e qui il diavolo si sganascia), e quindi rinumerare tutti gli esercizi a cascata. c) In bozza alcuni esercizi di ascolto, per errore o distrazione, possono essere privi di icona audio, e quindi l’editor li salta a pie’ pari (il diavolo è ormai rovesciato sotto il tavolo per il gran ridere: il suo trionfo è quasi completo). Alle voci del copione devono corrispondere i parlanti sulla carta. Se parla la ragazza Amanda, non ci può essere uno con la voce da George in piena tempesta ormonale.
Passaggi finali
Dopo questi lunghi travagli si arriva all’ultimo giro di bozze, e quindi alla correzione finale e al pdf per la stampa. Il grafico produce le pagine singole corrette, dette “saltuarie” in gergo. L’editor è ormai all’opera per scovare i più piccoli errori rimasti, ed è precisamente in questa fase che si corre in rischio di cercare le formiche sotto le felci, lasciando passare branchi di elefanti che barriscono vigorosamente e scuotono le orecchie con somma allegria.
Il libro viene sottoposto ai controlli tecnici da cui per fortuna l’editor (ormai esausto) è esente, e mandato per la stampa. Quando arriva la copia-pilota, o copia-staffetta, di solito il direttore editoriale apre il libro a caso, e l’occhio gli casca sull’errore, fosse pure l’unico, contenuto in 324 pagine. Come il ferro attirato dalla calamita. E quindi si convoca l’editor al suo cospetto per la fustigazione sulla pubblica piazza… altrimenti, che capo sarebbe?
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Nella complessa lavorazione di un testo di scolastica, come avrete ormai capito, l’imponderabile è sempre in agguato, e di questo vi ho dato solamente alcuni pallidi esempi. Vi assicuro che potrei scrivere altri trenta post, ma tralascio. Il succo del discorso è che cosa questa professione mi ha insegnato, e continua a insegnarmi. Tre cose fondamentali:
- La visione d'insieme. Nello sviluppo di un corso di scolastica non ci deve essere solamente un occhio di riguardo sul particolare, o sulla Unit (leggi: capitolo), ma sull'intera opera. Anche in un romanzo è quindi fondamentale avere questo sguardo complessivo. L'autore ha questa facoltà quasi divina, così è bene che spesso faccia delle ricognizioni a volo d'uccello sui suoi territori.
- L’ordine. La vita è un caos apparente, e quindi sta all’editor far sì che i materiali siano sistemati in maniera corretta e armoniosa. Così come un corso ha una sua struttura e una sua regolarità interna, anche da un romanzo devono trasparire entrambe le cose. A livello razionale non lo senti, ma l’irrazionale lo avverte eccome.
- La coerenza interna. Se tolgo un vocabolo e lo presento in una lezione successiva, mi devo ricordare di toglierlo ovunque finché non viene presentato “ufficialmente”. Se faccio fuori un personaggio in un capitolo, non può rispuntarmi due capitoli dopo, risorgendo senza un valido motivo…
… e tutto questo ve lo narrerò in un altro momento, se lo desiderate. Vi parlerò di come utilizzo la mia esperienza per valutare i manoscritti di romanzi dei miei amici e compagni di penna, per aiutarli a far uscire le loro opere… più belle che pria!
Alice
(Fine seconda puntata)