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Il Mercoledì degli Scatoloni – Sospensione dell’incredulità e cliffhanger

Creato il 19 marzo 2014 da Visionnaire @escrivere

Siamo giunti al terzo appuntamento con i consigli per gli scrittori tratti dagli Scatoloni in Soffitta.

Ecco a voi, direttamente dal…

Prontuario Per il Perfetto Scrittore: tecniche da sfruttare

La SOSPENSIONE DELL’INCREDULITA’

Non è propriamente una tecnica, quanto una sorta di “patto” che si stipula tra lo scrittore e il lettore (in special modo nella letteratura fantastica).

Il lettore accetta di sospendere la propria incredulità per tutta la durata della lettura, abbandonando temporaneamente le regole logiche e gli schemi mentali a cui si affida di solito. Come se dicesse allo scrittore “dal momento in cui comincio a leggerti, credo a tutto quello che mi racconti”.

Ad esempio, leggendo un romanzo di fantascienza accetterà l’esistenza di navicelle spaziali, armi laser, teletrasporto e simili tecnologie, pur sapendo che nella realtà non esistono. Leggendo un romanzo fantasy accetterà l’esistenza di animali parlanti, elfi, fate, poteri magici o altri elementi che non ci sono nel suo mondo.

Questo patto funziona bene – e rimane un processo spontaneo da parte del lettore – fintanto che lo scrittore inserisce gli elementi che potrebbero creare incredulità in uno scenario plausibile e verosimile, in cui questi elementi risultano perfettamente credibili.

Per dirla in modo semplice:
se ambiento la storia dell’impiegato Marco in un mondo futuristico e ipertecnologico – e descrivo quel mondo, i mezzi di trasporto, i cibi, i vestiti, la politica, l’intrattenimento, fino a renderlo realistico -  il lettore non troverà strano il fatto che un giorno Marco, tradito dalla moglie, scappi su Marte con la sua navicella monoposto e si rifaccia una vita come estrattore di silicati al fianco di una bella droide.

Il problema nasce quando inserisco nella mia storia degli elementi che il lettore non riconosce come parte del mondo che gli sto raccontando.

Se Marco è un modesto impiegato, giacca cravatta e polpettone la domenica, abitudinario, noioso e prevedibile, incapace anche solo di aggiustare il lavello che gocciola, e quando scopre il tradimento della moglie gli faccio prendere in mano un coltello da caccia e glielo faccio lanciare con precisione millimetrica nel mezzo della fronte della donna da una distanza di sedici metri… ho creato una scena molto più irreale che non spedendolo su Marte.

Il mio lettore, che finora ha letto di un uomo banale, fuori forma, amorfo e incapace, non troverà credibile che quello stesso uomo abbia le abilità di un cecchino ninja.

In quel momento, l’incredulità tornerà a dirigere i suoi pensieri, e il patto sarà rotto.

Attenzione: la sospensione dell’incredulità non si crea solo in quegli scritti ambientati in mondi o epoche diversi dai nostri. Si percepisce in maniera decisamente minore, ma c’è, in qualsiasi testo in cui appaiono dei personaggi.

Quale sia la loro natura, la loro forma, il mondo in cui vivono e la realtà che li circonda, poco importa. Importa solo che si comportino come il lettore si aspetta facciano, in base alla caratterizzazione che ho dato loro e a come li ho presentati.

Non cambia niente se Marco è un impiegato terrestre del 1998, se è l’ultimo discendente di una casata guerriera nel mondo di Mithrilum, se è un alieno mutaforma nella Galassia 6390VIG9X sconvolta dalla tempesta magnetica dell’ottavo anno della sesta luna del calendario Tretziano, o se è un topo killer in un mondo di gatti.

Ciò che conta è che si comporti in maniera consona al carattere che gli ho dato, senza scarti improvvisi, cambiamenti inspiegabili o manifestazioni di una personalità che non dovrebbe avere.

Se è un impiegato annoiato non sa lanciare i coltelli. Se è un guerriero di sangue nobile non piange quando si sbuccia un ginocchio. Se è un alieno mutaforma malinconico sospira, qualunque sia la forma che assume.

Se (ogni riferimento è puramente casuale) descrivo un guerriero che piange quando si sbuccia un ginocchio, il lettore si accorgerà che qualcosa non torna e puff, addio patto di sospensione.

Come evitare che il patto si rompa?

C’è un unico modo: dare alla vostra storia la coerenza necessaria perché nulla risulti “strano” o “fuori posto” o, per l’appunto, “incredibile”.

Non esistono altri trucchi, mi dispiace.

Il CLIFFHANGER

Letteralmente, colui che si aggrappa al precipizio.
Ma la traduzione effettiva è situazione mozzafiato.

In letteratura è una tecnica efficace e molto usata per tenere viva l’attenzione del lettore:
si chiude il capitolo interrompendo bruscamente una scena ricca di pathos o poco prima di un colpo di scena.

Si crea così quella suspance che obbliga il lettore a girare pagina.

Tecnica conosciutissima in ambito televisivo, dato che la maggior parte dei telefilm e delle telenovelas ne abusa, concludendo le puntate a metà di una scena che gli spettatori bramano di vedere intera e di cui scopriranno la fine solo guardando la puntata successiva.

La sua efficacia letteraria raggiunge il picco massimo nei romanzi che seguono le vicende di diversi personaggi, uno alla volta, per poi farli riunire verso la fine.

Se avete mai letto un libro scritto in questo modo vi sarete accorti che, nove volte su dieci, la storia di Tizio si interrompe in un punto importante o interessante per poi passare alla storia di Caio, che a sua volta proseguirà fino a una svolta e in quel punto preciso verrà interrotta, diventerà la storia di Sempronio… e così via.

Infatti, un romanzo scritto bene che ha questi continui cliffhanger di solito non si riesce più a chiuderlo.

Certo, non se ne può abusare. Se concludo tutti i miei capitoli con un cliffhanger il mio lettore non sarà morbosamente curioso, sarà incacchiato come una biscia.

Come per (quasi) tutte le cose, va usato con moderazione, ma va usato: può rendere più avvincente una scena, può spezzare con furbizia un capitolo troppo lungo o può rivelarsi un asso nella manica assolutamente vincente.

Nella prossima puntata vedremo… Il Prontuario Per il Perfetto Scrittore: gli orrori da evitare!

Questa piccola guida è opera di:

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    Bee

    Chi sonoSono una più che trentenne emotiva e compulsiva. Mentalmente iperattiva, ma fisicamente vegetante. Fumo come il proverbiale turco. Adoro i cartoni animati, perdo troppo tempo in rete. Parlo da sola (anche in pubblico), faccio i crucipixel a penna. E ogni tanto scrivo, per lo più storie che non hanno un finale.


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