Ed eccoci ancora qui con i nostri consigli agli scrittori tratti dagli Scatoloni in Soffitta.
Oggi parleremo di:
Dialogo
Alcune regole fondamentali per scrivere un buon dialogo: cosa evitare e cosa fare (o almeno provarci
).- NON spiegate: due persone non si ricordano a vicenda cose che sanno già. Se usate i dialoghi per spiegare qualcosa che non avete voglia di scrivere diversamente si chiama infodump ed è brutto. I personaggi non tengono comizi, ma parlano.
- NON dite tutto: l’istinto è quello di scrivere le cose per bene, chiare, lineari, comprensibili. Un dialogo, però, non è mai così. Le persone molto spesso dicono il contrario di quello che pensano, si interrompono, mentono, simulano. I vostri personaggi, per risultare realistici, devono fare altrettanto. Se tratteggiate bene il vostro personaggio nel corso della storia, il lettore capirà cosa intende a prescindere da cosa effettivamente dice.
- NON scrivete dialoghi-ping pong: lui dice, lei dice, lui chiede, lei risponde… non è realistico ed è noioso da leggere. I personaggi, mentre parlano, non stanno fermi immobili. Fategli fare qualcosa nel frattempo. E non aspettano che uno abbia finito per poi parlare. Interrompono, urlano, se ne vanno sbattendo la porta, cambiano argomento perché non vogliono dire la verità, fanno finta di non aver sentito…
- create dialoghi finti che sembrino veri: scrivere un dialogo così come avviene nella realtà è inutile, è un’accozzaglia di frasi sconnesse, versi, esclamazioni e banalità. Scrivere un dialogo palesemente finto è un autogol. La giusta via di mezzo sta nel prendere un dialogo reale ma “sistemarlo” in modo da renderlo veloce, interessante, comprensibile e soprattutto funzionale. Un’ottima palestra per imparare come si scrivono dialoghi finti che sembrino veri è guardare molte serie tv.
- scrivete dialoghi funzionali: i personaggi devono evolvere attraverso quello che dicono, devono cercare di raggiungere il loro scopo o di ottenere ciò che vogliono. La storia deve evolvere anche attraverso il dialogo, se il dialogo non porta da nessuna parte e non aggiunge nulla è inutile.
- scrivete dialoghi coerenti: il cattivo non parlerà come una bambina di otto anni, la bambina di otto anni non parlerà come un professore universitario, il professore universitario non parlerà come un teppista, e così via. Ogni personaggio ha una personalità e un background culturale che i suoi discorsi devono rispecchiare.
- rimanete sul semplice: legate i dialoghi con verbi semplici, come dire, chiedere, rispondere. Usare tanti sinonimi di questi tre verbi fondamentali risulta solo ridicolo. Quando ci stanno bene, usate verbi appropriati a seconda del contesto, ad esempio urlare, sussurrare, interrogare, balbettare. Evitate gli avverbi all’interno dei dialoghi, rallentano moltissimo. Evitate quelle interiezioni e quei suoni che si fanno di solito parlando (ehm, uhm, mmm, pffff, eeeeh eccetera), non danno nulla in più al vostro testo.
Ricordate che il dialogo non è un abbellimento o un esercizio di stile, è un mezzo.
Come dice Chuck Wendig:
Non è solo un dialogo. E’ un mezzo per veicolare personaggi, tema, stati d’animo, trama, conflitti, mistero, tensione. I dialoghi fanno un sacco di cose, e le fanno in poco spazio. Sono il coltellino svizzero della narrativa. O il MacGyver. O il cavallo di Troia. O MacGyver nascosto nel cavallo di Troia con un coltellino svizzero in tasca.
Chi è Chuck Wendig? Lui: http://terribleminds.com/ramble/blog/
Per discutere, chiedere, correggere, aggiungere o qualsiasi altra cosa vi venga in mente riguardo i dialoghi, c’è questa discussione aperta.
Il dialogo non è composto soltanto dalle parole dentro le virgolette, ma anche da tutto quello che sta fuori dalle virgolette e accompagna la lettura del dialogo, rendendo più chiara la scena in cui esso si svolge.
Queste informazioni aggiuntive si chiamano legature se chiariscono chi sta parlando:
“Come hai osato tradirmi?” chiese Marco.
Si chiamano invece descrizioni se danno informazioni su chi sta parlando e chi sta ascoltando:
“Come hai osato tradirmi?” chiese Marco con voce disperata, mentre la moglie teneva gli occhi bassi.
Ecco alcuni consigli per usare al meglio questi due strumenti.
Per la legatura
- non esagerare: non c’è bisogno di aggiungere lui disse/lei disse alla fine di ogni battuta.
Quasi sempre i dialoghi sono scambi a due, e con sole due persone è difficile sbagliarsi nell’assegnare le parole.
Va da sé che, se i parlanti sono più di due, si dovranno usare ogni qualvolta sia necessario specificare chi sta parlando per evitare fraintendimenti.
- non usare troppi verbi: disse a conti fatti è sempre la migliore soluzione,
In casi eccezionali, quando la scena lo richiede e sarebbe incoerente fare altrimenti, allora si può variare: se due parlano affacciati al finestrino di un treno difficilmente lei disse ma probabilmente gridò, se il dialogo si svolge di notte in un dormitorio, lei sicuramente sussurrò.
Usare tanti sinonimi di disse non è un trucco efficace per evitare ripetizioni, ma solo una forzatura.
Per la descrizione:
- non combinare legature e descrizioni: si scrivono frasi difficili da digerire.
Se proprio si deve scegliere tra le due, meglio preferire la descrizione, perché permette di caratterizzare il personaggio.
- non usarle al posto delle legature: non serve inserire per ogni frase detta un’azione che l’accompagna.
Se la scena funziona lo stesso senza inserire descrizioni, allora è meglio non inserirle e limitarsi alle legature (se necessarie, vedi sopra).
- non inserirle a metà battuta: si può inserire una legatura nel bel mezzo di una battuta, quando è molto lunga, ma non conviene farlo con la descrizione.
Spezza la comprensione del discorso da parte del lettore, facendolo passare dalla modalità uditiva (con cui sente le parole del personaggio) a quella visiva (con cui lo vede agire).
La lezione da cui è tratto questo post si trova qui:
http://www.iltuowritingcoach.com/2012/06/sbagliando-simpara-scrivere-dialoghi.html
Per dubbi sulla punteggiatura nei dialoghi si consiglia questa discussione.
Questa guida è opera di:
Bee
Chi sonoSono una più che trentenne emotiva e compulsiva. Mentalmente iperattiva, ma fisicamente vegetante. Fumo come il proverbiale turco. Adoro i cartoni animati, perdo troppo tempo in rete. Parlo da sola (anche in pubblico), faccio i crucipixel a penna. E ogni tanto scrivo, per lo più storie che non hanno un finale.