Ci siamo, diobono. E’ arrivato il day one. Il giorno più atteso dall’homus medius medius ogni quattro anni.
Donne, levatevi dai piedi.
Intellettualoidi da due soldi, che arricciate il naso di fronte a questo potente caleidoscopio pop, prendetevi un mese di ferie ammesso che abbiate un lavoro che non consista nel rompere la minchia random.
E voi, tutta la rimanente marmaglia incapace di passioni che rotolano sferiche in un campo da calcio, fuori dal cazzo.
Da domani e per un mese ci aspettano i Mondiali di calcio (e per “ci” accomuno l’indistinto misto-panna formato dagli studenti che hanno appena finito la scuola – che dio vi stramaledica, dannati bastardi – gli universitari fuori sede dalle case ridotte a porcili – organismi monocellulari dalle incerte fattezze – i trentenni ancora dominati dal fanciullino che è in loro – meravigliose ed immature creature dalla spina dorsale gelatinosa - la pletora di maschi alfa beta e gamma che non si vergognano di essere medi – impunite e ruspanti creature che popolano gli incubi femminili.
Da domani e per un mese ci aspettano 64 partite, una media di due al giorno, con soventi punte di tre. Ed io, che incarno un amorale e abominevole patchwork di molte delle categorie sopradescritte, mi sono preparato alla mia personalissima funzione religiosa lunga 30 giorni, per onorare il dio pallone come si conviene.
Ordunque, nel precedente indimenticabile mondiale avevo sperimentato/subito una modalità collettivo/recessiva per guardare i mondiali. Collettiva, perchè non avendo il satellite mi toccava andare al pub ogni pomeriggio, ordinare dell’alcool e vedermi la partita di turno assieme a tifosi ghanesi, brasiliani, argentini. spagnoli di turno, nel quartiere più multietnico di Parmaperopoli. Il che è stato anche divertente, per certi versi, molto costoso per altri, grondante sudore causa mancanza di aria condizionata per altri ancora. Ho unito i miei umori ascellari a quelli di una cinquantina di persone di tutto il mondo stipate in uno stanzino, in un melting-pot-cocktail di ragguardevole densità, e regalato centinaia di euro in prosecchi birre salatini e menate varie all’esercente-braccino corto.
Recessiva, si diceva, perchè a quei tempi ero convivente con la mia compagna, ferrea sostenitrice del tifo calcistico come moderna idiozia patetica ed irrazionale, raccapricciante a vedersi. E ciò comportava che spesso le partite serali sulla RAI fossero da me viste in cucina, esiliato, oppure a casa di Copeland. Mentre per la finale me ne emigrare andare fino a Barcellona.
Oggi, giugno 2010, things have changed. Posso vedere tutte le partite sulla mia tv, e poichè vivo da solo la libertà calcistica che godrò in questo mese è invidiabile. A pensarci bene, è la stessa di cui godevo nel 2002 quando, laureando ad ottobre, scrivevo la mia tesi tra una partita e l’altra, dicendo a me stesso che quello era l’ultimo mondiale prima che arrivasse l’età adulta a rubarmi la libertà. Stesso pensiero avevo nel 2006, quando nella mia ultima estate da dottorando, dicevo a me stesso che quello era l’ultimo mondiale prima che arrivasse l’età adulta bla bla e poi ancora bla. Oggi ho un lavoro, timbro un cartellino, e pare che l’età adulta sia arrivata, qualsiasi cosa essa sia. Ma la dea del cazzeggio ha ancora una volta porto il suo seno alla bocca accidiosa di Paperoga, ed ha fatto sì che saranno ben poche le partite che perderò a causa del lavoro.
Per prepararmi, ho già comprato due casse di birra da 66cl, per un totale di 20 litri di ludibrioso nettare biondo. Paste fredde alla crudaiola e insalate di farro sono pronte ad essere messe in frigo. Ho scaricato il programma dei mondiali e so quando dovrò declinare inviti, impegni, appuntamenti. Ho un memo sul cellulare per ogni partita. Ho comprato giornali di approfondimento per conoscere le squadre, e alle due-tre partite giornaliere si aggiungeranno dozzine di ore di speciali, approfondimenti e reportage dal Sud Africa. In questa immersione calcistica farò un’eccezione per il matrimonio di Copeland. La finale del 3-4 posto è la partita più inutile del torneo e non la vedo dal 1990, dunque potrò sopportare il sacrificio ed assicurare un testimone di nozze al fratello nubendo, al quale altrimenti avrei dovuto opporre un cortese rifiuto.
Mi casa es casa di chiunque voglia vedersi una partita. Lascio il cancello di marzapane aperto, e le chiavi dietro la porta di marzapane. Entrate, prendetevi una birra, mangiate qualche stuzzichino preparato da me, e godetevi la Corea Del Nord, l’Honduras, la Nuova Zelanda e il Paraguay. O se non venite è uguale, la magia resisterà ugualmente.
Solo una cosa non vi salti in mente di fare. Tentate di smontarmi questo appuntamento dipingendolo come un’insulsa parata di miliardari ignoranti che rincorrono un pallone per sollazzare la plebe e reagirò come ogni bambino dovrebbe reagire quando qualcuno gli spiffera che babbo natale non esiste: spezzando rotule e malleoli con una mazza chiodata.