Abbiamo deciso di dedicare il Mercoledì ai consigli per gli scrittori, e cosa meglio della nostra sezione su gli Scatoloni in Soffitta per svolgere questo compito?
Iniziamo dal..
Prontuario Per il Perfetto Scrittore: tecniche da sfruttare
SHOW DON’T TELL
La tecnica più approvata e consigliata, ma che più si fatica a capire come mettere in pratica. Proviamoci.
In cosa consiste, lo si capisce fin dal nome: non dirmelo, ma fammelo vedere.
Sottinteso, altrimenti mi annoio.
Per dirla in modo complicato: bisogna far conoscere i nostri personaggi al lettore attraverso cosa fanno e cosa dicono, come reagiscono alle situazioni, che scelte compiono, come percepiscono la realtà che li circonda e come ad essa si relazionano.
Per dirla in modo semplice: se voglio raccontare la storia di Marco, quarantenne che di fronte alle donne diventa timido e che in compenso in ufficio fa il tiranno con i sottoposti per mascherare la frustrazione che gli dà questa sua mancanza, NON scriverò:
Marco è un quarantenne timido con le donne ma che in ufficio fa il tiranno per mascherare la frustrazione
perché non ho raccontato chi è Marco, ho solo detto come io (scrittore) voglio che il lettore lo veda.
Solo che non così non funziona, il lettore non se lo immagina per nulla Marco.
Il lettore vede un personaggio solo se quello gli si muove davanti, pagina dopo pagina.
Allora posso mostrare Marco mentre fa il tiranno in ufficio, posso farlo parlare come un piccolo boss della mala o posso fargli dire tante parolacce.
Poi posso mostrarlo, sempre in ufficio, che ha delle difficoltà ad usare le parolacce davanti alla collega donna.
Posso mostrare Marco che va in un bar per tentare di rimorchiare, ma rimedia solo due di picche perché non ha nemmeno il coraggio di chiedere a una donna “come ti chiami?”.
Se il giorno dopo mostro Marco che in ufficio è ancora più carogna del giorno prima, il lettore ci arriva da solo: più Marco è frustrato, più Marco se la prende con chi non c’entra niente.
Così il lettore si fa un’idea chiara e precisa di come è Marco, cosa che non farà mai e poi mai se gli dico solo “Marco è una carogna” o “Marco è un povero sfigato” o “Devi odiare Marco”.
Facciamo una prova: alzi la mano chi si è preso una cottarella per un personaggio letterario. Bene.
Nel libro in cui l’avete trovato, c’era scritto che “X era gentile, intelligente, e con un favoloso senso dell’umorismo, non si poteva non innamorarsene”, o c’erano vari episodi in cui X risolveva equazioni complesse, o faceva battute sagaci, o curava i cagnolini feriti?
La seconda, perché la seconda è show. Ed è solo con lo show che un lettore si appassiona abbastanza a un personaggio da poterlo amare o odiare.
Bene, cosa significa mostrare invece di dire e basta è chiaro. Ma come si fa?
Innanzitutto bisogna far succedere delle cose.
Tornando a Marco: se non inserisco una scena in ufficio non potrò farlo comportare da tiranno; se non inserisco una scena in cui interagisce con una donna, non potrò farlo arrossire imbarazzato.
Ovviamente non è obbligatorio scrivere ottocento pagine per descrivere tutte le giornate di Marco. Solo quelle importanti ai fini della trama, solo quelle che aiutano il lettore a capire chi è il tizio di cui sta leggendo la storia.
Quando faccio succedere queste cose le devo descrivere.
Devo dire cosa fa Marco, usare i suoi movimenti, le sue parole, le sue azioni e le sue reazioni per far capire come si sente.
Invece di dire che
Marco insultò Giorgio anche se Giorgio non se lo meritava e fece una figuraccia in ufficio
mostrerò (sempre là si casca) Giorgio che lavora tutto concentrato, mostrerò Marco che gli passa vicino e gli lancia un’occhiataccia, mostrerò Marco che dopo pochi passi torna indietro e prende a dirgliene di ogni colore. Poi lo mostrerò mentre si interrompe a metà di una frase, si guarda attorno e nota che tutti lo stanno fissando, diventa rosso come un pomodoro e se ne va a gran velocità senza nemmeno finire il discorso.
Avrò fatto passare lo stesso messaggio, la sfuriata senza senso e la figuraccia, ma l’avrò detta in modo coinvolgente e interessante, permettendo al lettore di viverla invece di subirla passivamente.
Quando si deve mostrare cosa fa un personaggio, è più facile se si usano i suoi cinque sensi.
Marco si interrompe perché sente il silenzio quando nessuno più batte sui tasti dei computer. Marco si guarda intorno e vede che tutti lo fissano. A Marco sudano le mani. Marco sente un rigurgito acido salirgli in bocca.
E non solo i cinque sensi canonici. Marco più sentirsi sprofondare nel pavimento per la vergogna. Può provare un senso di vertigine, eccetera.
Un altro modo per mostrare qualcosa, invece di dirlo e basta, è usare i dialoghi.
Sfrutto sempre il povero Marco per un esempio banale:
Marco odiava Giorgio, infatti appena poteva gli rinfacciava i suoi difetti.
Questa frase può andar bene se quello che voglio dire non è importante, se è solo un’informazione marginale.
Ma se il fatto che Marco odi Giorgio e gli rinfacci le cose è fondamentale, per mostrarlo posso aiutarmi con un dialogo che lo faccia capire:
“Cosa stai combinando, con quella pratica?”
“La solita procedura, Marco”
“La solita procedura un ***,non vedi che hai messo il timbro sbagliato? Razza di deficiente, possibile che non si possa mai fare affidamento su di te? E poi ti chiedi perché tua moglie ha voluto il divorzio! Guardati, incapace, sei sempre il solito occhialuto secchione che inciampa sui lacci delle scarpe. Metti il timbro giusto o ti licenzio!”
Eccolo qua, Marco l’irascibile che rimprovera aspramente il povero Giorgio per delle inezie, e che lo fa sentire un verme rinfacciandogli i suoi fallimenti privati o la sua difficile adolescenza.
E non serve nemmeno che scriva “Marco odiava Giorgio”, se mostro che quando Marco parla con gli altri non è altrettanto spietato. Il lettore ci arriva da solo.
Posso provarci fino allo sfinimento a dire al lettore come voglio che veda un mio personaggio, affibbiandogli liste di aggettivi o esprimendo il mio giudizio ogni venti righe (“Marco era un antipatico, irascibile, fastidioso, disprezzabile ometto”). Tanto il lettore non lo vede come dico io.
L’unica cosa che posso fare è mostrarlo così come voglio che appaia.
Lo stesso discorso fatto per i personaggi si applica anche a paesaggi, abitazioni, animali, quadri, città… tutto ciò che voglio descrivere.
“Atene è la città più bella del mondo” non invoglia nessuno ad andarci, e infatti non ci sono guide turistiche che la descrivono così.
“Atene riesce a far convivere le luci, i rumori, la vitalità e gli odori della metropoli caotica con lo spettro placido e sacro dei monumenti antichi” è già diverso.
Presentata così, sta al lettore decidere se è la città più bella del mondo o no.
Questa fantastica tecnica, però, ha dei risvolti negativi enormi, se ci si attiene senza distinzione per tutta la durata di uno scritto.
Finisce che si scrivono quattro pagine solo per dire che Marco la mattina beve il caffè amaro in piedi davanti alla finestra, quando magari sapere cosa beve Marco, come, e a che ora non serve a niente.
Come regolarsi?
Di solito si utilizza lo show don’t tell quando si vuole mettere in risalto un pezzo della storia. Una scena chiave, un momento importante, qualcosa che deve spiccare in mezzo al resto.
Lasciando i momenti “di collegamento” tra due pezzi importanti semplicemente raccontati.
Posso tranquillamente raccontare che Marco si alza alle sette, beve il caffè amaro in piedi davanti alla finestra, si veste, dà da mangiare al pesce, monta in macchina e va in ufficio. Perché non è qualcosa da mettere in risalto, qualcosa di importante.
Ma se Marco andando in ufficio in macchina investe una vecchina e viene travolto da un senso di colpa che lo tormenterà per il resto della storia… beh, lì lo devo mostrare. Non posso solo dirlo, incrociando le dita nella speranza che il lettore lo recepisca come punto di svolta nella vita di Marco.
Qualche informazione tecnica: http://it.wikipedia.org/wiki/Show,_don’t_tell
Un divertente e completo campionario di esempi: http://fantasy.gamberi.org/2010/11/18/manuali-3-mostrare/
Nella prossima puntata vedremo Scena e Sommario!
Questa piccola guida è opera di:
Bee
Chi sonoSono una più che trentenne emotiva e compulsiva. Mentalmente iperattiva, ma fisicamente vegetante. Fumo come il proverbiale turco. Adoro i cartoni animati, perdo troppo tempo in rete. Parlo da sola (anche in pubblico), faccio i crucipixel a penna. E ogni tanto scrivo, per lo più storie che non hanno un finale.