Non ci voleva un mago per prevederlo. Quando ho visto morire
Cobra Ray, il nemico numero uno di Saguaro nell'albo di gennaio intitolatoColpo di coda, sul momento non ci ho creduto o, meglio, non ci volevo credere. Ho riletto due volte per essere sicuro che non mi fosse sfuggito qualcosa: in fondo tante volte Cobra Ray era stato dato per morto, ma era sempre ricomparso più pericoloso di prima. Ma questa volta no. Ridotto in sedia a rotelle, si è dato fuoco di fronte a Saguaro. Ed è morto. Se Bruno Enna, creatore e principale sceneggiatore del personaggio, fa morire già al numero 32 della serie il nemico principale del protagonista, allora il lettore non può che considerarlo come un terribile indizio. Unito all'altro grave indizio riguardante i bassi numeri di vendita di cui Saguaro soffre da molto tempo, mi son detto che ormai la fine della serie è certa. Puntuale è giunta pochi giorni fa la notizia ufficiale della Sergio Bonelli Editore, che ha confermato le voci che circolavano da mesi: in soli tre ultimi e definitivi albi Saguaro verrà a capo di tutto. Tutte le interessanti trame che hanno segnato con forza la continuity della serie (dall'infido Clive Waters, creatore dell'unità speciale dell'FBI in cui lavora Thorn Kitcheyan, passando per il ribelle navajo Nastas Begay, ex amico fraterno di Saguaro, fino al vecchio uomo della medicina Howi e i segreti riguardo ai genitori di Thorn) troveranno una conclusione in soli tre albi.E' un vero peccato. La Bonelli chiude una delle sue serie migliori. Più volte ho avuto modo di elogiare Enna per la sua scrittura dinamica, veloce, agile ma capace di approfondire con cura temi di carattere sociale e psicologie dei personaggi. Perdiamo un ottimo poliziesco ambientato nel Sud Ovest americano negli anni Settanta del secolo scorso, con in primo piano le problematiche legate alla vita e ai diritti dei nativi. Thorn è un navajo, ma è anche un reduce del Vietnam, e da proprio questo passato emerge il suo arci-nemico Cobra Ray. Ma c'è anche un altro passato, familiare e tribale, che incombe su Saguaro e di cui, albo dopo albo, Enna ha saputo dosare gli elementi, in modo da creare la dovuta suspense.Non mi spiegherò mai perché prima Orfani e ora Ringo (miniserie scritte da Roberto Recchioni) funzionano mentre Saguaro no. Intendo dal punto di vista commerciale, non della qualità di soggetti e sceneggiature. Qualcuno ha detto che Saguaro è nato già vecchio: un eroe Bonelli classico, troppo classico, legato ad uno sfondo, il western, che ha perso molto del suo appeal, almeno presso il pubblico più giovane. Non sono d'accordo. Saguaro è parso essere al suo esordio il classico duro, tutto d'un pezzo, alla Tex Willer. Ma poi, con lo scorrere delle storie, la sua psicologia e il suo mondo si sono dispiegati, lasciando intravedere molte sfumature, e molti dubbi. Tex, al di là dei metodi drastici che li accomunano, è molto lontano da Thorn.
E poi, Adam Wild, la nuova miniserie di Gianfranco Manfredi, non si è proposta proprio all'insegna della Avventura classica, che più classica non si può? Certo, l'ambientazione e i personaggi son del tutto diversi, ma l'alveo di genere in cui si inserisce è molto più vicino a Saguaro piuttosto che ad Orfani. E mi pare che le vendite del nuovo eroe di Manfredi stiano andando bene.
L'unico difetto, non di poco conto, che riconosco alla serie di Enna è la qualità dei disegni, mediamente bassa, con rare eccezioni. Potrebbe essere che molti lettori l'abbiano abbandonata proprio per questo motivo. Se fosse vero, le responsabilità ricadrebbe sulla Bonelli stessa, che non ha saputo garantire ad Enna un parco disegnatori all'altezza (cosa che invece non sta succedendo per Adam Wild e Lukas di Michele Medda, caratterizzati da ottimi disegni, oltre che da valide storie).